Il compagno Maher al-Taher, membro dell'Ufficio Politico del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e leader del suo ramo fuori dai territori palestinesi, il 20 agosto 2010 ha dichiarato che lo scopo dei negoziati diretti tra Israele e l'Autorità Nazionale Palestinese è di liquidare la causa palestinese e non di raggiungere una soluzione politica, poiché il comportamento di Israele rende evidente l'impossibilità di una soluzione politica con un'entità che pretende il completo controllo di tutti gli aspetti della vita dei Palestinesi.
31 agosto 2010
IL MITO DELLA 500
Non so quante volte ho scritto che la Nuova 500, da qualcuno definita l’auto della rinascita del marchio Fiat, negli Usa non avrebbe mai sfondato, né incontrato il consenso dei consumatori. Ve le immaginate le highway americane – terra di caccia delle autoctone muscle car dalla stazza e dai cavalli esagerati che esaudiscono pienamente i gusti un po’ kitsch e dispendiosi degli yankees - invase dal piccolo scarafaggio nostrano? La storia di Davide e Golia dovrebbe essere rivista con tutt’altro finale…
Il mito della piccola utilitaria del Lingotto ha forse toccato un’altra volta il cuore degli italiani, i quali ugualmente toccati dalla grave crisi economica sognano un boom simile a quello degli anni ’60. All’epoca si trattò di una prima manifestazione di benessere di massa in una società messasi sulla strada dell’industrializzazione con ancora indosso i pantaloni alla zuava, retaggio di una civiltà contadina avviata al tramonto.
Il mito della piccola utilitaria del Lingotto ha forse toccato un’altra volta il cuore degli italiani, i quali ugualmente toccati dalla grave crisi economica sognano un boom simile a quello degli anni ’60. All’epoca si trattò di una prima manifestazione di benessere di massa in una società messasi sulla strada dell’industrializzazione con ancora indosso i pantaloni alla zuava, retaggio di una civiltà contadina avviata al tramonto.
ALLA RICERCA DI UN EQUILIBRIO
Il 24 agosto scorso si é ricordato il 19esimo anniversario dell’indipendenza dell’Ucraina da Mosca. Allora, nel 1991 – nel referendum che si tenne a dicembre per confermare la decisone presa dalla Rada in estate- oltre il 90% degli ucraini votò per la separazione dalla Russia. Se si rivotasse oggi, dicono i sondaggi, solo il 59% degli ucraini sarebbe a favore dell’indipendenza. Qualcosa nei rapporti tra i due Paesi sta cambiando.
Per mesi la Russia non ha avuto un ambasciatore in Ucraina. Mosca si è rifiutata di mandare un inviato nell’ex repubblica sovietica dal luglio 2009, protestando contro la politica ritenuta antirussa del presidente Victor Yushchenko. Le cose sono cambiate all’inizio di quest’anno, quando è stato nominato un nuovo rappresentante a Kiev dopo che Victor Yanukovich ha vinto le elezioni presidenziali, sconfiggendo al ballottaggio Yulia Tymoshenko.
Per mesi la Russia non ha avuto un ambasciatore in Ucraina. Mosca si è rifiutata di mandare un inviato nell’ex repubblica sovietica dal luglio 2009, protestando contro la politica ritenuta antirussa del presidente Victor Yushchenko. Le cose sono cambiate all’inizio di quest’anno, quando è stato nominato un nuovo rappresentante a Kiev dopo che Victor Yanukovich ha vinto le elezioni presidenziali, sconfiggendo al ballottaggio Yulia Tymoshenko.
I valdesi contro il crocifisso nelle scuole
«Non può essere considerato simbolo della civiltà e della cultura italiane».
Il Sinodo si è anche espresso a favore della ricerca sulle cellule staminali embrionali e sulla benedizione delle coppie omosessuali.
Il Sinodo valdese e metodista si è espresso contro l’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane. I deputati delle chiese locali e i pastori si sono ritrovati come da tradizione a Torre Pellice, in provincia di Torino, per dare luogo all’assemblea annuale nella quale si discutono la condotta e le decisioni assunte dalle varie chiese della comunità dei valdesi. Il no del Sinodo porta nuovamente di attualità il pronunciamento della Corte europea che nel novembre del 2009 si era dichiarata contraria all’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, una pratica ritenuta lesiva del diritto dei singoli genitori di educare i propri figli secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.
Il Sinodo si è anche espresso a favore della ricerca sulle cellule staminali embrionali e sulla benedizione delle coppie omosessuali.
Il Sinodo valdese e metodista si è espresso contro l’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane. I deputati delle chiese locali e i pastori si sono ritrovati come da tradizione a Torre Pellice, in provincia di Torino, per dare luogo all’assemblea annuale nella quale si discutono la condotta e le decisioni assunte dalle varie chiese della comunità dei valdesi. Il no del Sinodo porta nuovamente di attualità il pronunciamento della Corte europea che nel novembre del 2009 si era dichiarata contraria all’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, una pratica ritenuta lesiva del diritto dei singoli genitori di educare i propri figli secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.
Crescita, la festa è finita: il futuro dell’Italia fa paura
Fino agli anni novanta si credé nell’ultimo grande ciclo ritenuto irreversibile e innovatore, autopropulsivo e all’altezza della globalizzazione: l’interminabile ciclo della piccola e media impresa, dei distretti industriali della Terza Italia, fucine di occupazione e di nicchie di mercato aperte al mondo. Quanti politici cercarono di cavalcare l’illusione che i distretti sarebbero entrati in sistema, portando un nuovo capitalismo al centro del mondo? I capannoni vuoti – nel Nordest italiano e non solo – oggi ci raccontano quell’abbaglio. La scala gerarchica chiusa del nostro mercato dei capitali non si è mai schiodata dall’affidare alle sole seconde e terze linee della liquidità la gestione finanziaria delle imprese sottocapitalizzate dei distretti, negli stessi anni in cui le manifatture cinesi interagivano invece con risorse coordinate, programmi di vasta portata, proiezioni decennali e investimenti nel sapere.
Northwoods, l’11 settembre e altre pazzie
(A WHITE HOUSE OF FOOLS)
Il 12 settembre 2001, nelle conversazioni si discorreva di … Pearl Harbour! … gli avvenimenti del giorno precedente avevano provocato questo tipo di comparazione. Nel mese di dicembre del 1941, Roosvelt era a confronto con un’opinione pubblica decisamente anti interventista. Tuttavia, lui voleva la “sua” guerra. Gli eserciti dell’Asse stavano minacciando Mosca e, nella “White House”, non si poteva tollerare la disfatta dell’URSS, vale a dire, il fallimento della strategia USA-post Yalta. Il Giappone aveva a disposizione poche riserve minerali e i suoi dirigenti erano ben consapevoli che, in caso di guerra, era necessario colpire senza dare tempo. Roosevelt ne era consapevole e allora, in questa guerra tra ricchi e poveri, i primi dovevano forzare i secondi a diventare gli aggressori. Gli storici ammettono la presenza di un incontestabile e immenso interrogativo che concerne alcuni fatti torbidi relazionati con questa data cruciale, facendo pensare che l’attacco giapponese era stato desiderato, provocato, previsto da Roosvelt e la sua cerchia bellicista. Ebbene, potrebbe un presidente degli USA abbandonare così deliberatamente alle bombe nemiche le navi da guerra – anche se molto vecchie, mentre quelle nuove e funzionanti si trovavano, per fortuna!, al largo – con miglia di marinai e civili?
Il 12 settembre 2001, nelle conversazioni si discorreva di … Pearl Harbour! … gli avvenimenti del giorno precedente avevano provocato questo tipo di comparazione. Nel mese di dicembre del 1941, Roosvelt era a confronto con un’opinione pubblica decisamente anti interventista. Tuttavia, lui voleva la “sua” guerra. Gli eserciti dell’Asse stavano minacciando Mosca e, nella “White House”, non si poteva tollerare la disfatta dell’URSS, vale a dire, il fallimento della strategia USA-post Yalta. Il Giappone aveva a disposizione poche riserve minerali e i suoi dirigenti erano ben consapevoli che, in caso di guerra, era necessario colpire senza dare tempo. Roosevelt ne era consapevole e allora, in questa guerra tra ricchi e poveri, i primi dovevano forzare i secondi a diventare gli aggressori. Gli storici ammettono la presenza di un incontestabile e immenso interrogativo che concerne alcuni fatti torbidi relazionati con questa data cruciale, facendo pensare che l’attacco giapponese era stato desiderato, provocato, previsto da Roosvelt e la sua cerchia bellicista. Ebbene, potrebbe un presidente degli USA abbandonare così deliberatamente alle bombe nemiche le navi da guerra – anche se molto vecchie, mentre quelle nuove e funzionanti si trovavano, per fortuna!, al largo – con miglia di marinai e civili?
Grazie, Marchionne!
Egregio signor Marchionne,
il suo invito machiavellico agli operai Fiat è bellissimo. Secondo lei, essi devono comportarsi come uomini e donne "di virtù".
Il cuore batte a tale evocazione.
La virtù da lei attribuita al grande statista fiorentino consiste quindi nello svegliarsi alle quattro di mattina per il primo turno (se si abita vicino allo stabilimento, sennò alle tre, e allora diventa addirittura virtuosismo!), nel fare le otto ore a capo chino, nel mai scioperare, mai essere malati e nel vivere nella fede speranza e carità che il loro incarico non sia delocalizzato, ciò' che Lei, grande e giusto com'è, minaccia a ogni piè sospinto per ricordare all'operaio, notoriamente un po' distratto, che l'interesse degli azionisti è Uno e Santo.
il suo invito machiavellico agli operai Fiat è bellissimo. Secondo lei, essi devono comportarsi come uomini e donne "di virtù".
Il cuore batte a tale evocazione.
La virtù da lei attribuita al grande statista fiorentino consiste quindi nello svegliarsi alle quattro di mattina per il primo turno (se si abita vicino allo stabilimento, sennò alle tre, e allora diventa addirittura virtuosismo!), nel fare le otto ore a capo chino, nel mai scioperare, mai essere malati e nel vivere nella fede speranza e carità che il loro incarico non sia delocalizzato, ciò' che Lei, grande e giusto com'è, minaccia a ogni piè sospinto per ricordare all'operaio, notoriamente un po' distratto, che l'interesse degli azionisti è Uno e Santo.
