14 ottobre 2010

In Sicilia i super-droni spia: diventerà il centro per il controllo del Medio Oriente

I primi droni Global Hawk sono atterrati pochi giorni fa nella base americana di Sigonella dando inizio ad un dispiegamento destinato a fare della Sicilia una postazione avanzata per la sorveglianza elettronica di un’area geografica molto vasta, da Gibilterra all’Afghanistan, coprendo l’intero continente africano fino all’Oceano Indiano.

Se l’accordo fra Italia e Stati Uniti sui super-droni risale a circa due anni fa, a dare l’annuncio dell’arrivo dei droni a Sigonella è stato William Fraser, responsabile dell’Air Combat Command del Pentagono, spiegando che i tempi coincidono con un analogo dispiegamento nell’isola di Guam, territorio americano nell’Oceano Pacifico, e il primario intento è adoperarli per «sostenere le operazioni delle truppe in Iraq e Afghanistan».
I Global Hawk RQ-4 non sono armati - a differenza dei Predator - e sono considerati i più avanzati aerei spia nell’arsenale del Pentagono dalla realizzazione dell’U2 negli Anni Cinquanta per sorvegliare l’allora Unione Sovietica. Ogni esemplare ha un costo stimato di circa 183 milioni di dollari e i sensori che possiedono sono in grado di identificare qualsiasi obiettivo in movimento - in cielo, terra e mare - in un raggio di 100 km trasmettendo a terra immagini molto nitide di qualsiasi tipo di superficie a prescindere dall’ora del giorno e dalle condizioni atmosferiche. Un’autonomia di 42 ore, un raggio di 25.928 km e strumenti avveniristici - la cui origine è fra i segreti più gelosamente custoditi dal Darpa, il laboratorio di ricerca del Pentagono - consentono a ogni Global Hawk di perlustrare almeno 100 mila kmq ogni 24 ore con la possibilità per i militari che li guidano da terra di analizzare i dati raccolti in tempo reale, potendo decidere se continuare o modificare il piano di volo originale.

Finora la principale base dei super-droni è stata quella di Edwards, in California, da dove raggiungono l’Afghanistan passando per il Canada e attraversando il Pacifico per dirigersi verso l’Oceano Indiano, ma disponendo di Guam e Sigonella le operazioni si facilitano di molto, consentendo di accorciare i tempi di volo, facilitando l’opera di manutenzione e soprattutto aumentando l’area di osservazione, che può adesso estendersi a gran parte del pianeta.

L’operazione appena iniziata a Sigonella è pianificata per svolgersi in più fasi. I primi arrivi di Global Hawk danno inizio ad una fase di test al termine della quale arriverà il resto dello squadrone destinato, in un secondo momento, ad essere seguito da velivoli dotati non solo di capacità di osservazione elettronica ma anche del Battlefield Airborne Communications Node ovvero di strumentazioni in grado di far comunicare fra loro le truppe durante le operazioni belliche. La fase dei test, che si svilupperà nelle prossime settimane, servirà per perfezionare i collegamenti fra i droni e le due stazioni a terra create nella base: la Mce e la Lre, che si suddividono le responsabilità di comando e controllo, pianificazione della missione, funzionamento dei sensori e comunicazioni.

I Global Hawk sono stati costruiti dall’azienda Northop Grumman, il cui vicepresidente George Guerra assicura che «la nostra intenzione è far volare regolarmente i droni da Sigonella e Guam a partire dalla fine di quest’anno» consentendo così al Pentagono di «poter operare in qualsiasi angolo del pianeta», ovvero non solamente per sostenere le truppe impegnate nei conflitti in corso ma anche per osservare gli scenari più differenti: dai movimenti delle sospette cellule di Al Qaeda in Yemen alle attività del pirati nelle acque del Corno d’Africa, dai traffici illegali che attraversano il Sahel fino al movimento di navi sospettate di trasportare materiali proibiti da o verso Iran e Corea del Nord. Fra le qualità dei velivoli senza pilota di base a Sigonella vi è infatti anche la capacità di sorvegliare il traffico marittimo, consentendo di rafforzare la sicurezza del Mediterraneo.

Per avere un’idea dell’ampia gamma di operazioni che potranno essere svolte, basti pensare che negli ultimi 24 mesi il Pentagono è ricorso ai Global Hawk anche per monitorare i danni causati dal terremoto sull’isola di Haiti e per sostenere la lotta al traffico di droga in America Latina. Ciò significa che nella sala operazioni costruita a Sigonella confluiranno informazioni, suoni e immagini relativi a quanto avviene sui maggiori scenari di crisi e questo comporta per il Pentagono un consolidamento del rapporto di alleanza strategica con il nostro Paese. «Aver scelto Sigonella per i Global Hawks indica la determinazione degli Stati Uniti a mantenere una presenza visibile non solo nel Mediterraneo Orientale ma molto più in là», spiega Dov Zakheim, ex vicecapo del Pentagono. Da qui la sorpresa, che trapela da ambienti militari a Washington, per il basso profilo finora dimostrato dalle autorità italiane che non hanno dato risalto all’arrivo dei droni.
Maurizio Molinari

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