Lo scorso 25 ottobre i ministri degli Esteri dell’Unione europea hanno scongelato la richiesta serba tesa ad integrare Belgrado nel sistema comunitario. La domanda di adesione era stata presentata dal governo Tadic lo scorso anno, quale primo passo di avvicinamento verso il percorso di piena integrazione. Sono dunque partite, a tutti gli effetti, le trattative diplomatiche fra la Commissione, i 27 membri e Belgrado. Due le questioni fondamentali sul tavolo: la prima, palese e dichiarata dall’Unione, è l’incondizionato appoggio serbo al Tribunale internazionale dell’Aja per la cattura e condanna dei generali nazionalisti Radko Mladic e Goran Hadzic. La seconda, posta sottobanco per via del veto spagnolo e greco, è il riconoscimento dell’indipendenza kosovara. Due questioni di enorme peso per un paese già umiliato e dilaniato come la Serbia.
7 novembre 2010
22 ottobre 2010
Khaled Mesh'al traccia la nuova direzione politica di HAMAS (terza parte)
Che contributo ha dato Hamas al jihad e alla lotta? Che cosa distingue il suo modello di resistenza?
Occorre innanzitutto sottolineare che Hamas in quanto movimento di resistenza contro l'occupazione sionista è parte naturale e autentica dell'esperienza della lotta palestinese, una sua estensione e uno dei suoi cicli, cominciato un centinaio di anni fa con la prima ribellione e il primo martire, con tutte le sue icone, i leader e i loro grandi sforzi – nonostante alcune avverse circostanze del loro periodo. Si tratta fra gli altri di persone quali 'Izzeddine al-Qassam, Haj Amin al-Husseini, Farhan as-Sa'adi, Abd al-Qader al-Husseini, fino alla contemporanea rivolta palestinese sollevata da tutte le sue fazioni, forze, leadership e personalità militanti. La marcia della lotta palestinese continua ancora oggi, grazie a Dio, e continuerà finché gli obiettivi del ritorno dei profughi e della liberazione dall'occupazione sionista non verranno realizzati.
Occorre innanzitutto sottolineare che Hamas in quanto movimento di resistenza contro l'occupazione sionista è parte naturale e autentica dell'esperienza della lotta palestinese, una sua estensione e uno dei suoi cicli, cominciato un centinaio di anni fa con la prima ribellione e il primo martire, con tutte le sue icone, i leader e i loro grandi sforzi – nonostante alcune avverse circostanze del loro periodo. Si tratta fra gli altri di persone quali 'Izzeddine al-Qassam, Haj Amin al-Husseini, Farhan as-Sa'adi, Abd al-Qader al-Husseini, fino alla contemporanea rivolta palestinese sollevata da tutte le sue fazioni, forze, leadership e personalità militanti. La marcia della lotta palestinese continua ancora oggi, grazie a Dio, e continuerà finché gli obiettivi del ritorno dei profughi e della liberazione dall'occupazione sionista non verranno realizzati.
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“VIVA PALESTINA” E’ A GAZA
"E’ bello essere qui con il popolo palestinese dopo i tanti ostacoli posti dagli egiziani al nostro arrivo", ha detto l’attivista Paolo Papapietro. La delegazione italiana è guidata da Alfredo Tradardi. Alla popolazione sotto embargo andranno aiuti per 5 milioni di dollari.
Gaza, 22 ottobre 2010, Nena News – Per fortuna non ci sono stati ulteriori impedimenti egiziani e il convoglio «VivaPalestina 5», giunto mercoledi’ notte al porto di El Arish (Sinai settentrionale) a bordo di un cargo greco, ieri pomeriggio ha finalmente fatto il suo ingresso nella Striscia di Gaza.
I 370 attivisti di «Viva Palestina» sono stato accolti con gioia e grandi onori dalla popolazione di Gaza che nel loro arrivo legge l’interesse che la societa’ civile internazionale continua ad avere per la condizione della Striscia stretta nella morsa del blocco israeliano (ed egiziano), in opposizione alla linea attuata da tanti governi di sostegno incondizionato alle politiche di Tel Aviv. «E’ esaltante essere qui a Gaza, tra i palestinesi, dopo aver penato tanto per persuadere gli egiziani a lasciarci arrivare a el Arish», ha commentato al suo ingresso a Gaza Paolo Papapietro, dell’Associazione Loe di Matera. «Gli egiziani hanno creati ostacoli di ogni genere costringendoci a rimanere per oltre due settimane a Latakiya (Siria) ma alla fine siamo riusciti a raggiungere i palestinesi di Gaza sotto assedio», ha aggiunto l’attivista italiano.
