31 agosto 2010

Northwoods, l’11 settembre e altre pazzie

(A WHITE HOUSE OF FOOLS)
Il 12 settembre 2001, nelle conversazioni si discorreva di … Pearl Harbour! … gli avvenimenti del giorno precedente avevano provocato questo tipo di comparazione. Nel mese di dicembre del 1941, Roosvelt era a confronto con un’opinione pubblica decisamente anti interventista. Tuttavia, lui voleva la “sua” guerra. Gli eserciti dell’Asse stavano minacciando Mosca e, nella “White House”, non si poteva tollerare la disfatta dell’URSS, vale a dire, il fallimento della strategia USA-post Yalta. Il Giappone aveva a disposizione poche riserve minerali e i suoi dirigenti erano ben consapevoli che, in caso di guerra, era necessario colpire senza dare tempo. Roosevelt ne era consapevole e allora, in questa guerra tra ricchi e poveri, i primi dovevano forzare i secondi a diventare gli aggressori. Gli storici ammettono la presenza di un incontestabile e immenso interrogativo che concerne alcuni fatti torbidi relazionati con questa data cruciale, facendo pensare che l’attacco giapponese era stato desiderato, provocato, previsto da Roosvelt e la sua cerchia bellicista. Ebbene, potrebbe un presidente degli USA abbandonare così deliberatamente alle bombe nemiche le navi da guerra – anche se molto vecchie, mentre quelle nuove e funzionanti si trovavano, per fortuna!, al largo – con miglia di marinai e civili?

Esattamente fu quella la questione che aleggiava nell’etere i giorni successivi all’attentato di New York: lei crede che George Bush, un buon cristiano, avrebbe pianificato l’attacco contro le Twin Towers e la morte atroce di migliaia di visitanti? Tuttavia, giravano voci che alcune compagnie commerciali con sede in questi edifici, quel giorno avrebbero licenziato i loro impiegati e ritirato alcuni valori … Da allora, si è prodotta un’abbondante documentazione, mentre che negli stessi USA l’opinione pubblica si dibatte su questi avvenimenti e su entrambe le operazioni militari che giustificano: le invasioni dell’Afganistan e dell’Iraq. Bush desiderava, come Roosvelt nel 1941, il “suo”, per meglio dire, le “sue” guerre, dovendo giustificarle con lo stesso stratagemma? Le vittime del WTC stanno tormentando la sua coscienza più di quelle di Pearl Harbor a Roosvelt?

Tre anni prima del famoso 11 settembre a Madrid si commemorava il doloroso centenario del 1898. In quel momento la Spagna si confrontava con le sue colonie di Cuba, Puerto Rico e le Filippine in una ribellione apertamente sostenuta da Washington con il desiderio di appropriarsi dei possedimenti della grande – anche se in declino- potenza navale europea. Nonostante la crisi, la corazzata yankee USS Maine fa scalo all’Avana. Vicino a essa si trova lo yacht di W.R. Hearst, il potente magnate della stampa yankee. Nelle sue stanze di redazione era già annunciata la guerra con la Spagna. Nonostante la tensione, si esegue un cortese ricevimento agli ufficiali dell’USS Maine, liberi di gustare i piaceri dell’Avana, invece l’equipaggio, quasi tutti neri, si trova concentrato a bordo. È il 15 febbraio 1898, alle 21:40, una spaventosa esplosione distrugge la nave con 266 marinai. Immediatamente, Washington incolpa Madrid, mentre quest’ultima smentisce e offre la sua collaborazione nell’investigazione, ma Washington rifiuta. Il 28 marzo, l’US Naval Court of Inquiry di Key West dichiara che una mina navale ha provocato l’esplosione. Alla “White House” come nelle stanze di redazione di W.R. Hearst, finalmente si può annunciare la dichiarazione di guerra contro la Spagna.

In quell’altra guerra imposta dal ricco al povero, l’Armata spagnola era tecnicamente inferiore all’US Navy, il quale infligge alla Spagna una nuova Trafalgar. Sulla terraferma, le truppe spagnole infliggono sconfitte umilianti ai Rough Riders di Theodor Roosvelt, cugino dell’attore di Pearl Harbor 43 anni più tardi; senza che la qualità sminuisca la quantità.

