Dove porta l’islamofobia che unisce destra e sinistra, sionisti e filo-palestinesi-fino-ad-un-certo-punto.
Sta rimbalzando in rete, postato da certi “compagni” un articolo della giornalista israeliana Amira Hass. Il titolo con cui l’articolo in questione sta viaggiando è tutto un programma: «Puttane e marxiste». Esso è stato pubblicato sulla rivista Internazionale del 19 agosto ( http://www.internazionale.it/opinioni/amira-hass/puttane-e-marxiste/). La fonte originale il quotidiano sionista Haaretz del 16 agosto ( http://www.haaretz.com/print-edition/features/what-hamas-is-really-afraid-of-1.308264). Non è un caso che questo titolo sia molto lontano da quello dato dall’autrice dell’articolo, attivista pacifista israeliana e giornalista di fama. Il titolo originale suona così: «What HAMAS is really afraid of», ovvero, Di che cosa HAMAS ha davvero paura.
Perché la rivista Internazionale, notoriamente “equidistante” tra la Resistenza palestinese e il nazi-sionismo, è scesa tanto in basso scegliendo questo titolo che rasenta la volgarità? Per sputtanare HAMAS ovviamente, in nome di sedicenti valori ateistici, laicisti, femministi, comunisti e radical-chic. Alcuni sinistrati italiani, col dente avvelenato con HAMAS in quanto movimento islamico, come ubbidendo ad un pavloviano riflesso condizionato, hanno abboccato all’amo, addirittura rincarando la dose. Per prima l’Associazione di Amicizia Italo-palestinese, che ha ulteriormente storpiato il titolo come segue: «Puttane e marxiste le attiviste del FPLP».
Ma quali sono i fatti? chi avrebbe dato della puttana a chi?
Il reportage di Haaretz racconta di una manifestazione promossa dal FPLP e svoltasi il 15 agosto a Gaza, nella centrale Piazza del Milite ignoto palestinese, proprio davanti alla vecchia sede del Parlamento dell’ANP, distrutta dai sionisti con l’operazione “Piombo fuso”. Scopo della manifestazione, protestare contro i ripetuti blackout dell’energia elettrica nella Striscia, blackout che sono uno dei tanti drammi che subisce il popolo di Gaza.
Ma sentiamo quanto afferma la stessa giornalista israeliana nel suo reportage (basato per altro non su testimonianza diretta, ma sul sentito dire di “alcune amiche di Gaza”): «Fin dall’inizio dell’anno, gli abitanti della Striscia di Gaza stanno subendo interruzioni di energia elettrica pianificate che, quotidianamente, si protraggono per oltre otto ore. Tra il 2006 e il 2009, l’Unione Europea aveva finanziato il carburante industriale usato nella centrale elettrica locale. Nel novembre del 2009, venne deciso, insieme al governo di Ramallah, che l’Autorità Palestinese avrebbe cominciato a pagare il diesel oltre al conto per l’elettricità che esso paga a Israele. Sin d’allora, la quantità di carburante che è entrata a Gaza è scemata costantemente. Nella prima settimana di agosto, ad esempio, nella Striscia erano entrati solo 812.006 litri di carburante diesel – il 23 % di quanto necessario. A Ramallah sostengono che la compagnia che ha il compito di riscuotere le bollette dell’elettricità a Gaza non sta svolgendo il proprio compito in modo corretto e/o trasferisce parte del denaro nei forzieri di Hamas. Hamas nega tutto ciò. Ramallah afferma pure che Hamas sta giocando sulle disgrazie della gente. Il FPLP, con la sua protesta, dichiara di non credere a nessuno dei due e che la distribuzione dell’elettricità è caduta vittima di una rivalità politica».
Un racconto apparentemente realistico, invece subdolamente mistificante. Primo: Israele è il principale responsabile della “Crisi elettrica” di Gaza poiché, in flagrante violazione del diritto internazionale, da tempo punitivamente taglia (all’ovvio scopo di strangolare i palestinesi e minare l’egemonia indiscussa di HAMAS) la regolare fornitura di energia elettrica a Gaza. Secondo: l’Unione Europea, su mandato ONU, si è incaricata di provvedere a finanziare il rifornimento di carburante alla già insufficiente centrale elettrica locale. Terzo: la UE tuttavia, sempre allo scopo di spezzare la schiena alla Resistenza islamica, non finanzia, come sarebbe logico, le autorità locali di Gaza (sotto la cui giurisdizione opera la locale centrale elettrica), ma quelle nemiche di al-Fatah di Ramallah. Quarto: la quale al-Fatah, in combutta coi gli israeliani e sempre per minare il consenso di HAMAS, paga a singhiozzo o non paga affatto i fornitori di carburante (israeliani), di qui l’impossibilità per la centrale di Gaza (bombardata anch’essa dai sionisti) di funzionare a pieno regime.