I 370 attivisti di «Viva Palestina» sono stato accolti con gioia e grandi onori dalla popolazione di Gaza che nel loro arrivo legge l’interesse che la societa’ civile internazionale continua ad avere per la condizione della Striscia stretta nella morsa del blocco israeliano (ed egiziano), in opposizione alla linea attuata da tanti governi di sostegno incondizionato alle politiche di Tel Aviv. «E’ esaltante essere qui a Gaza, tra i palestinesi, dopo aver penato tanto per persuadere gli egiziani a lasciarci arrivare a el Arish», ha commentato al suo ingresso a Gaza Paolo Papapietro, dell’Associazione Loe di Matera. «Gli egiziani hanno creati ostacoli di ogni genere costringendoci a rimanere per oltre due settimane a Latakiya (Siria) ma alla fine siamo riusciti a raggiungere i palestinesi di Gaza sotto assedio», ha aggiunto l’attivista italiano.
Fotovoltaico energia del futuro Ma dove metteremo i pannelli “esausti”?
Smaltimento "eco" dei materiali: "Bisogna responsabilizzare i produttori, ne va della credibilità della green economy". Sarebbe vantaggioso, a livello economico oltre che ambientale, recuperare i materiali dei moduli, inclusi quelli tossici. In Europa qualcosa si muove
Il fotovoltaico è in forte ascesa tra i metodi per produrre energia da fonti rinnovabili. Ma che cosa succede quando i pannelli solari completano il loro ciclo di utilizzo? Una volta “vecchi”, finiranno in discarica? Emblema della tecnologia pulita, potrebbero presto diventare “troppi” se non si saprà come smaltirli. Nati per dare respiro ecologico alla produzione energetica, i pannelli rischiano di aggiungersi alle tonnellate di rifiuti di un’industria, quella elettronica, votata a un livello di innovazione sempre più veloce. “E’ il momento di pensare a una soluzione”, avverte Sheila Davis dalla Silicon Valley: “Bisogna agire alla fonte responsabilizzando i produttori, in modo che prevedano fin dall’inizio la sorte finale di ciascun pannello, a cominciare dalla chimica dei suoi componenti. Ne va credibilità della green economy”.
Il fotovoltaico è in forte ascesa tra i metodi per produrre energia da fonti rinnovabili. Ma che cosa succede quando i pannelli solari completano il loro ciclo di utilizzo? Una volta “vecchi”, finiranno in discarica? Emblema della tecnologia pulita, potrebbero presto diventare “troppi” se non si saprà come smaltirli. Nati per dare respiro ecologico alla produzione energetica, i pannelli rischiano di aggiungersi alle tonnellate di rifiuti di un’industria, quella elettronica, votata a un livello di innovazione sempre più veloce. “E’ il momento di pensare a una soluzione”, avverte Sheila Davis dalla Silicon Valley: “Bisogna agire alla fonte responsabilizzando i produttori, in modo che prevedano fin dall’inizio la sorte finale di ciascun pannello, a cominciare dalla chimica dei suoi componenti. Ne va credibilità della green economy”.
21 ottobre 2010
FarmVille e la privacy perduta
Le applicazioni di Facebook servono per acquisire i dati personali degli utenti da parte di aziende terze. PeaceReporter ha intervistato l'avvocato Daniele Minotti, esperto di reati informatici.