Come ti sputtano la Resistenza palestinese con la scusa del dissidio tra Hamas e Fronte Popolare
Dove porta l’islamofobia che unisce destra e sinistra, sionisti e filo-palestinesi-fino-ad-un-certo-punto.
Sta rimbalzando in rete, postato da certi “compagni” un articolo della giornalista israeliana Amira Hass. Il titolo con cui l’articolo in questione sta viaggiando è tutto un programma: «Puttane e marxiste». Esso è stato pubblicato sulla rivista Internazionale del 19 agosto ( http://www.internazionale.it/opinioni/amira-hass/puttane-e-marxiste/). La fonte originale il quotidiano sionista Haaretz del 16 agosto ( http://www.haaretz.com/print-edition/features/what-hamas-is-really-afraid-of-1.308264). Non è un caso che questo titolo sia molto lontano da quello dato dall’autrice dell’articolo, attivista pacifista israeliana e giornalista di fama. Il titolo originale suona così: «What HAMAS is really afraid of», ovvero, Di che cosa HAMAS ha davvero paura.
Sta rimbalzando in rete, postato da certi “compagni” un articolo della giornalista israeliana Amira Hass. Il titolo con cui l’articolo in questione sta viaggiando è tutto un programma: «Puttane e marxiste». Esso è stato pubblicato sulla rivista Internazionale del 19 agosto ( http://www.internazionale.it/opinioni/amira-hass/puttane-e-marxiste/). La fonte originale il quotidiano sionista Haaretz del 16 agosto ( http://www.haaretz.com/print-edition/features/what-hamas-is-really-afraid-of-1.308264). Non è un caso che questo titolo sia molto lontano da quello dato dall’autrice dell’articolo, attivista pacifista israeliana e giornalista di fama. Il titolo originale suona così: «What HAMAS is really afraid of», ovvero, Di che cosa HAMAS ha davvero paura.
PRESIDENTE CHÁVEZ DENUNCIA PODEROSA CAMPAÑA MEDIÁTICA INTERNACIONAL CONTRA VENEZUELA
El presidente, Hugo Chávez Frías, denunció este domingo en su columna Las Líneas de Chávez, el complot y la intensa campaña mediática internacional que ejercen transnacionales mediáticas de gran poder global contra Venezuela, al utilizar argumentos falsos y difamaciones que tienen como propósito desestabilizar la estabilidad de la democracia revolucionaria y sabotear al mismo tiempo las elecciones parlamentarias del próximo 26 de septiembre.
En este sentido, el Mandatario Nacional reseñó un conjunto de ataques orquestados por grandes empresas de comunicación internacionales, que durante las últimas semanas, justamente cuando comienza la última fase de la campaña electoral, dichos medios han venido presentando una serie de trabajos basados en la difamación y en la intriga, para desprestigiar la gestión del Gobierno Revolucionario.
En este sentido, el Mandatario Nacional reseñó un conjunto de ataques orquestados por grandes empresas de comunicación internacionales, que durante las últimas semanas, justamente cuando comienza la última fase de la campaña electoral, dichos medios han venido presentando una serie de trabajos basados en la difamación y en la intriga, para desprestigiar la gestión del Gobierno Revolucionario.
La Serbia risponde per le rime alla Germania
Il ministro degli esteri tedesco ha annunciato a Belgrado che la Serbia non entrerà nell’Unione Europea senza aver prima riconosciuto il Kosovo e la reazione della Serbia non si è fatta attendere.
L’Unione Europea è ben lontana dalla risoluzione dei problemi con la Serbia e con la sua provincia secessionista e il ministro degli esteri tedesco ha dovuto fare i conti con questa realtà appena arrivato a Belgrado.
Il ministro tedesco ha annunciato che Belgrado non entrerà nell’UE senza aver riconosciuto la sua provincia secessionista, che Berlino ormai considera Repubblica, come uno stato indipendente e ha invitato i serbi ad affrontare la realtà. La risposta della Serbia e dei serbi non si è fatta attendere. Belgrado infatti non solo ha riconfermato il suo assoluto rifiuto nel concedere l’indipendenza gli albanesi del Kosovo ma ha pure rincarato la dose aggiungendo che il comportamento della Germania le è incomprensibile in quanto non vede che senso ha creare un’altro stato albanese quando già esiste la Repubblica di Albania.
L’Unione Europea è ben lontana dalla risoluzione dei problemi con la Serbia e con la sua provincia secessionista e il ministro degli esteri tedesco ha dovuto fare i conti con questa realtà appena arrivato a Belgrado.
Il ministro tedesco ha annunciato che Belgrado non entrerà nell’UE senza aver riconosciuto la sua provincia secessionista, che Berlino ormai considera Repubblica, come uno stato indipendente e ha invitato i serbi ad affrontare la realtà. La risposta della Serbia e dei serbi non si è fatta attendere. Belgrado infatti non solo ha riconfermato il suo assoluto rifiuto nel concedere l’indipendenza gli albanesi del Kosovo ma ha pure rincarato la dose aggiungendo che il comportamento della Germania le è incomprensibile in quanto non vede che senso ha creare un’altro stato albanese quando già esiste la Repubblica di Albania.
27 agosto 2010
Mar Cinese Meridionale: il conflitto per la supremazia regionale visto dai “piccoli” Stati
1. Introduzione
Il Mar Cinese Meridionale è teatro di un vasto conflitto carsico che coinvolge nazioni leader a livello globale, medie potenze e altri Stati del Sudest Asiatico. Un avvenimento recente ha fatto risorgere la questione: nell’aprile 2010, la flotta meridionale cinese ha condotto delle esercitazioni militari, simulando una battaglia navale con la flotta cinese proveniente dal nord e quando quest’ultima tornava ai porti di origine, la flotta orientale ha condotto altre esercitazioni nello stretto di Luzon. È la prima volta che la Cina ostenta un tale spiegamento di forze.
Mentre al riemergere di questo conflitto i riflettori sono puntati quasi esclusivamente verso Cina e Stati Uniti, in Europa viene dato poco spazio agli altri attori, che hanno dinamiche ed interessi altrettanto concreti e ben più diretti rispetto ai due grandi protagonisti. In Italia è pressoché sconosciuto.
L’obiettivo di questo articolo è fornire una panoramica generale di questo contenzioso, analizzare i rapporti di forza dei “piccoli” Stati, formulando nelle conclusioni possibili soluzioni, seppur parziali, a loro favore.
Mentre al riemergere di questo conflitto i riflettori sono puntati quasi esclusivamente verso Cina e Stati Uniti, in Europa viene dato poco spazio agli altri attori, che hanno dinamiche ed interessi altrettanto concreti e ben più diretti rispetto ai due grandi protagonisti. In Italia è pressoché sconosciuto.
L’obiettivo di questo articolo è fornire una panoramica generale di questo contenzioso, analizzare i rapporti di forza dei “piccoli” Stati, formulando nelle conclusioni possibili soluzioni, seppur parziali, a loro favore.
26 agosto 2010
Viva Palestina-Italia
Il 18 settembre 2010 un convoglio via terra costituito da tre rami, uno in partenza da Londra, uno da Casablanca e il terzo da Doha (Qatar) partiranno diretti a Gaza.
La data del 12 settembre è una data obiettivo che potrà cambiare in funzione di esigenze organizzative.
Viva Palestina UK ha la responsabilità dell’organizzazione dei tre rami del convoglio.
Viva Palestina Italia ha ricevuto da Viva Palestina UK (www.vivapalestina.org) la delega di organizzare i veicoli in partenza dall’Italia.
La data del 12 settembre è una data obiettivo che potrà cambiare in funzione di esigenze organizzative.
Viva Palestina UK ha la responsabilità dell’organizzazione dei tre rami del convoglio.
Viva Palestina Italia ha ricevuto da Viva Palestina UK (www.vivapalestina.org) la delega di organizzare i veicoli in partenza dall’Italia.
Appello a sostegno di 32 Prigionieri Politici Mapuche in sciopero della fame in Cile dal 12 luglio 2010
Associazione di Amicizia con il Popolo MAPUCHE in Italia
Negli anni 1990 si è costituito l’attuale movimento politico e sociale mapuche, che prosegue la lotta per il recupero del proprio territorio ancestrale e il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni, lotta che ha le sue radici nel conflitto con gli Spagnoli.
Le comunità che si contrappongono al estado chileno rifiutano la politica indigena e l’apertura al libero mercato che comporta una continua invasione del loro territorio originario. La risposta del estado è stata e continua ad essere l’applicazione della Ley Antiterrorista n° 18.314, del 16 maggio 1984, promulgata dalla dittura militare di Augusto Pinochet, che permette di ritenere tali azioni di protesta come “terrorismo”, di condannare numerosi esponenti del movimento, e di sottoporre a stretta sorveglianza le realtà mapuche in una vera e propria “militarizzazione del territorio”. I detenuti indigeni hanno risposto dichiarandosi “prigionieri politici mapuche”, uno status che è stato convalidato nel 2004 da l’allora Relatore Speciale delle Nazioni Unite per gli Affari Indigeni in visita ufficiale in Cile, Rodolfo Stavenhagen, e loro continuano così la loro lotta dall’interno delle mura del carcere.
Negli anni 1990 si è costituito l’attuale movimento politico e sociale mapuche, che prosegue la lotta per il recupero del proprio territorio ancestrale e il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni, lotta che ha le sue radici nel conflitto con gli Spagnoli.
Le comunità che si contrappongono al estado chileno rifiutano la politica indigena e l’apertura al libero mercato che comporta una continua invasione del loro territorio originario. La risposta del estado è stata e continua ad essere l’applicazione della Ley Antiterrorista n° 18.314, del 16 maggio 1984, promulgata dalla dittura militare di Augusto Pinochet, che permette di ritenere tali azioni di protesta come “terrorismo”, di condannare numerosi esponenti del movimento, e di sottoporre a stretta sorveglianza le realtà mapuche in una vera e propria “militarizzazione del territorio”. I detenuti indigeni hanno risposto dichiarandosi “prigionieri politici mapuche”, uno status che è stato convalidato nel 2004 da l’allora Relatore Speciale delle Nazioni Unite per gli Affari Indigeni in visita ufficiale in Cile, Rodolfo Stavenhagen, e loro continuano così la loro lotta dall’interno delle mura del carcere.
