In un breve saggio apparso sul periodico Teoria politica nel 1987 – e ripubblicato nel 2009 – Norberto Bobbio sviluppa alcune considerazioni confrontando l’ordine democratico nei singoli stati rispetto a quello vigente nel contesto internazionale. Il saggio si intitola: La democrazia dei moderni paragonata a quella degli antichi (e a quella dei posteri); ad un certo punto Bobbio prende in considerazione come fattore “critico” per la sopravvivenza della democrazia, quello “esterno” che implicherebbe - a causa della sempre maggiore intensificazione e complicazione dei rapporti politici internazionali – l’inevitabile diffondersi di soluzioni autoritarie nei singoli Stati e nei rapporti interstatuali. Il filosofo torinese così continuava il suo ragionamento:
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La quale ha inevitabilmente un contraccolpo sulla struttura del sistema interno. E’ nostra esperienza di tutti i giorni che il settore delle decisioni politiche maggiormente sottratte al dibattito pubblico, che contraddistingue la democrazia, è quello che riguarda gli affari internazionali. La politica estera è rimasta una sfera riservata, di fatto se non di diritto, all’esecutivo, ed è anche quella in cui hanno maggiore libertà di movimento i servizi segreti che sono collegati, segretamente, com’è naturale, a servizi segreti di altre nazioni in un reticolo di canali sotterranei il cui accesso è precluso al cittadino qualunque, che decade in questa situazione da sovrano a suddito. Di tutto ciò che si decide, o si trama, in questo sottosuolo il popolo sovrano non sa assolutamente nulla, e quello che sa è quasi sempre sbagliato. Vi sono due modi per non far conoscere agli altri le proprie intenzioni: non manifestarle o mentire. Sta diminuendo la fiducia nell’efficacia dell’opinione pubblica che dovrebbe essere il baluardo della democrazia. A maggior ragione c’è da dubitare dell’efficacia dell’opinione pubblica negli affari internazionali. Quando arriva a scoprire uno scandalo arriva in ritardo, come mostra quel che è avvenuto negli Stati Uniti nel corso del 1986.>>
Se scremiamo queste riflessioni dagli “articoli di fede” bobbiani sulle virtù della “democrazia”, che trapelano qua e là, esse appaiono abbastanza interessanti e in anticipo di un paio d’anni sulla svolta del 1989-1991 che ha visto il crollo del comunismo storico novecentesco; tra l’altro rilevano il cambiamento avvenuto negli equilibri internazionali, soprattutto rispetto all’area “occidentale” del periodo della cosiddetta golden age (1945-1970), durante il quale il completo predominio USA aveva permesso, oltre ad una crescita economica sostenuta e continua, una sostanziale affermazione e un aumento di prestigio delle istituzioni formalmente democratiche. Naturalmente appare implicito, nel discorso di Bobbio, il fatto che l’esecutivo può liberamente muoversi in politica estera soltanto se esso rappresenta il gruppo dei dominanti che detiene realmente la supremazia all’interno e che quindi è in grado di controllare i “corpi speciali di uomini in armi”: servizi segreti, polizia e forze armate. Nel caso italiano dove questi “corpi” sono totalmente sotto la tutela della Nato e quindi degli Stati Uniti ogni manifestazione di “autonomia” in politica estera risulterà evidentemente pericolosa e quindi incompatibile con qualsiasi pretesa di mantenere anche solo un apparenza di un sistema politico definibile come “democrazia formale”. In una situazione globale in cui vediamo avanzare un primo abbozzo di ordine multipolare - e dove per gli statunitensi la capacità di controllo delle proprie aree d’influenza risulterà limitata dalla possibilità di mobilitare le risorse “militari” proprie e quelle degli “alleati” - dobbiamo anche constatare che in questi ultimi paesi (buona parte dell’area UE tanto per intenderci) l’egemonia ideologica dovrà venire rafforzata utilizzando le leve dei media, vecchi e nuovi, e quel ceto di pseudo–intellettuali, per lo più rintanati nelle istituzioni universitarie, che da tempo stanno devastando il panorama politico-culturale di nazioni come l’Italia. Scriveva Weber nel 1918: “Tutta la politica è, nella sua essenza, lotta” e più precisamente “lotta, reclutamento di alleati e di seguaci spontanei”; in Teologia politica Carl Schmitt afferma che uno Stato detiene la sovranità solo in quanto può decidere
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Il nostro paese, l’Italia, non è uno stato sovrano perché non potrebbe “decidere” autonomamente davanti a una situazione configurabile come“stato di eccezione”. La decisione verrebbe (verrà) presa dalla potenza dominante, gli Usa.
Fonte: http://conflittiestrategie.splinder.com
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