Un'inchiesta del Wall Street Journal ha rivelato che molte fra le più popolari applicazioni di Facebooksarebbero state usate per inviare informazioni riservate degli utenti a decine di società terze che, a loro volta, le utilizzerebbero per scopi commerciali. In pratica, chiunque passi il tempo a giocare a FarmVille, circa 59 milioni di utenti nel mondo, sarebbe soggetto a una possibile cessione non consentita dei propri dati. Al centro dell'inchiesta ci sono altre aplicazioni famose come Texas Hold'em Poker, 36 milioni di utenti, e Mafia Wars, 21 milioni di utenti. Il giro delle generalità coinvolgerebbe non solo coloro che giocano in prima persona ma anche i loro amici, in un circuito da mezzo miliardo di persone e oltre 550mila applicazioni. "Non tutte prodotte da Facebook" sottolineano i portavoce del social-network che promettono di aumentare i controlli. Ma la creatura nata dalla mente di Mark Zuckerberg, che solo quest'anno ha fatturato 1.1 miliardi di dollari, si dimostra sempre più come una scheggia impazzita nel panorama del world wide web. Il governo di Washington ha già promesso controlli stretti per evitare il pericolo terrorismo e oggi, chi si diverte nella fattoria virtuale, può vedersi rubare i dati. Cosa accade al sito delle facce? PeaceReporter lo ha chiesto a Daniele Minotti, avvocato penalista specializzato in reati informatici e nuove tecnologie.
Un'inchiesta del Wall Street Journal ha rivelato che molte fra le più popolari applicazioni di Facebooksarebbero state usate per inviare informazioni riservate degli utenti a decine di società terze che, a loro volta, le utilizzerebbero per scopi commerciali. In pratica, chiunque passi il tempo a giocare a FarmVille, circa 59 milioni di utenti nel mondo, sarebbe soggetto a una possibile cessione non consentita dei propri dati. Al centro dell'inchiesta ci sono altre aplicazioni famose come Texas Hold'em Poker, 36 milioni di utenti, e Mafia Wars, 21 milioni di utenti. Il giro delle generalità coinvolgerebbe non solo coloro che giocano in prima persona ma anche i loro amici, in un circuito da mezzo miliardo di persone e oltre 550mila applicazioni. "Non tutte prodotte da Facebook" sottolineano i portavoce del social-network che promettono di aumentare i controlli. Ma la creatura nata dalla mente di Mark Zuckerberg, che solo quest'anno ha fatturato 1.1 miliardi di dollari, si dimostra sempre più come una scheggia impazzita nel panorama del world wide web. Il governo di Washington ha già promesso controlli stretti per evitare il pericolo terrorismo e oggi, chi si diverte nella fattoria virtuale, può vedersi rubare i dati. Cosa accade al sito delle facce? PeaceReporter lo ha chiesto a Daniele Minotti, avvocato penalista specializzato in reati informatici e nuove tecnologie.
VENTI DI GUERRA?
Il grande successo riscosso dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad in occasione della sua recente visita in Libano ha senza ombra di dubbio elevato il livello di tensione internazionale. "La visita deve preoccupare l'Europa", ha immediatamente tuonato l'ormai arcinoto ambasciatore israeliano in Italia Gideon Meir, aggiungendo che si tratterebbe del "Primo passo dell’islamizzazione del Libano e quindi dell’iranizzazione dell’intero Medio Oriente. E' un segnale dall’allarme per l’Europa. I missili che l’Iran sviluppa sono sufficienti per colpire Israele, ma anche per colpire Roma o l’Europa”.
C'è poco da stupirsi, abituato come è a fare i conti in tasca agli altri paesi, senza che questi ultimi si azzardino a proferir parola di protesta, Israele non ha fatto altro che replicare agli "alleati" (sic!) le proprie consolidatissime idiosincrasie. A valutare attentamente la situazione si scopre, tuttavia, che l'Europa ha tutto l'interesse a lasciare che l'Iran assurga a bastione, a paese egemonico nell'intera area mediorientale. Oltre al fatto che Germania ed Italia sono pur sempre i suoi maggiori partners commerciali, il motivo reale per cui l'Iran ha assunto un ruolo cruciale nei destini dell'Europa risiede nella decisione del presidente Mahmoud Ahmadinejad di indicizzare il prezzo del petrolio secondo i parametri dell'Euro anziché del dollaro.
C'è poco da stupirsi, abituato come è a fare i conti in tasca agli altri paesi, senza che questi ultimi si azzardino a proferir parola di protesta, Israele non ha fatto altro che replicare agli "alleati" (sic!) le proprie consolidatissime idiosincrasie. A valutare attentamente la situazione si scopre, tuttavia, che l'Europa ha tutto l'interesse a lasciare che l'Iran assurga a bastione, a paese egemonico nell'intera area mediorientale. Oltre al fatto che Germania ed Italia sono pur sempre i suoi maggiori partners commerciali, il motivo reale per cui l'Iran ha assunto un ruolo cruciale nei destini dell'Europa risiede nella decisione del presidente Mahmoud Ahmadinejad di indicizzare il prezzo del petrolio secondo i parametri dell'Euro anziché del dollaro.