Gaza: le prossime iniziative per rompere l'assedio
In attesa della Freedom Flotilla II, si intensificano, in mezzo alle solite difficoltà, le iniziative per rompere il blocco di Gaza. Per le ultime notizie su quanto è in preparazione pubblichiamo questo pezzo dell'agenzia Nena News.
Mariam non parte, Viva Palestina lo farà
Le attiviste libanesi costrette a rinviare la partenza per Gaza. Prosegue l’organizzazione dei convogli di “Viva Palestina”, anche con il sostegno di Shane MacGowan dei Pogues.
Mariam non parte, Viva Palestina lo farà
Le attiviste libanesi costrette a rinviare la partenza per Gaza. Prosegue l’organizzazione dei convogli di “Viva Palestina”, anche con il sostegno di Shane MacGowan dei Pogues.
Unione Europea: un’alternativa potenziale nell’area del Pacifico?
Le relazioni internazionali e la geopolitica del XXI secolo si caratterizzano indubbiamente per la centralità e la strategicità del continente asiatico: se il Medio Oriente e l’Asia Centrale sono tra gli scenari politico-economici più importanti a livello globale, il Sud Est asiatico appare oggi essere una regione cruciale sia per le relazioni economiche che per quelle politico-militari su scala regionale e mondiale. In un contesto in cui si inseriscono e crescono le influenze provenienti dalla Cina e, in minor misura dagli Stati Uniti, l’Unione Europea è chiamata a svolgere un ruolo importante: continuare ad essere per i Paesi appartenenti a quest’area un interlocutore fondamentale, non solo dal punto di vista economico, ma anche politico. Solo in questo modo Bruxelles potrebbe essere in grado di assicurare un’effettività al dialogo inter-regionale fra Europa e Asia Sud-Orientale e di garantire la presenza degli interessi europei nel Pacifico.
Un Paese a sovranità limitata
Eurasia - editoriale del numero 2/2010
di Tiberio Graziani
Nonostante l’invidiabile posizione geografica e a dispetto dei caratteri che ne costituiscono la struttura morfologica, attualmente l’Italia non possiede una dottrina geopolitica.
Ciò è dovuto principalmente ai tre seguenti elementi: a) l’appartenenza dell’Italia alla sfera d’influenza statunitense (il cosiddetto sistema occidentale); b) la profonda crisi dell’identità nazionale; c) la scarsa cultura geopolitica delle sue classi dirigenti.
Il primo elemento, oltre a limitare la sovranità dello Stato italiano in molteplici ambiti, da quello militare a quello della politica estera, tanto per citare i più rilevanti per l’aspetto geopolitico, ne condiziona la politica e l’economia interne, le scelte strategiche in materia di energia, ricerca tecnologica e realizzazione di grandi infrastrutture e, non da ultimo, ne vincola persino le politiche nazionali di contrasto alla criminalità organizzata. L’Italia repubblicana, a causa delle note conseguenze del trattato di pace del 1947 ed anche in virtù dell’ambiguità ideologica del proprio dettato costituzionale, per il quale la sovranità apparterebbe ad una entità socioeconomica e culturale, peraltro mutevole e vagamente omogenea, il popolo, e non ad un soggetto politico ben definito come lo Stato (1), ha seguito la regola aurea del “realismo collaborazionista o claudicante”, ovverosia la rinuncia alla responsabilità di dirigere il proprio destino (2). Tale abdicazione situa l’Italia nella condizione di “subordinazione passiva” e lega le sue scelte strategiche alla “buona volontà dello Stato subordinante” (3).
di Tiberio Graziani
Nonostante l’invidiabile posizione geografica e a dispetto dei caratteri che ne costituiscono la struttura morfologica, attualmente l’Italia non possiede una dottrina geopolitica.
Ciò è dovuto principalmente ai tre seguenti elementi: a) l’appartenenza dell’Italia alla sfera d’influenza statunitense (il cosiddetto sistema occidentale); b) la profonda crisi dell’identità nazionale; c) la scarsa cultura geopolitica delle sue classi dirigenti.
Il primo elemento, oltre a limitare la sovranità dello Stato italiano in molteplici ambiti, da quello militare a quello della politica estera, tanto per citare i più rilevanti per l’aspetto geopolitico, ne condiziona la politica e l’economia interne, le scelte strategiche in materia di energia, ricerca tecnologica e realizzazione di grandi infrastrutture e, non da ultimo, ne vincola persino le politiche nazionali di contrasto alla criminalità organizzata. L’Italia repubblicana, a causa delle note conseguenze del trattato di pace del 1947 ed anche in virtù dell’ambiguità ideologica del proprio dettato costituzionale, per il quale la sovranità apparterebbe ad una entità socioeconomica e culturale, peraltro mutevole e vagamente omogenea, il popolo, e non ad un soggetto politico ben definito come lo Stato (1), ha seguito la regola aurea del “realismo collaborazionista o claudicante”, ovverosia la rinuncia alla responsabilità di dirigere il proprio destino (2). Tale abdicazione situa l’Italia nella condizione di “subordinazione passiva” e lega le sue scelte strategiche alla “buona volontà dello Stato subordinante” (3).
25 agosto 2010
Perché gli ebrei iraniani stanno meglio dei palestinesi di Gaza
di Mike WhitneyVivere nella dignità con i benefici della cittadinanza.
counterpunch.org
25 000 Ebrei vivono in Iran. È la più grande popolazione ebraica nel Medio Oriente fuori da Israele. Gli Ebrei iraniani non sono perseguitati, né subiscono abusi da parte dello stato, anzi, sono protetti dalla Costituzione iraniana. Sono liberi di praticare la loro religione e di votare alle elezioni. Non vengono fermati e perquisiti ai posti di blocco, non vengono brutalizzati da un esercito di occupazione, e non vengono ammassati in una colonia penale densamente popolata (Gaza) dove vengono privati dei loro mezzi di sussistenza di base. Gli Ebrei iraniani vivono nella dignità e godono dei diritti della cittadinanza.
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad è stato demonizzato dai media occidentali. Viene definito un antisemita e il “nuovo Hitler”. Ma se queste teorie sono vere, perché la maggioranza degli Ebrei iraniani ha votato per Ahmadinejad alle recenti elezioni presidenziali? Potrebbe essere che la gran parte di quello che sappiamo su Ahmadinejad altro non sia che voci senza fondamento e propaganda?
counterpunch.org
25 000 Ebrei vivono in Iran. È la più grande popolazione ebraica nel Medio Oriente fuori da Israele. Gli Ebrei iraniani non sono perseguitati, né subiscono abusi da parte dello stato, anzi, sono protetti dalla Costituzione iraniana. Sono liberi di praticare la loro religione e di votare alle elezioni. Non vengono fermati e perquisiti ai posti di blocco, non vengono brutalizzati da un esercito di occupazione, e non vengono ammassati in una colonia penale densamente popolata (Gaza) dove vengono privati dei loro mezzi di sussistenza di base. Gli Ebrei iraniani vivono nella dignità e godono dei diritti della cittadinanza.
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad è stato demonizzato dai media occidentali. Viene definito un antisemita e il “nuovo Hitler”. Ma se queste teorie sono vere, perché la maggioranza degli Ebrei iraniani ha votato per Ahmadinejad alle recenti elezioni presidenziali? Potrebbe essere che la gran parte di quello che sappiamo su Ahmadinejad altro non sia che voci senza fondamento e propaganda?
24 agosto 2010
L’identità di Israele fra politica e religione
Negli ultimi mesi, lo Stato ebraico sta vivendo una vicenda di grande importanza per il suo futuro: lo scorso luglio, infatti, il deputato David Rotem ha presentato alla Knesset la versione finale di una nuova "legge sulla conversione" che ha sollevato un'accesa discussione nel mondo ebraico internazionale, costringendo il primo ministro Benjamin Netanyahu a congelare la proposta fino a gennaio, nominando nel frattempo una sorta di commissione arbitrale guidata da Natan Sharansky, l'ex dissidente sovietico divenuto una personalità di rilievo del mondo politico israeliano, attualmente a capo della Jewish Agency, la storica agenzia promotrice della colonizzazione sionista in Palestina.
La legge Rotam tocca le fondamenta stesse dell'identità dello Stato ebraico, dato che investe la questione di chi si possa definire legittimamente ebreo: come si sa, lo Stato israeliano lo ha definito fino dal 1950, con la cosiddetta Legge del Ritorno, come "una persona nata da madre ebrea o che si è convertita all'ebraismo e che non sia membro di altra religione". Una definizione cioè che lascia aperte due sole vie, una legata alla trasmissione matri-lineare di sangue e una invece di carattere religioso.
La legge Rotam tocca le fondamenta stesse dell'identità dello Stato ebraico, dato che investe la questione di chi si possa definire legittimamente ebreo: come si sa, lo Stato israeliano lo ha definito fino dal 1950, con la cosiddetta Legge del Ritorno, come "una persona nata da madre ebrea o che si è convertita all'ebraismo e che non sia membro di altra religione". Una definizione cioè che lascia aperte due sole vie, una legata alla trasmissione matri-lineare di sangue e una invece di carattere religioso.
Perché in Giappone il cristianesimo è "straniero"
di Sandro Magister - Kagefumi Ueno - 20/08/2010
da L'Espresso
Annientamento del "sé", divinizzazione della natura, rifiuto di un Dio personale. I capisaldi della cultura giapponese spiegati dall'ambasciatore del Sol Levante presso la Santa Sede
di Sandro Magister
Già un'altra volta, quest'anno, www.chiesa ha messo in luce l'estrema difficoltà che incontra il cristianesimo a penetrare in Giappone.
È una difficoltà che riguarda anche altre grandi civiltà e religioni asiatiche. Il cardinale Camillo Ruini – quand'era vicario del papa e presidente della conferenza episcopale italiana – indicò più volte la principale ragione di questa impermeabilità nel fatto che in Giappone, in Cina, in India manca la fede in un Dio personale.