Allora, le informazioni circolavano più lente che nell’attualità, giacché sono bastati pochi mesi dopo l’aggressione all’Iraq nel 2003 per dare conferma della totale assenza degli arsenali di distruzione di massa i quali, insieme all’attacco delle Twin Towers, adducevano a pretesto l’operazione, dovevano passare 88 anni perché, secondo una ricerca guidata nel 1976 dall’ammiraglio Hyman Rickover, si ammettesse che la causa del dramma era interna alla nave, scaturendo da un incendio che si era prodotto nella stiva dove s’immagazzinava il carbone. Dunque, una guerra per niente, senza alcun motivo! Il governo yankee propose alla Spagna dei risarcimenti, ha chiesto delle scuse?

A proposito, non esiste nessuna prova che possa riferire di un’interazione tra le due navi yankee ancorate all’Avana, ad esempio, l’ipotesi che ci sia stato un sommozzatore che esce dallo yacht di Mr. Hearst per inserire la bomba nello scafo del Maine; tuttavia, era sufficiente che Roosvelt proferisse un ordine per pianificare Pearl Harbor. Nei due casi sorge la domanda a chi possa giovare il crimine. Invece, esiste una documentazione archiviata dell’Operazione Northwoods del 1962.

Fu un anno dopo la sconfitta della Baia dei Porci e Kennedy fu accusato dalla Destra di essere un “loser” o francamente un traditore. Ancora peggio, il presidente degli USA aveva formalmente dichiarato la sua opposizione a qualsiasi azione militare contro Cuba invece, con o senza la sua approvazione, si portava avanti contro la repubblica castrista una strategia di destabilizzazione terrorista conosciuta sotto il nome di Mangoose, guidata dal generale Landsale e diretta contro le strutture commerciali e turistiche. Dunque, dando retta all’interdizione di un’azione esterna contro Cuba, lo Stato Maggiore combinato delle Forze Armate (Joint Chiefs of Staff) sotto il comando del generale Lemnitzer, concepisce il progetto di un’azione interna al territorio americano, poiché si cercava di elaborare ex nihilo un presunto terrorismo castrista che avrebbe danneggiato gli interessi degli USA, privati o politici, civili o militari, fino a tanto che la comunità dei rifugiati anticastristi cubani … nonostante che la maggioranza degli esecutori dell’operazione sarebbero stati membri di detta comunità. Il progetto consisteva cinicamente non solo nella distruzione di materiale appartenente alle “US Forces” o a organizzazioni private, ma anche l’uccisione di militari e di civili americani, di emigranti cubani anticastristi da parte di altri cubani anticastristi abbigliati con i distintivi del regime dell’Avana. In effetti, si trattava in quel momento di sviluppare un’azione terrorista nei centri urbani degli Stati Uniti, con attentati, uccidendo alla cieca innocenti, affondare in pieno mare navi colme di emigranti cubani anticastristi, sequestrare aerei, ecc.

Difatti, sembra che l’idea sia sbocciata sotto il cappello di Eisenhower, il vecchio generale che non voleva smettere il suo mandato presidenziale senza un qualsiasi colpo di scena. Il 3 gennaio 1962, pochi giorni prima dell’arrivo di John Kennedy nella “White House”, confidò al generale Lemnitzer che sarebbe stato felice se i cubani gli avrebbero dato il pretesto di qualsiasi azione decisiva contro Cuba e che se loro non l’avessero voluto, avrebbero dovuto costruire questo pretesto. L’operazione implicava l’uccisione deliberata di civili e militari yankee, di cubani anticastristi da parte dei membri delle “US Forces” appoggiati da supplementari cubani anticastristi.

Precisamente, il 20 febbraio, John Glenn doveva iniziare la sua avventura spaziale di Cape Canaveral su una nave decorata con i simboli della democrazia USA. Lemnitzer e i suoi complici, scommettendo sull’immensa popolarità del famoso cosmonauta, previdero ammazzarlo sabotando la nave: l’attentato sarebbe dovuto essere attribuito agli agenti di Fidel Castro e come immediata conseguenza la dichiarazione di guerra contro Cuba.

Simultaneamente, agenti cubani della CIA, abbigliati con uniformi dell’esercito cubano avrebbero attaccato la base della US Navy di Guantánamo, affondando una nave da guerra in una rappresentazione rinnovata dell’USS Maine. Inoltre, era anche previsto un attacco, da parte di cacciatori con coccarde cubane, di un aereo civile con studenti e turisti venezuelani o colombiani. Infine, sarebbero state sistemate delle bombe nei luoghi pubblici di grandi centri urbani americani, ammazzando centinaia di civili, così come previsto da qualsiasi azione terrorista.