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Khaled Mesh'al traccia la nuova direzione politica di HAMAS (seconda parte)
Hamas e la resistenza, Hamas e i cristiani, Hamas e le donne
(la prima parte di questa intervista al quotidiano Al-Sabeel è stata pubblicata il 2 ottobre)
Hamas, allineamenti ed assi
In anni recenti, lo scenario arabo ha visto il crearsi di una serie di assi e allineamenti. Hamas è stato classificato da alcuni lungo l'asse del “rifiuto”. Come vede lei il fatto che questa situazione domini la scena politica araba? In che posizione si vede lei personalmente al riguardo? E ritiene che questa situazione sia a favore degli interessi della nazione?
Risponderò a questa domanda da tre angolazioni.
Prima angolazione: esiste un genere di raggruppamento riprovevole, ed uno degno di lode. Il primo è, ad esempio, un'assemblea convocata su basi razziali o seguendo idee nazionaliste ristrette per opporsi ad altri popoli. Questo genere di schieramenti invoca fattori di categorizzazione e di allineamento interno a livello del Paese o della nazione.
Ma se le persone si riuniscono per fare del bene, per sostenere il popolo palestinese, resistere il nemico sionista, sfidare la normalizzazione, resistere ai tentativi dei nemici d'infiltrarsi all'interno della nazione, affrontare l'egemonia americana e l'occupazione dell'Iraq e dell'Afghanistan e impedire che la nazione venga derubata delle sue ricchezze, tutto questo rappresenta la base per creare un raggruppamento degno di lode, che non può essere paragonato al primo.
(la prima parte di questa intervista al quotidiano Al-Sabeel è stata pubblicata il 2 ottobre)
Hamas, allineamenti ed assi
In anni recenti, lo scenario arabo ha visto il crearsi di una serie di assi e allineamenti. Hamas è stato classificato da alcuni lungo l'asse del “rifiuto”. Come vede lei il fatto che questa situazione domini la scena politica araba? In che posizione si vede lei personalmente al riguardo? E ritiene che questa situazione sia a favore degli interessi della nazione?
Risponderò a questa domanda da tre angolazioni.
Prima angolazione: esiste un genere di raggruppamento riprovevole, ed uno degno di lode. Il primo è, ad esempio, un'assemblea convocata su basi razziali o seguendo idee nazionaliste ristrette per opporsi ad altri popoli. Questo genere di schieramenti invoca fattori di categorizzazione e di allineamento interno a livello del Paese o della nazione.
Ma se le persone si riuniscono per fare del bene, per sostenere il popolo palestinese, resistere il nemico sionista, sfidare la normalizzazione, resistere ai tentativi dei nemici d'infiltrarsi all'interno della nazione, affrontare l'egemonia americana e l'occupazione dell'Iraq e dell'Afghanistan e impedire che la nazione venga derubata delle sue ricchezze, tutto questo rappresenta la base per creare un raggruppamento degno di lode, che non può essere paragonato al primo.
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VENEZUELA E IRÁN REVISAN SITUACIÓN GEOPOLÍTICA Y FORTALECIMIENTO DEL MUNDO PLURIPOLAR
A su llegada a la ciudad de Teherán, capital de la República Islámica de Irán, el jefe de Estado venezolano, Hugo Chávez Frías, anuncia que sostendrá una reunión con su homólogo iraní Mahmud Ahmadineyad, para revisar un conjunto de nuevos acuerdos y conversar sobre la situación geopolítica a fin de fortalecer el mundo pluripolar.
Durante una breve entrevista ofrecida a los medios de comunicación en tierra persa, el dignatario nacional reflexiona sobre las recientes pretensiones que el imperialismo genera en la región islámica y sobre las sanciones aplicadas al pueblo de Irán, razón por la cual ratifica la solidaridad plena de la Revolución Bolivariana con los iraníes.
