“La scorsa settimana dopo aver appreso la notizia del ritorno in auge dell’ideologia dell’ombrello nucleare ho visto me stesso seduto nel mio studio in piena notte…Un vecchio immobile sotto il peso di un immenso sdegno”Kenzaburo Oe, scrittore Premio nobel nel 1994
L’occasione del 65° anniversario delle stragi di Hiroshima e Nagasaki ci offrono l’opportunità di concentrare l’attenzione sulle ultime configurazioni della politica giapponese. Alla presenza dell’ambasciatore Usa alle commemorazioni – la prima volta nella storia per un rappresentante statunitense – si sono accompagnate numerose polemiche, per esempio ad opera del presidente dell’associazione dei sopravvissuti Kazushi Kaneko, in quale ha accusato l’ambasciatore John Ross di non aver accennato a scuse per quel “gigantesco errore umanitario” e di non aver “nemmeno deposto un omaggio floreale”.
Evidentemente tali dichiarazioni si pongono sulla scia degli sviluppi recenti del dibattito sui rapporti Usa-Giappone. Come si può ricordare l’elezione del premier Yukio Hatoyama fu accompagnata dalla volontà dell’esecutivo di ripensare la decennale sudditanza militare e politica nei confronti di Washington; dalla commissione d’inchiesta sui trattati segreti, alle polemiche sul peso economico per i giapponesi delle istallazioni militari Usa, fino alle proteste – appoggiate da gran parte delle istituzioni – per il riposizionamento della base di Okinawa fu un crescendo di rivendicazioni di sovranità.
Tutto questo portò però alle dimissioni dello stesso Hatoyama (impossibilitato a raggiungere i propri obiettivi) ed alla “normalizzazione” del governo con la nomina a premier di Naoto Kan. Quest’ultimo, ai primi di agosto, ha avuto modo di richiamare l’importanza per il Giappone di continuare a posizionarsi sotto l’ombrello (nucleare) Usa in modo da intergare le “forze di autodifesa” in una sorta di nato estesa fino al Pacifico(1); ciò comporterebbe fra l’altro l’autorizzazione formale nei confronti degli Stati Uniti a immagazzinare le atomiche in Giappone: in realtà è una certezza che dal 1945 gli Usa controllino atomiche presenti nell’arcipelago nipponico, ma illegalmente, o meglio, secondo il dettato dei trattati segreti dovuti firmare da Tokio dopo la sconfitta nella seconda guerra mondiale.
Quindi la parabola della ricerca di sovranità sembra in fase discendente, gli Stati Uniti infatti non possono permettersi di perdere (o di veder messo in discussione) l’utilizzo del Giappone e in particolare dell’isola di Okinawa fondamentali per il controllo del Pacifico. (2)
Però se i ripensamenti del rapporto privilegiato con Washington sono stati possibili a causa di un crescente multipolarismo che porta i “Paesi emergenti” a cercare maggiore libertà di manovra, ciò significa che non sarà facile per il governo Usa troncarli, anche perché mentre il governo giapponese per ora sembra essere stato “normalizzato”, varie istituzioni locali e l’opinione pubblica continuano a chiedere la fine di un rapporto evidentemente sbilanciato in favore degli Stati Uniti. Lo confermano le numerose presenze – anche da parte dei vari partiti – alle manifestazioni di Okinawa (3) e per esempio le parole dello stesso sindaco di Hiroshima Tadatoshi Akiba che invita l’esecutivo ad “abbandonare l’ombrello atomico Usa e guidare il movimento internazionale per il disarmo”. In realtà la seconda parte di questa dichiarazione ha più un sapore populista e paga dazio ai decenni di programmi culturali decisi oltre-oceano essendo proprio l’amministrazione Usa a propagandare il disarmo atomico ( lo stesso ambasciatore Ross ha auspicato “un mondo senza armi nucleari”), ma allo stesso tempo aumentando il bilancio militare per acquisire un vantaggio ancora maggiore sulle armi convenzionali, le uniche oggi utilizzabili nei vari scenari di guerra creati proprio dagli Usa. In realtà le armi atomiche a parte il loro funesto utilizzo da parte degli Stati Uniti, hanno avuto una funzione di deterrenza ed equilibrio, ma nel caso giapponese – essendo tali armi controllate da Washington – sanciscono la sovranità limitata e la dipendenza di Tokyo.
In definitiva continua in tutta evidenza lo sforzo nord-americano al mantenimento del Giappone in un ruolo subordinato evidenziato dal cambio di premier e rinforzato dallo spauracchio rappresentato da Cina e Corea del Nord; l’obiettivo – legittimare e legalizzare ed assicurare una situazione di dipendenza di fatto esistente da 65 anni – continuerà però ad incontrare sulla propria strada gli ostacoli rappresentati dagli sconvolgimenti geopolitica in atto, attraverso la definizione di nuovi equilibri tendenti ad un multipolarismo, che porteranno naturalmente i dirigenti scrupolosi e l’opinione pubblica giapponesi a ripensare le situazioni ormai non convenienti e anti-storiche.
Note:
1) Kan vuole riarmare il Giappone a fianco degli Stati Uniti http://www.eurasia-rivista.org/5401/kan-vuole-riarmare-il-giappone-a-fianco-degli-stati-uniti
2) Okinawa: la “chiave di volta” del Pacifico http://www.eurasia-rivista.org/4756/okinawa-la-chiave-di-volta-del-pacifico (da qui è possibile ricostruire seguendo i links la situazione da settembre 2009 ad oggi)
3) Okinawa in piazza contro la base USA http://www.eurasia-rivista.org/3960/okinawa-in-piazza-contro-la-base-usa
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