Quella del 15 agosto non era la prima protesta contro la “crisi elettrica” di Gaza. Altre ce ne erano state, una di queste promossa anche dal Fronte Democratico. Che il Fronte Popolare, forza importante della Resistenza palestinese, abbia promosso una manifestazione per dare voce al dramma, è quindi legittimo oltre che comprensibile. Contro chi era questa manifestazione? Anzitutto e ovviamente, ma questo il reportage della giornalista israeliana non lo dice, contro il nazi-sionismo, responsabile dell’assedio e dei blackout elettrici. In secondo luogo, ma solo in secondo, la manifestazione sollecitava sia HAMAS che al-Fatah a porre fine alla guerra intestina, che viene utilizzata da al-Fatah per giustificare il suo rifiuto di pagare regolarmente le bollette dell’energia per i cittadini di Gaza.
Amira Hass (che al tempo della guerra tra Israele ed Hezbollah del 2006 condannò gli attacchi missilistici della Resistenza libanese -- http://www.theshalomcenter.org/node/1170 ) ci racconta tuttavia un’altra storia, non solo esagera gli incidenti avvenuti tra i dimostranti e la polizia di Gaza. Per rendere credibile il racconto del “violento pestaggio” e delle urla di “puttane marxiste!” apparentemente rivolte dai poliziotti alle donne del sit-in, ci presenta un quadro del tutto distorto, come se la manifestazione del Fronte Popolare fosse stata anzitutto una frontale protesta anti-HAMAS.
Chi ha raccolto questa meschina operazione di sputtanamento di HAMAS, cioè della spina dorsale della Resistenza — ci riferiamo non tanto a Internazionale, le cui posizioni filosioniste ci sono note, ma a coloro che dicono di stare dalla parte del popolo palestinese — avrebbe almeno potuto peritarsi di sentire i compagni del Fronte a Gaza, a Ramallah, a Beirut o a Damasco. Non l’hanno fatto evidentemente. E nemmeno hanno (ciò che può fare anche chi, come i suddetti, evidentemente non ha contatti diretti col Fronte) consultato il sito ufficiale del FPLP (http://www.pflp.ps/english/), amministrato proprio dai compagni di Gaza. Se lo avessero fatto avrebbero immediatamente notato che non c’è notizia alcuna dei “gravissimi disordini di Gaza”, che non è vero che la manifestazione è stata soppressa con la forza, che il Fronte Popolare non ha voluto dare ai piccoli tafferugli un risalto che poteva essere utilizzato dai sionisti (come poi in effetti è accaduto) per sputtanare la resistenza palestinese.
Cosa trovate sul sito del Fronte aggiornato in tempo reale? Ben altre notizie, tra cui la protesta per l’arresto a Nablus, avvenuto il 24 agosto, del compagno Ahmad Al-Mesh'ati, compiuto dagli sgherri di al-Fatah; o dell’inaudito attacco armato che le forze di sicurezza di al-Fatah hanno effettuato il 25 agosto a Ramallah, sempre ai danni del Fronte Popolare; o la sacrosanta dichiarazione ufficiale, fatta il 20 agosto, dell’Ufficio Politico del Fronte Popolare, contro la decisione di al-Fatah e dell’Anp di Abu Mazen di tornare al tavolo negoziale coi sionisti.
Che ti fanno invece certi “compagni” italiani mentre Gaza resta sotto un assedio criminale? Mentre il governo di al-Fatah arresta a tutto spiano compagni e militanti islamici e colpisce, a braccetto coi sionisti, la Resistenza palestinese? Che ti fanno? La sponda ad un giornale sionista e, senza nemmeno controllare l’attendibilità dell’evento, la sua effettiva dinamica, i reali scopi dei promotori, il tutto allo scopo (Israele ringrazia!), non solo di mettere in cattivissima luce HAMAS, ma di esacerbare gli attriti con l’altra più importante organizzazione resistente.
Davvero una brutta storia.
Moreno Pasquinelli
Fonte: http://www.campoantimperialista.it/
31 agosto 2010
Come ti sputtano la Resistenza palestinese con la scusa del dissidio tra Hamas e Fronte Popolare
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