Coloni israeliani appiccano il fuoco ad una scuola palestinese
Nablus - InfoPal. Questa mattina all'alba, un gruppo di coloni israeliani ha appiccato il fuoco alla scuola di Sawiyaah, istituto superiore femminile situato a sud di Nablus.
Dopo aver rotto le serrature, i coloni israeliani si sono introdotti nell'edificio, hanno incendiato finestre e forniture degli interni, attrezzature sportive.
Dietro si sono lasciati scritte razziste firmandosi "movimento ebraico estremista".
Moschee, scuole e terreni agricoli vengono distrutti deliberatamente dai coloni di Israele nell'area di Nablus, a nord della Cisgiordania occupata.
Ogni giorno avanzano territorialmente mentre crescono in brutalità le espressioni dei loro attacchi contro la popolazione palestinese.
Fonte: http://www.infopal.it
Strategie israeliane di accerchiamento della Turchia
Il ministro degli Esteri greco, Dimitris Droutsas, ha in questi giorni visitato Gerusalemme, dove ha incontrato il primo ministro israeliano Netanyahu, il ministro degli Esteri Lieberman, il ministro della Difesa Barak e perfino il capo dell’opposizione Tzipi Livni.
È un altro segnale del riavvicinamento tra Grecia e Israele, a conferma del precedente (agosto) incontro fra Netanyahu e il primo ministro ellenico Papandreou: nell’occasione per la prima volta un capo di governo israeliano giungeva in visita ufficiale ad Atene. Nelle scorse settimane, d’altra parte, esercitazioni aeree congiunte dei due Paesi si tenevano nel Peloponneso e al largo di Creta.
E proprio nei giorni scorsi Papandreou si è adoperato per favorire un riavvicinamento tra Turchia e Israele, premendo per un incontro diretto tra Erdoğan e Netanyahu in occasione della conferenza sui cambiamenti climatici che si terrà venerdì 22 ottobre ad Atene; il primo ministro turco non si è fatto incantare, preannunciando che rinuncerà a partecipare alla conferenza se sarà presente Netanyahu: “Un primo ministro che si dice fiero dell’attacco militare alla flottiglia degli aiuti umanitari è un primo ministro con il quale non intendo discutere”.
E proprio nei giorni scorsi Papandreou si è adoperato per favorire un riavvicinamento tra Turchia e Israele, premendo per un incontro diretto tra Erdoğan e Netanyahu in occasione della conferenza sui cambiamenti climatici che si terrà venerdì 22 ottobre ad Atene; il primo ministro turco non si è fatto incantare, preannunciando che rinuncerà a partecipare alla conferenza se sarà presente Netanyahu: “Un primo ministro che si dice fiero dell’attacco militare alla flottiglia degli aiuti umanitari è un primo ministro con il quale non intendo discutere”.
16 ottobre 2010
Il cornetto acustico degli spioni israeliani
Antenne ad Urim |
A una trentina di chilometri dalla prigione di Beer-Sheva - dove i passeggeri della «flottiglia per Gaza» furono per breve tempo detenuti dopo il sanguionoso assalto del 31 maggio scorso - , in direzione della striscia di Gaza, si trova la postazione di spionaggio più importante di Israele. Questa base, mai scoperta fino a ora, è costituita da un sistema di antenne satellitari che intercettano in segreto chiamate telefoniche, e-mail e ogni altro genere di comunicazione proveniente dal Medioriente, dall'Europa, dall'Africa e dall'Asia.
La potenza di Israele nella regione è spesso associata alle sue forze armate, al suo arsenale nucleare e ai suoi servizi segreti (Mossad).
Da dove arrivano i soldi dei taleban?
Mentre gli afghani si preparano a eleggere il parlamento, il sito Wikileaks ha reso pubblici nuovi documenti a conferma dell'impasse occidentale in Afghanistan. Malgrado ciò, il Congresso americano ha stanziato altri 59 miliardi di dollari per finanziare la guerra. Fondi che in parte rischiano di finire nelle tasche dei taleban.
