Non so quante volte ho scritto che la Nuova 500, da qualcuno definita l’auto della rinascita del marchio Fiat, negli Usa non avrebbe mai sfondato, né incontrato il consenso dei consumatori. Ve le immaginate le highway americane – terra di caccia delle autoctone muscle car dalla stazza e dai cavalli esagerati che esaudiscono pienamente i gusti un po’ kitsch e dispendiosi degli yankees - invase dal piccolo scarafaggio nostrano? La storia di Davide e Golia dovrebbe essere rivista con tutt’altro finale…
Il mito della piccola utilitaria del Lingotto ha forse toccato un’altra volta il cuore degli italiani, i quali ugualmente toccati dalla grave crisi economica sognano un boom simile a quello degli anni ’60. All’epoca si trattò di una prima manifestazione di benessere di massa in una società messasi sulla strada dell’industrializzazione con ancora indosso i pantaloni alla zuava, retaggio di una civiltà contadina avviata al tramonto.
Il gruppo di Marchionne ha giocato sul mito del passato per rilanciare la Casa torinese e piazzare il suo prodotto nel nostro Paese. Ma come ha potuto pensare, anche solo per un istante, di ottenere lo stesso effetto e gli stessi risultati sui nordamericani? Questo accade quando si fanno troppe chiacchiere, si cita Hegel per rintontire i giovani e ci si accapiglia con le proprie maestranze (segno di un eccessivo nervosismo che nasconde sicuramente grossi problemi di mercato) senza mettere sul piatto della bilancia gli esiti concreti della presunta svolta produttiva del gruppo. Sarà che il pubblico americano è ancora troppo prevenuto nei nostri confronti a causa di un vecchio cliché che, per decenni, ha descritto le autovetture del brand nostrano (sbarcate oltre atlantico già agli inizi del secolo scorso) come catorci utili ad arricchire meccanici e officine di riparazione (l’acronimo Fiat fu scherzosamente ribattezzato dagli statunitensi Fix it again Tony, cioè riparala ancora Antonio); ma non possiamo affermare che gli esordi di questa nuova avventura siano stati dei migliori. Pregiudizio o stereotipo che sia i concessionari Chrysler hanno avanzato dubbi sull’esposizione del “gioiellino” Fiat accanto ai tipici modelli del marchio americano. I car sellers d’oltreoceano hanno proposto di creare stand appositi per la 500 e si dicono fermi sul punto. Appena arrivata la creaturina degli Elkan viene subito ghettizzata…Si teme che un eventuale flop della 500 possa danneggiare l’intero parco espositivo facendo precipitare le vendite. Iniziamo proprio bene. Forse è il caso che Marchionne la smetta con la filosofia, la politica e le “pontificazioni” sul futuro per concentrarsi sul business, questi sono tempi duri per gli intellettuali o per gli pseudo tali.
Fonte: http://conflittiestrategie.splinder.com/
31 agosto 2010
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