Un esteso carteggio rivolto al segretario di stato McNamara lo informò di tutti i dettagli dell’operazione. Il 13 marzo alle 14:30, il generale Lemnitzer aveva un ultimo briefing con il capo delle sue operazioni speciali, il generale William H. Craig, e firmava il documento. Incontrò anche McNamara e il consigliere militare della presidenza, generale Maxwell Taylor. E il 13 marzo, il presidente Kennedy informò Lemnitzer che qualsiasi azione militare contro Cuba era inconcepibile.

Lemnitzer fu inviato in Europa, al comando supremo della NATO per “riposare”, ma i suoi collaboratori operarono fino al 1963 nel pianificare provocazioni anticubane. Nel frattempo, nel maggio 1963, il segretario aggregato al Ministero della Difesa, Paul H. Nitze, spedì un rapporto alla “White House”, con la proposta “possibile scenario, nel quale si vedrà coinvolto l’attacco di un aereo di osservazione nordamericano, passibile per giustificare effettivamente l’abbattimento del regime di Castro”. In quel caso i cubani avrebbero dovuto abbattere un aereo spia tipo U-2, la proposta del piano consisteva nello spedire altri piloti dell’aviazione americana, con l’ordine di rimanere a un’altitudine così bassa che non sarebbero potuti sfuggire dall’artiglieria antiaerea cubana, il loro “sacrificio”, era il prezzo da loro pagato per l’entrata in guerra con Cuba. All’uguale che le sanguinose e criminali divagazioni di Lemnitzer, il piano di Nitze fu rifiutato da Kennedy.

Purtroppo, sembra che Kennedy sia stata un’eccezione tra gli ospiti della “White House”, preceduto e seguito da una dinastia di bellicisti furiosi, attorniati da una casta militare che prende in considerazione, a sangue freddo, il raggiungimento dei propri scopi, provocare la morte dei suoi soldati, marinai e aviatori; e da una prospettiva più estesa, la dotazione di un’organizzazione terrorista la cui origine si vuole attribuire al regime politico che si vuole abbattere, al prezzo di migliaia di vittime civili americane. John Kennedy fu assassinato a Dallas l’anno successivo, bersaglio di una cospirazione che raggruppa i bellicisti frustrati, i mafiosi spossessati dell’asse Las Vegas – La Avana, gli usurocrati minacciati nei loro guadagni. Nessuno sa cosa sarebbe successo se la cricca dei Lemnitzer, Nitze, Lansdale avrebbe proposto le loro elucubrazioni criminali a Theodor o Franklin Roosvelt, a un Eisenhower, a un Ford, a un Nixon o persino a un George Bush. Forse, per quanto concerne quest’ultimo, l’11 settembre 2001 e i grandi fatti del suo amico di famiglia, complice nella destabilizzazione senza frontiere, sostenitore degli affari petroliferi: Osama Bin Laden, proporzionano una risposta … strepitosa.

Anche conoscendo l’odio che i wahabiti hanno nei confronti degli sciiti, i campioni in manipolazione terrorista, gli ospiti furiosi della “White House of Fools” dovrebbero essere capaci di sforzi sovrannaturali per farci credere che la Repubblica Islamica dell’Iran potrebbe avere qualche ruolo nelle operazioni del suddetto sostenitore di George Bush. Ci si può anche aspettare da parte del presidente Obama metodi ancora più sofisticati. Tuttavia, la presenza a poca distanza dalla frontiera ovest della Repubblica Bolivariana del Venezuela di un peon di Obama e mafioso narcotrafficante – familiarizzato con i metodi che hanno ucciso a Kennedy, tra altri – di basi militari yankee e d’infiltrazione di elementi paramilitari professionali della destabilizzazione; ci impone di essere pronti per ogni tipo di aggressione, manipolazione e provocazione tipica del modello di Northwoods. Loro possiedono i mezzi materiali e umani, e inoltre, la totale assenza di scrupolo morale, la bestialità e la crudeltà che costituiscono il codice interno della Mafia e, di conseguenza, degli apparati politico-militari yankee che, sin dal 1942, cooperano con quest’ultima fino a passare sotto il loro effettivo comando.

Noi, magari, vinceremo … grazie alla nostra vigilanza!
Tahir de la Nive
(trad. di V. Paglione)


Fonte: http://www.cpeurasia.eu

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