Hajji Mohammad Shah non ha avuto fortuna. L'anno scorso, aveva iniziato la costruzione di una strada nei dintorni di Kunduz, nel nord dell'Afghanistan: venticinque chilometri che dovevano permettere ai contadini del distretto di Chahar Dara di andare a vendere i loro prodotti al mercato del capoluogo. Costo del progetto: 63.600 euro, forniti dalla Banca asiatica per lo sviluppo. Non appena cominciati i lavori, un talebano si è presentato al consiglio degli anziani del distretto, i promotori dell'operazione, chiedendo il pagamento di un contributo. Questi hanno versato 13.900 euro per evitare che la strada venisse distrutta ancor prima di essere finita. Poi si è presentato un secondo emissario: hanno pagato di nuovo. Al terzo postulante, hanno spiegato di non avere più soldi. Risultato: un giorno di marzo del 2010, mentre Shah ritornava dalla pausa pranzo in città, ha trovato gli operai presi in ostaggio da uomini armati, e dieci dei suoi mezzi bruciati. Le perdite ammontano a 176.000 euro. Può sempre tentare di ricorrere alla sua assicurazione...
Hajji Mohammad Shah non ha avuto fortuna. L'anno scorso, aveva iniziato la costruzione di una strada nei dintorni di Kunduz, nel nord dell'Afghanistan: venticinque chilometri che dovevano permettere ai contadini del distretto di Chahar Dara di andare a vendere i loro prodotti al mercato del capoluogo. Costo del progetto: 63.600 euro, forniti dalla Banca asiatica per lo sviluppo. Non appena cominciati i lavori, un talebano si è presentato al consiglio degli anziani del distretto, i promotori dell'operazione, chiedendo il pagamento di un contributo. Questi hanno versato 13.900 euro per evitare che la strada venisse distrutta ancor prima di essere finita. Poi si è presentato un secondo emissario: hanno pagato di nuovo. Al terzo postulante, hanno spiegato di non avere più soldi. Risultato: un giorno di marzo del 2010, mentre Shah ritornava dalla pausa pranzo in città, ha trovato gli operai presi in ostaggio da uomini armati, e dieci dei suoi mezzi bruciati. Le perdite ammontano a 176.000 euro. Può sempre tentare di ricorrere alla sua assicurazione...
15 ottobre 2010
COME ERAVAMO
"In verità Allah non modifica il destino di un popolo finché esso non muta nel suo intimo"
Corano, sura XIII - Ar'rad (Il Tuono)
Durante il discorso di Ahmadinejad all’ONU ho provato una terribile invidia per gli iraniani. E non perché siano iraniani o perché la loro società e la loro cultura mi sembrino preferibili alla mia. Conosco troppo poco il loro paese per poter dire se si viva meglio qui o da loro. Di una cosa, però, adesso sono sicuro: loro sono un paese. E questo è molto di più di quanto si possa dire di qualsiasi entità politico-territoriale esistente in Europa. L’Iran è uno stato nazionale che può esercitare ed esercita, nel bene e nel male, tutte le prerogative della propria sovranità. Possiede una cultura autoctona, di cui va fiero. Talmente fiero che non ha neppure bisogno di spiegarla al resto del mondo. Nel corso della perdurante campagna di criminalizzazione della Repubblica Islamica, l’occidente ha raccontato sugli usi e i costumi dell’Iran tali e tante frottole che non basterebbe un saggio per elencarle tutte. Solo sul caso Sakineh sono state dette tante assurdità da riempire un capitolo di una quarantina di pagine. Si è parlato di lapidazioni, che in Iran non esistono più dal 2002, senza dire che il periodo d’oro delle lapidazioni in Iran è stato quello dello Scià,
Israele, caduta libera
Per avere la cittadinanza sarà adesso necessario giurare lealtà a Israele "in quanto stato ebraico e democratico"
''E poi, cosa mai significa stato ebraico?'', si domanda perplesso Gideon Levy. "Uno stato che appartiene agli ebrei della diaspora più che ai suoi cittadini arabi? Saranno loro a decidere il nostro destino, insieme agli ultraortodossi contrari all'esistenza di Israele, e questa sarà ancora chiamata una democrazia? Cosa è ebraico? Lo shabbat? La cucina kosher? L'influenza ogni giorno più forte delle autorità religiose? Non conosco tre ebrei che concordino su cosa sia uno stato ebraico. Eppure la Knesset è in procinto di discutere una ventina di altri disegni di legge simili a questo: un giuramento di lealtà per i deputati, limitazioni alle attività delle organizzazioni non governative, la trasformazione in reato della commemorazione della nakbah, il divieto di promuovere un boicottaggio. L'istituto della revoca della cittadinanza. Fino a quando di Israele non sarà rimasto che uno stato ebraico in un senso che nessuno realmente comprende, ma certo non uno stato democratico. Democrazia non significa governo della maggioranza. Significa tutela delle minoranze".