È per questo motivo – aggiungeva – che la sfida lanciata ai cristiani dalle civiltà asiatiche è più pericolosa di quella di un'altra religione monoteista come l'islam. Mentre l'islam, infatti, stimola se non altro i cristiani ad approfondire e rinvigorire la propria identità religiosa, le civiltà asiatiche "spingeranno piuttosto nel senso di una ulteriore secolarizzazione, intesa come denominatore comune di una civiltà planetaria".
da L'Espresso
Annientamento del "sé", divinizzazione della natura, rifiuto di un Dio personale. I capisaldi della cultura giapponese spiegati dall'ambasciatore del Sol Levante presso la Santa Sede
di Sandro Magister
Già un'altra volta, quest'anno, www.chiesa ha messo in luce l'estrema difficoltà che incontra il cristianesimo a penetrare in Giappone.
È una difficoltà che riguarda anche altre grandi civiltà e religioni asiatiche. Il cardinale Camillo Ruini – quand'era vicario del papa e presidente della conferenza episcopale italiana – indicò più volte la principale ragione di questa impermeabilità nel fatto che in Giappone, in Cina, in India manca la fede in un Dio personale.
È per questo motivo – aggiungeva – che la sfida lanciata ai cristiani dalle civiltà asiatiche è più pericolosa di quella di un'altra religione monoteista come l'islam. Mentre l'islam, infatti, stimola se non altro i cristiani ad approfondire e rinvigorire la propria identità religiosa, le civiltà asiatiche "spingeranno piuttosto nel senso di una ulteriore secolarizzazione, intesa come denominatore comune di una civiltà planetaria".
Aumenta la presenza statunitense in America Latina: è il turno del Costa Rica
Lo scorso 1 luglio il Parlamento del Costa Rica ha rinnovato l’accordo con gli Stati Uniti, come ogni anno ormai dal 2000, per la lotta contro il narcotraffico e per la realizzazione di operazioni militari e azioni umanitarie nella regione, per il periodo compreso tra il 1 luglio e il 31 dicembre 2010. L’accordo, approvato con 31 voti a favore e 8 contrari, è inserito nel capitolo Sicurezza del Trattato di Libero Commercio (TLC) firmato tra gli Stati Uniti e il piccolo Paese centroamericano.
La definizione dell’accordo ha sollevato non poche perplessità soprattutto in considerazione del fatto che, come è stabilito nella Costituzione costaricana, il Paese non possiede un esercito e vieta la presenza di forze armate straniere nel proprio territorio, proclamando la nazione una zona di pace. Di fatto, a seguito dell’entrata in vigore dell’accordo, la sproporzionata e massiccia presenza militare statunitense dispiegata nel Paese centroamericano sembra essere una parte di un piano di espansione militare degli Stati Uniti nel tentativo di aumentare la propria egemonia e controllo nella regione latinoamericana.
La definizione dell’accordo ha sollevato non poche perplessità soprattutto in considerazione del fatto che, come è stabilito nella Costituzione costaricana, il Paese non possiede un esercito e vieta la presenza di forze armate straniere nel proprio territorio, proclamando la nazione una zona di pace. Di fatto, a seguito dell’entrata in vigore dell’accordo, la sproporzionata e massiccia presenza militare statunitense dispiegata nel Paese centroamericano sembra essere una parte di un piano di espansione militare degli Stati Uniti nel tentativo di aumentare la propria egemonia e controllo nella regione latinoamericana.
La Del Ponte alla sbarra
Il Tribunale Penale Internazionale mette sotto inchiesta i metodi dell'ex procuratore capo
Conoscendone il carattere collerico è facile immaginare cosa avrà sibilato Carla Del Ponte quando è venuta a sapere che una commissione indipendente indagherà sui metodi utilizzati da lei e dai suoi più stretti collaboratori nel periodo 1999-2007, quando era il procuratore capo del Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia (Tpi).
Lo ha reso noto Christian Chartier, portavoce del Tpi, in una nota diffusa oggi, 19 agosto 2010. In particolare al vaglio degli incaricati, che secondo le prime indiscrezioni verranno scelti tra i ranghi della magistratura francese, ci sarà il processo contro Vojslav Seselj. Quest'ultimo, leader nazionalista serbo e fondatore del Partito Radicale Serbo (Srs), si costituì al Tpi nella sede dell'Aja, in Olanda, nel febbraio 2003, ricercato per crimini contro l'umanità e crimini di guerra, per le persecuzioni ai danni di civili bosniaci e croati durante il conflitto nella ex-Jugoslavia negli anni Novanta. Il suo procedimento iniziò nel novembre 2007, ma da oggi è gravato di pesanti sospetti sul rispetto dei diritti dei testimoni.
Conoscendone il carattere collerico è facile immaginare cosa avrà sibilato Carla Del Ponte quando è venuta a sapere che una commissione indipendente indagherà sui metodi utilizzati da lei e dai suoi più stretti collaboratori nel periodo 1999-2007, quando era il procuratore capo del Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia (Tpi).
Lo ha reso noto Christian Chartier, portavoce del Tpi, in una nota diffusa oggi, 19 agosto 2010. In particolare al vaglio degli incaricati, che secondo le prime indiscrezioni verranno scelti tra i ranghi della magistratura francese, ci sarà il processo contro Vojslav Seselj. Quest'ultimo, leader nazionalista serbo e fondatore del Partito Radicale Serbo (Srs), si costituì al Tpi nella sede dell'Aja, in Olanda, nel febbraio 2003, ricercato per crimini contro l'umanità e crimini di guerra, per le persecuzioni ai danni di civili bosniaci e croati durante il conflitto nella ex-Jugoslavia negli anni Novanta. Il suo procedimento iniziò nel novembre 2007, ma da oggi è gravato di pesanti sospetti sul rispetto dei diritti dei testimoni.
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Prigionieri palestinesi umiliati in stile Abu Ghreib.
L'organizzazione israeliana "Shovrim Shtika" (Rompere il silenzio) ha diffuso le foto postate da soldati israeliani via internet che li mostrano a fianco di prigionieri palestinesi o cadaveri, in atteggiamento di gioia.
Le foto, che mostrano i soldati israeliani con palestinesi ammanettati o bendati o con cadaveri distesi per terra, mettono in evidenza il piacere che i militari provano normalmente nell'uccidere o nell'arrestare i palestinesi.
Le foto, che mostrano i soldati israeliani con palestinesi ammanettati o bendati o con cadaveri distesi per terra, mettono in evidenza il piacere che i militari provano normalmente nell'uccidere o nell'arrestare i palestinesi.
SANITA' USA: UN BUGIA SMASCHERATA
Quattro mesi dopo che il Congresso USA ha adottato come legge la normativa che Obama aveva proposto in materia di assicurazione sanitaria salutata da tutti i settori liberali del paese come la riforma sociale più progressista del paese dal 1960, le implicazioni reazionarie del provvedimento stanno emergendo sempre più chiaramente.
La pietra angolare del piano, sosteneva la Casa Bianca, era l'estensione della copertura alle decine di milioni di americani non assicurati e il contenimento dei costi che sono impossibili per i cittadini comuni che pagano l'assistenza sanitaria e la cura della loro salute. Il presidente ha detto che la riduzione dei costi e l'attuazione di nuovi "efficienti" non inciderebbe sulla qualità dei servizi medici. Inoltre, quelli già assicurati possono tenere i loro medici e piani sanitari che già avevano.
La pietra angolare del piano, sosteneva la Casa Bianca, era l'estensione della copertura alle decine di milioni di americani non assicurati e il contenimento dei costi che sono impossibili per i cittadini comuni che pagano l'assistenza sanitaria e la cura della loro salute. Il presidente ha detto che la riduzione dei costi e l'attuazione di nuovi "efficienti" non inciderebbe sulla qualità dei servizi medici. Inoltre, quelli già assicurati possono tenere i loro medici e piani sanitari che già avevano.
L’EUROPA NEL CAOS MEDIORIENTALE
(di G. Gabellini)
Su "The Indipendent", Robert Fisk scrive che "E' stato lo stesso Javier Solana, capo della politica estera dell’Unione Europea (già segretario generale della NATO) a dichiarare lo scorso anno che “Israele, è di fatto un membro dell’UE, ma senza essere membro dell’istituzione”, per poi chiedersi ironicamente se "Per caso ne eravamo a conoscenza? Abbiamo votato per la sua ufficiosa introduzione? Chi ha autorizzato tutto questo?".
Effettivamente Fisk non fa che puntare il dito contro il re nudo, indicando apertamente una realtà di per sé evidentissima, che vede un'Europa succube non solo degli Stati Uniti, ma anche del suo fido sodale Israele. Sono decenni che la UE eroga denaro per la ricostruzione delle infrastrutture mediorientali regolarmente distrutte dall'esercito israeliano, armato di tutto punto dalle industrie belliche statunitensi. La precisione chirurgica con cui vengono distrutte queste infrastrutture edificate coi soldi dei contribuenti europei conferisce un significato politico all'azione militare, mediante il quale Tel Aviv intende "invitare" gli stati europei a guardarsi bene dal mettere il becco nelle faccende che non li riguardano direttamente.
Su "The Indipendent", Robert Fisk scrive che "E' stato lo stesso Javier Solana, capo della politica estera dell’Unione Europea (già segretario generale della NATO) a dichiarare lo scorso anno che “Israele, è di fatto un membro dell’UE, ma senza essere membro dell’istituzione”, per poi chiedersi ironicamente se "Per caso ne eravamo a conoscenza? Abbiamo votato per la sua ufficiosa introduzione? Chi ha autorizzato tutto questo?".
Effettivamente Fisk non fa che puntare il dito contro il re nudo, indicando apertamente una realtà di per sé evidentissima, che vede un'Europa succube non solo degli Stati Uniti, ma anche del suo fido sodale Israele. Sono decenni che la UE eroga denaro per la ricostruzione delle infrastrutture mediorientali regolarmente distrutte dall'esercito israeliano, armato di tutto punto dalle industrie belliche statunitensi. La precisione chirurgica con cui vengono distrutte queste infrastrutture edificate coi soldi dei contribuenti europei conferisce un significato politico all'azione militare, mediante il quale Tel Aviv intende "invitare" gli stati europei a guardarsi bene dal mettere il becco nelle faccende che non li riguardano direttamente.
La Saga di Bushehr sta per finire
Segnando la conclusione della saga che ha avuto inizio a metà del secolo XX, il 21 agosto l’Iran avrà ufficialmente avviato il reattore nucleare di fabbricazione russa della centrale nucleare di Bushehr. L’accensione del reattore nucleare è un punto culminante in qualsiasi paese, ma nel caso dell’Iran è un ulteriore fattore per la situazione, secondo cui l’avvio possa essere considerato una sconfitta della politica internazionale di Washington. Recentemente, l’ex ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite, John Bolton, provocatoriamente ha chiesto a Israele di attaccare Bushehr prima del 21 agosto, termine ultimo, quando le barre nucleari saranno caricate nel nocciolo del reattore.
La mentalità sociopatica delle forze israeliane nei confronti dei palestinesi
Riportando alla mente le inquietanti foto-shock giunte dalla nota prigione irachena di Abu Ghraib qualche anno fa, l'ex soldato Eden Aberjil ha ora pubblicato su Facebook alcune immagini di sé mentre posa di fronte a diversi palestinesi legati e con gli occhi bendati. Le foto hanno suscitato la condanna generale da parte dei media, e perfino le fonti militari israeliane le hanno considerate “vergognose, indecenti e crudeli”. La stessa Aberjil ritiene che la questione sia “andata troppo in là”, e ha definito la reazione dell'esercito “ingrata”.
Si tratta solo d'immagini, ma non occorre un grosso sforzo della fantasia per intuire che mentre queste venivano scattate, ai – o sui – prigionieri venivano dette parole umilianti, se non peggio. Yishai Menuchim, presidente del Comitato israeliano contro la tortura, ha anch'egli condannato le fotografie, commentando tuttavia che esse riflettono “un atteggiamento che è diventato la norma, e che consiste nel trattare i palestinesi come oggetti, non come esseri umani”.
Si tratta solo d'immagini, ma non occorre un grosso sforzo della fantasia per intuire che mentre queste venivano scattate, ai – o sui – prigionieri venivano dette parole umilianti, se non peggio. Yishai Menuchim, presidente del Comitato israeliano contro la tortura, ha anch'egli condannato le fotografie, commentando tuttavia che esse riflettono “un atteggiamento che è diventato la norma, e che consiste nel trattare i palestinesi come oggetti, non come esseri umani”.
16 agosto 2010
Un hub della guerra? Il sindaco: un «onore»
L'ampliamento dell'aeroporto (militare) di Pisa [*]
Il fatto che Pisa diventerà il «punto di riferimento per tutte le forze armate» dirette in missioni internazionali «non può che essere un onore per la nostra città»: lo ha dichiarato il sindaco Marco Filippeschi (Pd), ufficializzando l'entusiastico appoggio della sua amministrazione al progetto di ampliare l'aeroporto facendone un hub in grado di movimentare fino a 30mila militari al mese, perfettamente equipaggiati (il manifesto, 4 agosto).
Il fatto che Pisa diventerà il «punto di riferimento per tutte le forze armate» dirette in missioni internazionali «non può che essere un onore per la nostra città»: lo ha dichiarato il sindaco Marco Filippeschi (Pd), ufficializzando l'entusiastico appoggio della sua amministrazione al progetto di ampliare l'aeroporto facendone un hub in grado di movimentare fino a 30mila militari al mese, perfettamente equipaggiati (il manifesto, 4 agosto).
Le navi della Freedom Flotilla restituite da Israele sono vuote: telecamere, soldi e bagagli sono il bottino dei pirati.
Le navi della Freedom Flotilla restituite da Israele alla Turchia - Mavi Marmara, Gazze e Defney -, sono in cattivo stato, in totale disordine e senza i bagagli e le strumentazioni di lavoro che erano state rubate dall'esercito ai giornalisti dopo l'attacco pirata del 31 maggio.
Lo hanno constatato di persona dei colleghi della Flotilla, saliti a bordo delle imbarcazioni, ormeggiate nel porto di Iskenderun. Gli israeliani, dunque, non hanno restituito nulla, se non qualche valigia distrutta riconsegnata il 3 giugno, durante l'operazione di deportazione delle centinaia di passeggeri della Freedom Flotilla imprigionati illegalmente.
Sembra quindi verosimile la notizia diffusa a luglio, secondo la quale l'esercito avrebbe fatto scavare una fossa e vi avrebbe gettato all'interno tutto ciò che aveva sottratto dopo l'assalto alle navi. Tranne, ovviamente, ciò che ha ritenuto interessante salvare dal macero: carde di credito (usate nei supermercati israeliani), soldi, documenti, macchine fotografiche, cellulari e videocamere...
Fonte: http://www.infopal.it/
Lo hanno constatato di persona dei colleghi della Flotilla, saliti a bordo delle imbarcazioni, ormeggiate nel porto di Iskenderun. Gli israeliani, dunque, non hanno restituito nulla, se non qualche valigia distrutta riconsegnata il 3 giugno, durante l'operazione di deportazione delle centinaia di passeggeri della Freedom Flotilla imprigionati illegalmente.
Sembra quindi verosimile la notizia diffusa a luglio, secondo la quale l'esercito avrebbe fatto scavare una fossa e vi avrebbe gettato all'interno tutto ciò che aveva sottratto dopo l'assalto alle navi. Tranne, ovviamente, ciò che ha ritenuto interessante salvare dal macero: carde di credito (usate nei supermercati israeliani), soldi, documenti, macchine fotografiche, cellulari e videocamere...
Fonte: http://www.infopal.it/
La cooperazione internazionale e la sicurezza energetica
La stabilità delle relazioni e della cooperazione globale con i paesi esterni all’Unione europea è una delle priorità strategiche della politica estera russa. Tradizionalmente, la Russia si sviluppa e rafforza i legami economici, scientifici e culturali con i paesi del Sud Europa. Oggi è necessario cercare soluzioni comuni volte a superare la crisi finanziaria globale che minaccia il benessere di tutti i popoli del continente europeo.
Secondo il FMI, nel 1980 il debito complessivo del Gruppo dei Sette era del 40% del loro PIL totale. In vent’anni, il debito è salito al 65% del PIL. Dal 2008, quando ha cominciato a mostrare segni di una crisi sistemica del sistema finanziario globale, il processo di aumento del debito pubblico è aumentato in modo significativo. Gli esperti stimano che quest’anno il debito raggiungerà il 100%, ed entro il 2014 raggiungerà il 110%.
È chiaro il motivo principale: il segmento virtuale, speculativo del sistema finanziario globale ha raggiunto un livello tale che è diventato possibile, in termini di valori immaginari, determinare la ridistribuzione di tutti i tipi di risorse mondiali. In questo caso l’economia nazionale è intrappolata in una pericolosa servitù per debiti, e su alcuni paesi dell’Europa meridionale incombe il grave pericolo del fallimento.
12 agosto 2010
Il nuovo Concetto Strategico della NATO
La NATO sviluppa un nuovo Concetto Strategico una volta ogni dieci anni, come un bimbo che abbandona i suoi vestiti vecchi e necessita di acquistarne di nuovi. Il grande paradosso di questi cambiamenti regolari è il fatto che l’originale “zona di ostilità” della NATO negli ultimi 20 anni si è ristretta geograficamente, mentre la sua zona di attività ha continuato ad espandersi. Infatti, tutti i Concetti NATO del passato fornivano semplicemente una formale motivazione per ciò che si doveva fare comunque nel corso di pochi anni, anche se questo superava i compiti ufficiali della NATO.
Tutto ciò costituisce veramente un superamento del limite. A volte le alleanze militari devono adattarsi a tempi mutevoli in un modo che i loro fondatori non avrebbero potuto prevedere. Comunque, è necessario sapere distinguere tra una singola deviazione dalla missione originaria ed una politica di costante espansione della propria autorità.
Tutto ciò costituisce veramente un superamento del limite. A volte le alleanze militari devono adattarsi a tempi mutevoli in un modo che i loro fondatori non avrebbero potuto prevedere. Comunque, è necessario sapere distinguere tra una singola deviazione dalla missione originaria ed una politica di costante espansione della propria autorità.
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Discorso di Mahmoud Ahmadinejad all'ONU sul disarmo nucleare
Quanto segue è la traduzione del discorso del presidente iraniano Ahmadinejad alla conferenza nucleare delle Nazioni Unite, per incalzare i Paesi con armamento nucleare a fare di più per il disarmo. Egli ha sottolineato l’ipocrisia delle sanzioni contro l’Iran, dove non esiste alcuna prova che esso tenti di costruire armi nucleari, mentre il paese fuorilegge, armato con atomiche, Israele, “non paga l’ingresso”, nonostante sia responsabile del lancio di numerose guerre di aggressione nella regione. Il discorso è stato accuratamente ignorato dai media degli Stati Uniti e dei suoi satelliti.
La ricerca di sicurezza sostenibile è parte inerente e istintiva dell’esistenza umana e della ricerca storica. Nessun Paese può permettersi di ignorare la propria sicurezza. Purtroppo… l’ombra della minaccia delle bombe nucleari incombe su tutto il pianeta, e nessuno si sente sicuro.
Alcuni Stati definiscono nelle loro strategie la bomba atomica come un elemento di stabilità e sicurezza, e questo è uno dei loro massimi errori.
La ricerca di sicurezza sostenibile è parte inerente e istintiva dell’esistenza umana e della ricerca storica. Nessun Paese può permettersi di ignorare la propria sicurezza. Purtroppo… l’ombra della minaccia delle bombe nucleari incombe su tutto il pianeta, e nessuno si sente sicuro.
Alcuni Stati definiscono nelle loro strategie la bomba atomica come un elemento di stabilità e sicurezza, e questo è uno dei loro massimi errori.
POLITICA INTERNA E POLITICA ESTERA
di M. Tozzato
In un breve saggio apparso sul periodico Teoria politica nel 1987 – e ripubblicato nel 2009 – Norberto Bobbio sviluppa alcune considerazioni confrontando l’ordine democratico nei singoli stati rispetto a quello vigente nel contesto internazionale. Il saggio si intitola: La democrazia dei moderni paragonata a quella degli antichi (e a quella dei posteri); ad un certo punto Bobbio prende in considerazione come fattore “critico” per la sopravvivenza della democrazia, quello “esterno” che implicherebbe - a causa della sempre maggiore intensificazione e complicazione dei rapporti politici internazionali – l’inevitabile diffondersi di soluzioni autoritarie nei singoli Stati e nei rapporti interstatuali. Il filosofo torinese così continuava il suo ragionamento:
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In un breve saggio apparso sul periodico Teoria politica nel 1987 – e ripubblicato nel 2009 – Norberto Bobbio sviluppa alcune considerazioni confrontando l’ordine democratico nei singoli stati rispetto a quello vigente nel contesto internazionale. Il saggio si intitola: La democrazia dei moderni paragonata a quella degli antichi (e a quella dei posteri); ad un certo punto Bobbio prende in considerazione come fattore “critico” per la sopravvivenza della democrazia, quello “esterno” che implicherebbe - a causa della sempre maggiore intensificazione e complicazione dei rapporti politici internazionali – l’inevitabile diffondersi di soluzioni autoritarie nei singoli Stati e nei rapporti interstatuali. Il filosofo torinese così continuava il suo ragionamento:
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Il Giappone fra normalizzazione e richiesta di sovranità
“La scorsa settimana dopo aver appreso la notizia del ritorno in auge dell’ideologia dell’ombrello nucleare ho visto me stesso seduto nel mio studio in piena notte…Un vecchio immobile sotto il peso di un immenso sdegno”Kenzaburo Oe, scrittore Premio nobel nel 1994
L’occasione del 65° anniversario delle stragi di Hiroshima e Nagasaki ci offrono l’opportunità di concentrare l’attenzione sulle ultime configurazioni della politica giapponese. Alla presenza dell’ambasciatore Usa alle commemorazioni – la prima volta nella storia per un rappresentante statunitense – si sono accompagnate numerose polemiche, per esempio ad opera del presidente dell’associazione dei sopravvissuti Kazushi Kaneko, in quale ha accusato l’ambasciatore John Ross di non aver accennato a scuse per quel “gigantesco errore umanitario” e di non aver “nemmeno deposto un omaggio floreale”.
6 agosto 2010
5 agosto 2010
La cinesizzazione dell'Italia continua
Marchionne, pensando di uscire da federmeccanica e disdire il contratto di lavoro che lega FIAT ai propri dipendenti, sta attuando una svolta storica per la “cinesizzazione dell’Italia” seguito a ruota da tutte le altre società, Telecom non è un caso che stia seguendo la stessa logica.
Ci riesca o meno, con la globalizzazione il lavoro come merce ha già cambiato il proprio volto mettendo da parte le lotte sindacali e i diritti dei lavoratori per contrattare tutto e portare la cina in quello che fu il bel paese.
Un fatto che la politica ed i sindacati ancora non riescono a comprendere è che il mondo oramai ha già cambiato faccia e i prossimi anni tracceranno un solco definitivo per quello che oggi non è e non sarà più.
Sarebbe più opportuno chiedersi perché e lavorare sul significato stesso di profitto e lavoro, su come mai in nome del profitto e della libertà imprenditoriale si siano progressivamente calpestati diritti minimi dell’essere umano e del ben-essere. Come mai la tecnologia sia stata messa al servizio sempre del profitto e mai dell’essere umano. Ovviamente non tutti hanno la capacità di riflettere su questi argomenti e chiederlo a Bersani, Berlusconi o di Pietro e Casini sarebbe pretendere troppo dalla loro intelligenza.
La questione cruciale però è che se non iniziamo velocemente a ripensare l’economia e con essa il lavoro i consumi, il PIL ecc. ci ritroveremo di fronte a delle emergenze sociali mai viste.
È l’ora che gli uomini e le donne di buona volontà inizino anche a ricolmare gli spazi della politica, dell’economia, dei rapporti sociali, dell’integrazione fra popoli a iniziare dagli enti locali e poi su su fino a piazza Colonna a Roma, spazi oggi tutti in mano ai nuovi barbari.
Tempus fugit ….
Fonte: http://www.centrofondi.it/
Ci riesca o meno, con la globalizzazione il lavoro come merce ha già cambiato il proprio volto mettendo da parte le lotte sindacali e i diritti dei lavoratori per contrattare tutto e portare la cina in quello che fu il bel paese.
Un fatto che la politica ed i sindacati ancora non riescono a comprendere è che il mondo oramai ha già cambiato faccia e i prossimi anni tracceranno un solco definitivo per quello che oggi non è e non sarà più.
Sarebbe più opportuno chiedersi perché e lavorare sul significato stesso di profitto e lavoro, su come mai in nome del profitto e della libertà imprenditoriale si siano progressivamente calpestati diritti minimi dell’essere umano e del ben-essere. Come mai la tecnologia sia stata messa al servizio sempre del profitto e mai dell’essere umano. Ovviamente non tutti hanno la capacità di riflettere su questi argomenti e chiederlo a Bersani, Berlusconi o di Pietro e Casini sarebbe pretendere troppo dalla loro intelligenza.
La questione cruciale però è che se non iniziamo velocemente a ripensare l’economia e con essa il lavoro i consumi, il PIL ecc. ci ritroveremo di fronte a delle emergenze sociali mai viste.
È l’ora che gli uomini e le donne di buona volontà inizino anche a ricolmare gli spazi della politica, dell’economia, dei rapporti sociali, dell’integrazione fra popoli a iniziare dagli enti locali e poi su su fino a piazza Colonna a Roma, spazi oggi tutti in mano ai nuovi barbari.
Tempus fugit ….
Fonte: http://www.centrofondi.it/
Il Sacco di Roma: il barbaro Alemanno lascia mano libera a chi sta soffocando Roma con la pubblicità
Non solo stanno spuntando cartelloni ovunque, ma a viale Giulio Cesare hanno addirittura tagliato degli alberi (due lecci) che davano fastidio ai cartelloni.
Dalle voci che girano Ale-danno avrebbe dato carta bianca alle ditte in vista di una sanatoria......
Per seguire il sacco di Roma consiglio questo sito http://www.cartellopoli.com/ dal quale è tratta la foto.
Nella foto un leccio tagliato per far posto al cartellone
Un tempo si diceva "quello che non fecero i barbari lo fecero i Barberini", adesso è il caso di dire " quello che non fecero i barbari lo ha fatto Alemanno"
Dalle voci che girano Ale-danno avrebbe dato carta bianca alle ditte in vista di una sanatoria......
Per seguire il sacco di Roma consiglio questo sito http://www.cartellopoli.com/ dal quale è tratta la foto.
Nella foto un leccio tagliato per far posto al cartellone
Un tempo si diceva "quello che non fecero i barbari lo fecero i Barberini", adesso è il caso di dire " quello che non fecero i barbari lo ha fatto Alemanno"
MOZZARELLA GLOBALE. DA FINE AGOSTO UN ITALOAUSTRALIANO IMPORTERÀ IL LATTE CONGELATO A NAPOLI.
In tempi di mozzarelle blu e di sofisticazioni alimentari c'è un quarantenne italoaustraliano che sul formaggio a base di latte di bufala vorrebbe costruire la sua fortuna. Anthony de Bernardinis, infatti, il latte di bufala lo produce in Brasile e lo esporta, congelato con azoto liquido, in Italia per la produzione finale.
L'intraprendente imprenditore ha capito per primo che la richiesta di mozzarelle di bufala è altissima, ma che in Campania non c'è abbastanza terreno per il pascolo, al contrario di quanto avviene in Brasile dove, nei pressi di San Paolo, lui dispone di 80 mila ettari con 3 mila animali che producono 2,4 milioni di litri all'anno.
Il primo carico verso l'Italia partirà a fine agosto e dopo poco inizierà la trasformazione a Napoli, dove il prodotto è già stato testato da un team di esperti che ha certificato che sapore e caratteristiche organolettiche sono gli stessi del latte prodotto sul suolo italiano. E in futuro l'imprenditore vorrebbe coinvolgere nel suo progetto anche il governo italiano e quello brasiliano.
Fonte: http://www.dagospia.com/
L'intraprendente imprenditore ha capito per primo che la richiesta di mozzarelle di bufala è altissima, ma che in Campania non c'è abbastanza terreno per il pascolo, al contrario di quanto avviene in Brasile dove, nei pressi di San Paolo, lui dispone di 80 mila ettari con 3 mila animali che producono 2,4 milioni di litri all'anno.
Il primo carico verso l'Italia partirà a fine agosto e dopo poco inizierà la trasformazione a Napoli, dove il prodotto è già stato testato da un team di esperti che ha certificato che sapore e caratteristiche organolettiche sono gli stessi del latte prodotto sul suolo italiano. E in futuro l'imprenditore vorrebbe coinvolgere nel suo progetto anche il governo italiano e quello brasiliano.
Fonte: http://www.dagospia.com/
Quale ruolo per la Russia in Medio Oriente?
Lacerata dal conflitto che infuria tra il suo presidente e il suo primo ministro, la Russia ha ora mancato l’occasione storica per inserirsi in Medio Oriente. Le élite russe non sono riuscite a sviluppare una strategia in questa regione, quando ne hanno avuto l’opportunità, e non sono più in grado di definirla oggi. Per Thierry Meyssan, Mosca è paralizzata: non riesce a sfruttare appieno il fallimento del “rimodellamento” statunitense, ne a rispondere alle aspettative che ha suscitato Putin.
Il Presidente Medvedev e il primo ministro Putin. La complicità tra gli “Amici trentennali” si è improvvisamente trasformata in guerra aperta. In queste condizioni, come potrebbe Mosca assumere una grande ambizione in Medio Oriente?
Il Presidente Medvedev e il primo ministro Putin. La complicità tra gli “Amici trentennali” si è improvvisamente trasformata in guerra aperta. In queste condizioni, come potrebbe Mosca assumere una grande ambizione in Medio Oriente?
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Il sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, come D'Alema?
Anche al Sindaco di Pisa piacciono gli aerei come a D'Alema, soprattutto quelli carichi di bombe, quelli che portano la morte.
La base Usa di Camp Darby sarà ampliata e diventerà un grande HUB MILITARE, si parla di 30.000 militari(l'Italia ha circa 15.000 uomini in missione, gli altri saranno militari USA naturalmente)i, più famiglie al seguito, il tutto gestito come un aeroporto civile, con check in bagagli in movimento ed altro.......
Da qui partiranno i militati impegnati in TUTTE le missioni internazionali, quelli insomma, che esportano la democrazia; come prassi la decisione del Sindaco è stata presa senza consultare i cittadini di Pisa, quindi tutto è pronto per l'avvio dei lavori, previsti per maggio 2011, senza noiose consultazioni.... democratiche.
Tutti pronti ad investire: Comune di Livorno, Comune di Pisa, Regione Toscana....
Ovviamente non si parla dell'inquinamento dovuto alla base e dei possibili di incidenti, del resto i soldi sono soldi, cosa importa se per i voli a bassa quota la gente non dorme o se un aereo cade sulla ferrovia dopo il decollo rischiando di fare una strage. I dati conosciuti parlano di 40mila voli annui civili più 10mila voli militari, questi ultimi sono solo quelli conosciuti.
Ed il Tirreno titola L'aeroporto militare nuova ricchezza per Pisa, ricchezza a scapito di sicurezza e tranquillità
di chi abita vicino la base, ma anche a scapito di chi riceve la (vostra) democrazia..... Filippeschi puoi provare a dire qualcosa di sinistra?
Dimenticavo, da quello che leggo su Il Manifesto, l'ampliamento supera quello del raddoppio della Base di Vicenza.....
La base Usa di Camp Darby sarà ampliata e diventerà un grande HUB MILITARE, si parla di 30.000 militari(l'Italia ha circa 15.000 uomini in missione, gli altri saranno militari USA naturalmente)i, più famiglie al seguito, il tutto gestito come un aeroporto civile, con check in bagagli in movimento ed altro.......
Da qui partiranno i militati impegnati in TUTTE le missioni internazionali, quelli insomma, che esportano la democrazia; come prassi la decisione del Sindaco è stata presa senza consultare i cittadini di Pisa, quindi tutto è pronto per l'avvio dei lavori, previsti per maggio 2011, senza noiose consultazioni.... democratiche.
Tutti pronti ad investire: Comune di Livorno, Comune di Pisa, Regione Toscana....
Ovviamente non si parla dell'inquinamento dovuto alla base e dei possibili di incidenti, del resto i soldi sono soldi, cosa importa se per i voli a bassa quota la gente non dorme o se un aereo cade sulla ferrovia dopo il decollo rischiando di fare una strage. I dati conosciuti parlano di 40mila voli annui civili più 10mila voli militari, questi ultimi sono solo quelli conosciuti.
Ed il Tirreno titola L'aeroporto militare nuova ricchezza per Pisa, ricchezza a scapito di sicurezza e tranquillità
di chi abita vicino la base, ma anche a scapito di chi riceve la (vostra) democrazia..... Filippeschi puoi provare a dire qualcosa di sinistra?
Dimenticavo, da quello che leggo su Il Manifesto, l'ampliamento supera quello del raddoppio della Base di Vicenza.....
4 agosto 2010
Prove di guerra?
Le continue provocazioni israeliane contro il Libano e gli scontri di ieri
«Quello di ieri sarà stato un "incidente", ma i protagonisti sono consapevoli che le guerre esplodono così». E' questa la conclusione di Guido Olimpio, sul Corriere della Sera di oggi, al termine di uno dei suoi frequenti articoli tesi a demonizzare Hezbollah.
In realtà non è difficile capire che quella di ieri altro non è stata che l'ennesima provocazione israeliana volta a far aumentare la tensione. Una provocazione che ha portato agli scontri più gravi sulla frontiera israelo-libanese dall'agosto 2006, con un bilancio di 5 morti: 3 soldati libanesi, un giornalista di Al Akhbar, un ufficiale israeliano.
«Quello di ieri sarà stato un "incidente", ma i protagonisti sono consapevoli che le guerre esplodono così». E' questa la conclusione di Guido Olimpio, sul Corriere della Sera di oggi, al termine di uno dei suoi frequenti articoli tesi a demonizzare Hezbollah.
In realtà non è difficile capire che quella di ieri altro non è stata che l'ennesima provocazione israeliana volta a far aumentare la tensione. Una provocazione che ha portato agli scontri più gravi sulla frontiera israelo-libanese dall'agosto 2006, con un bilancio di 5 morti: 3 soldati libanesi, un giornalista di Al Akhbar, un ufficiale israeliano.
Uribe, amico del Mossad, a capo della commisisone Onu sulla Flottilia
La Commissione Onu che dovrà indagare sull'assalto militare israeliano alla Flottiglia della pace sarà presieduta da Alvaro Uribe, il presidente colombiano uscente, uomo vicino agli Usa che ha fatto del disprezzo per i diritti umani una bandiera
Alvaro Uribe, presidente uscente della Colombia, non resterà senza lavoro l'8 agosto, quando il suo successore, Manuel Santos gli succederà a Palazzo Narino. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, lo ha appena scelto per presiedere il Comitato d'indagini sull'aggressione israeliana subìta dalla Freedom Flottilla turca carica di aiuti umanitari destinati a Gaza
. Era il 31 maggio scorso. Dopo due lunghi mesi di intense consultazioni, il governo di Tel Aviv ha dunque concesso che una commissione Onu indaghi su quanto avvenne quando le truppe speciali israeliane assaltarono la nave in cui vennero assassinati nove attivisti turchi. È la prima volta che lo stato ebraico accetta un'inchiesta internazionale sull'operato del suo esercito, tanto che non sono mancate le polemiche interne: "E' un fatto senza precedenti e il risultato di una cattiva gestione di governo", ha tuonato Tzipi Livni, ex ministro degli Esteri e ora leader dell'opposizione. Plauso e soddisfazione invece da buona parte della comunità internazionale, Stati Uniti in testa. Ad affiancare Uribe, l'ex primo ministro della Nuova Zelanda Geoffrey Palmer e due rappresentanti di Turchia e Israele. Con la promessa che lo stato ebraico collaborerà.
Alvaro Uribe, presidente uscente della Colombia, non resterà senza lavoro l'8 agosto, quando il suo successore, Manuel Santos gli succederà a Palazzo Narino. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, lo ha appena scelto per presiedere il Comitato d'indagini sull'aggressione israeliana subìta dalla Freedom Flottilla turca carica di aiuti umanitari destinati a Gaza
. Era il 31 maggio scorso. Dopo due lunghi mesi di intense consultazioni, il governo di Tel Aviv ha dunque concesso che una commissione Onu indaghi su quanto avvenne quando le truppe speciali israeliane assaltarono la nave in cui vennero assassinati nove attivisti turchi. È la prima volta che lo stato ebraico accetta un'inchiesta internazionale sull'operato del suo esercito, tanto che non sono mancate le polemiche interne: "E' un fatto senza precedenti e il risultato di una cattiva gestione di governo", ha tuonato Tzipi Livni, ex ministro degli Esteri e ora leader dell'opposizione. Plauso e soddisfazione invece da buona parte della comunità internazionale, Stati Uniti in testa. Ad affiancare Uribe, l'ex primo ministro della Nuova Zelanda Geoffrey Palmer e due rappresentanti di Turchia e Israele. Con la promessa che lo stato ebraico collaborerà.
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RICOSTRUENDO CASE A GERUSALEMME
Al via i campi di lavoro di ICHAD, il comitato israeliano contro la demolizione delle case palestinesi: ad Anata i volontari hanno restituito l’abitazione alla famiglia Hamdan.
DI IRENE PANIGHETTI da Gerusalemme, 3 Agosto 2010 – (foto www. guardian.co.uk) –
Domenica scorsa, alla famiglia Hamdan di Anata, quattro chilometri a nord est di Gerusalemme è stata riconsegnata la casa: ricostruita dai volontari dell’ottavo summer camp di ICHAD (il comitato israeliano contro la demolizione delle case), dopo che i bulldozer delle autorita’ israeliane l’avevano distrutta per ben due volte perché “non in possesso del permesso di costruzione”.
DI IRENE PANIGHETTI da Gerusalemme, 3 Agosto 2010 – (foto www. guardian.co.uk) –
Domenica scorsa, alla famiglia Hamdan di Anata, quattro chilometri a nord est di Gerusalemme è stata riconsegnata la casa: ricostruita dai volontari dell’ottavo summer camp di ICHAD (il comitato israeliano contro la demolizione delle case), dopo che i bulldozer delle autorita’ israeliane l’avevano distrutta per ben due volte perché “non in possesso del permesso di costruzione”.
2 agosto 2010
Il massacro americano di Falluja ha avuto conseguenza peggiori anche di Hiroshima
Uno studio americano rivela come dopo i bombardamenti le percentuali di tumori sono aumentati esponenzialmente, segno che furono usate armi chimiche
Il nome, basta quello. Hiroshima, prima città a subire un bombardamento nucleare, è nella memoria del mondo sinonimo dell’orrore della guerra. E basta citarne il nome per evocare uno strazio che lascia senza parole. Per questo quel nome viene fatto sempre con cautela. Per questo fa ancora più impressione leggere che c’è una battaglia, avvenuta 59 anni dopo il lancio dell’atomica sulla città giapponese, le cui conseguenze sono “peggiori di quelle di Hiroshima”. Peggiori di quelle di un disastro nucleare.
Il nome, basta quello. Hiroshima, prima città a subire un bombardamento nucleare, è nella memoria del mondo sinonimo dell’orrore della guerra. E basta citarne il nome per evocare uno strazio che lascia senza parole. Per questo quel nome viene fatto sempre con cautela. Per questo fa ancora più impressione leggere che c’è una battaglia, avvenuta 59 anni dopo il lancio dell’atomica sulla città giapponese, le cui conseguenze sono “peggiori di quelle di Hiroshima”. Peggiori di quelle di un disastro nucleare.
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UNA DEMOCRAZIA RAZZISTA ?
di Lorenzo Borrè
Un punto che accomuna il variegato mondo dei sostenitori della politica interna e internazionale israeliana, intendendosi per essa il complesso di risoluzioni e azioni adottate e poste in essere dai vari governi che hanno guidato la nazione di Israele negli ultimi sessantadue anni, è costituito dalla ferma negazione del carattere razzista del sionismo e, più in generale, dello Stato israeliano.
Nella foto: figli di lavoratori stranieri
nati in Israele
Un punto che accomuna il variegato mondo dei sostenitori della politica interna e internazionale israeliana, intendendosi per essa il complesso di risoluzioni e azioni adottate e poste in essere dai vari governi che hanno guidato la nazione di Israele negli ultimi sessantadue anni, è costituito dalla ferma negazione del carattere razzista del sionismo e, più in generale, dello Stato israeliano.
Nella foto: figli di lavoratori stranieri
nati in Israele
Italia – Russia: cosa riserva il futuro?
Ad oltre un secolo si data l’instaurazione di relazioni culturali e commerciali italo-russe. Proclamato nel 1861 come stato nazionale unitario – il regno italiano, quasi subito, nel 1862, è stato ufficialmente riconosciuto dalla Russia e l’anno successivo è stato firmato il primo accordo commerciale tra Russia e Italia, che ha fornito le basi storiche per lo sviluppo di accordi bilaterali politici ed economici. Nel 1876, le missioni dei due paesi a San Pietroburgo e Roma sono state trasformate in ambasciate. La cooperazione tra Italia e Russia si è sempre basata non solo sul vantaggio reciproco, ma anche su fattori di natura extra-economica. Per tali proprietà naturali degli italiani e dei russi – l’apertura e la libertà e un elevato senso di giustizia e di dignità, l’anima poetica e in particolare la grandezza del rispettivo genio – si manifesta in entrambi la speranza per una intesa più forte, quando il pragmatismo lascia il posto agli impulsi dell’anima.
Nasrallah chiede un Comitato libanese per investigare le false testimonianze nel caso Hariri
Il capo di Hezbollah Sayyid Hassan Nasrallah ha chiesto domenica l'istituzione di un Comitato Libanese per indagare sulla questione delle false testimonianze nel caso dell'omicidio dell'ex primo ministro libanese Rafiq Hariri.
"Che si crei un comitato - parlamentare, giudiziario, di sicurezza o ministeriale - e si portino i testimoni e Mohammed Siddiq... e si chieda loro chi ha fornito loro le informazioni", ha detto Nasrallah in una videoconferenza durante una commemorazione in onore dei martiri di Hezbollah all'istituto Shahed nel sud di Beirut. "Se fanno davvero sul serio, il giusto inizio è questo", ha detto dopo aver reso omaggio ai martiri.
"Che si crei un comitato - parlamentare, giudiziario, di sicurezza o ministeriale - e si portino i testimoni e Mohammed Siddiq... e si chieda loro chi ha fornito loro le informazioni", ha detto Nasrallah in una videoconferenza durante una commemorazione in onore dei martiri di Hezbollah all'istituto Shahed nel sud di Beirut. "Se fanno davvero sul serio, il giusto inizio è questo", ha detto dopo aver reso omaggio ai martiri.
Un documentario sulla Decrescita Felice
di Lorenzo Fioramonti, Riccardo Fioramonti e Andrea Bertaglio
Questo documentario nasce dall’esigenza di un’informazione diretta, fruibile nel linguaggio comunicativo, esauriente e libera da vincoli che la possano rendere sterile e parziale.
Per questo un gruppo di film-maker, ricercatori sociali e giornalisti hanno intrapreso un progetto video in formato documentaristico dedicato alla decrescita. Ci si augura che questa possa essere la prima di una serie di iniziative volte alla comunicazione di massa di processi e fenomeni apparentemente complessi, ma estremamente importanti per far progredire la nostra società verso la vera sostenibilità ambientale, sociale ed economica. L’idea di base è quella di affrontare tematiche importanti di natura politica, economica e sociale sfruttando la comunicazione audiovisivia per tradurre dei messaggi complessi in una dialettica semplice ed intuitiva, affinché queste tematiche raggiungano il maggior numero possibile di persone (invece di restare limitate alla solita cerchia del cosiddetto ceto medio riflessivo). Nel mondo contemporaneo, prescindere da tale forma di comunicazione significa precludersi la possibilità di promuovere cambiamenti sociali dal basso e coinvolgere persone che potrebbero essere facilmente raggiunte, ma che spesso rinunciano a partecipare per limiti di tempo, risorse economiche e cognitive. O semplicemente perché la comunicazione convenzionale, soprattutto quella scritta, ha un mercato limitato e per tante persone rappresenta un ostacolo non indifferente.
Questo documentario nasce dall’esigenza di un’informazione diretta, fruibile nel linguaggio comunicativo, esauriente e libera da vincoli che la possano rendere sterile e parziale.
Per questo un gruppo di film-maker, ricercatori sociali e giornalisti hanno intrapreso un progetto video in formato documentaristico dedicato alla decrescita. Ci si augura che questa possa essere la prima di una serie di iniziative volte alla comunicazione di massa di processi e fenomeni apparentemente complessi, ma estremamente importanti per far progredire la nostra società verso la vera sostenibilità ambientale, sociale ed economica. L’idea di base è quella di affrontare tematiche importanti di natura politica, economica e sociale sfruttando la comunicazione audiovisivia per tradurre dei messaggi complessi in una dialettica semplice ed intuitiva, affinché queste tematiche raggiungano il maggior numero possibile di persone (invece di restare limitate alla solita cerchia del cosiddetto ceto medio riflessivo). Nel mondo contemporaneo, prescindere da tale forma di comunicazione significa precludersi la possibilità di promuovere cambiamenti sociali dal basso e coinvolgere persone che potrebbero essere facilmente raggiunte, ma che spesso rinunciano a partecipare per limiti di tempo, risorse economiche e cognitive. O semplicemente perché la comunicazione convenzionale, soprattutto quella scritta, ha un mercato limitato e per tante persone rappresenta un ostacolo non indifferente.
VIDEO: ISRAELE, LA DISTRUZIONE DI UN VILLAGGIO ARABO
Guarda le immagini delle demolizioni di 35 case martedì scorso ad Al Araqib, nel Neghev, eseguite delle autorità israeliane. Oltre 250 persone sono rimaste senza un tetto. Lo stesso era accaduto il 20 luglio a Al Farisyie. Oggi è prevista una nuova manifestazione di protesta.
Al Araqib (Neghev), 30 luglio 2010, Nena News – Centinaia di manifestanti si ritroveranno oggi ad Al Araqib, nel Neghev, per protestare contro le 35 demolizioni di abitazioni eseguite martedi’ scorso dalle autorita’ israeliane in questo villaggio, con l’aiuto di oltre mille poliziotti. Più di 250 uomini, donne e bambini, che pure sono cittadini israeliani, sono rimasti senza le loro case perché considerate «abusive». Lo stesso era accaduto il 20 luglio of Al Farisyie. Le autorità centrali dimenticano che alle comunità arabe, specie nel Neghev, raramente vengono concessi permessi edilizi e le famiglie sono costrette a costruire illegalmente.
Al Araqib (Neghev), 30 luglio 2010, Nena News – Centinaia di manifestanti si ritroveranno oggi ad Al Araqib, nel Neghev, per protestare contro le 35 demolizioni di abitazioni eseguite martedi’ scorso dalle autorita’ israeliane in questo villaggio, con l’aiuto di oltre mille poliziotti. Più di 250 uomini, donne e bambini, che pure sono cittadini israeliani, sono rimasti senza le loro case perché considerate «abusive». Lo stesso era accaduto il 20 luglio of Al Farisyie. Le autorità centrali dimenticano che alle comunità arabe, specie nel Neghev, raramente vengono concessi permessi edilizi e le famiglie sono costrette a costruire illegalmente.
Bombardamenti israeliani su Gaza: feriti decine di palestinesi
Gaza - Infopal. Alle primissime ore di quest'oggi, un bombardamento aereo israeliano ha colpito una sede delle Brigate al-Qassam - ala militare di Hamas - nella zona centrale della Striscia di Gaza.
Il nostro corrispondente riporta che un F16 israeliano ha sparato un missile sull'abitazione del leader delle Brigate 'Ala' ad-Danf distruggendola del tutto e causando ingenti danni alle abitazioni vicine, densamente abitate.
Il nostro corrispondente riporta che un F16 israeliano ha sparato un missile sull'abitazione del leader delle Brigate 'Ala' ad-Danf distruggendola del tutto e causando ingenti danni alle abitazioni vicine, densamente abitate.
Un pronostico (scomodo) sulla vicenda Fiat
Marchionne fa la lotta di classe mentre gli operai…
«Morale della favola. Non avremo la guerra mondiale sul caso FIAT, alla fine la burocrazia della FIOM, pur non firmando niente, chiuderà non uno, ma due occhi, evitando di mettere i bastoni tra le ruote al tritasassi padronale. Futuro cupo? Nient'affatto! Futuro burrascoso. Il regime neoschiavista, la fascistizzazione (o sterilizzazione) dei sindacati, causeranno prima di quanto si pensi micro-conflittualità diffusa e extra-sindacale, e questa sfocerà in una tempesta di classe, trovando forme nuove per rappresentarsi politicamente. Avvenne negli anni '20. Riavvenne negli anni '60. Avverrà di nuovo».
«Morale della favola. Non avremo la guerra mondiale sul caso FIAT, alla fine la burocrazia della FIOM, pur non firmando niente, chiuderà non uno, ma due occhi, evitando di mettere i bastoni tra le ruote al tritasassi padronale. Futuro cupo? Nient'affatto! Futuro burrascoso. Il regime neoschiavista, la fascistizzazione (o sterilizzazione) dei sindacati, causeranno prima di quanto si pensi micro-conflittualità diffusa e extra-sindacale, e questa sfocerà in una tempesta di classe, trovando forme nuove per rappresentarsi politicamente. Avvenne negli anni '20. Riavvenne negli anni '60. Avverrà di nuovo».
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