Un'iniziativa controversa. La modifica alla legislazione sulla cittadinanzaapprovata in consiglio dei ministri, e adesso inviata alla Knesset per la sua definitiva adozione, impone agli immigrati di giurare lealtà non più semplicemente allo stato di Israele, ma allo stato di Israele "in quanto stato ebraico e democratico". Scalpellata dal ministro della Giustizia Ya'akov Ne'eman, la nuova formula è il tributo pagato alla destra di Avigdor Lieberman: "Niente lealtà, niente cittadinanza", è stato il pilastro della sua campagna elettorale. Ma l'emendamento, che nella proposta originaria includeva anche l'aggettivo "sionista", ha infiammato critiche trasversali. BenjaminNetanyhau per primo avrebbe preferito un riferimento esplicito a Israele "in quanto stato del popolo ebraico che garantisce piena eguaglianza a tutti i cittadini": non per arginare la contestazione della minoranza araba, oggi il diciotto per cento della popolazione, che ha bollato l'emendamento come "razzista e fascista: nessuno stato al mondo pretende dai propri cittadini l'adesione a un'ideologia", ha dichiarato Azmi Bishara - ma piuttosto per arginare la contestazione della stessa destra.
''E poi, cosa mai significa stato ebraico?'', si domanda perplesso Gideon Levy. "Uno stato che appartiene agli ebrei della diaspora più che ai suoi cittadini arabi? Saranno loro a decidere il nostro destino, insieme agli ultraortodossi contrari all'esistenza di Israele, e questa sarà ancora chiamata una democrazia? Cosa è ebraico? Lo shabbat? La cucina kosher? L'influenza ogni giorno più forte delle autorità religiose? Non conosco tre ebrei che concordino su cosa sia uno stato ebraico. Eppure la Knesset è in procinto di discutere una ventina di altri disegni di legge simili a questo: un giuramento di lealtà per i deputati, limitazioni alle attività delle organizzazioni non governative, la trasformazione in reato della commemorazione della nakbah, il divieto di promuovere un boicottaggio. L'istituto della revoca della cittadinanza. Fino a quando di Israele non sarà rimasto che uno stato ebraico in un senso che nessuno realmente comprende, ma certo non uno stato democratico. Democrazia non significa governo della maggioranza. Significa tutela delle minoranze".
Un'iniziativa controversa. La modifica alla legislazione sulla cittadinanzaapprovata in consiglio dei ministri, e adesso inviata alla Knesset per la sua definitiva adozione, impone agli immigrati di giurare lealtà non più semplicemente allo stato di Israele, ma allo stato di Israele "in quanto stato ebraico e democratico". Scalpellata dal ministro della Giustizia Ya'akov Ne'eman, la nuova formula è il tributo pagato alla destra di Avigdor Lieberman: "Niente lealtà, niente cittadinanza", è stato il pilastro della sua campagna elettorale. Ma l'emendamento, che nella proposta originaria includeva anche l'aggettivo "sionista", ha infiammato critiche trasversali. BenjaminNetanyhau per primo avrebbe preferito un riferimento esplicito a Israele "in quanto stato del popolo ebraico che garantisce piena eguaglianza a tutti i cittadini": non per arginare la contestazione della minoranza araba, oggi il diciotto per cento della popolazione, che ha bollato l'emendamento come "razzista e fascista: nessuno stato al mondo pretende dai propri cittadini l'adesione a un'ideologia", ha dichiarato Azmi Bishara - ma piuttosto per arginare la contestazione della stessa destra.
14 ottobre 2010
In Sicilia i super-droni spia: diventerà il centro per il controllo del Medio Oriente
I primi droni Global Hawk sono atterrati pochi giorni fa nella base americana di Sigonella dando inizio ad un dispiegamento destinato a fare della Sicilia una postazione avanzata per la sorveglianza elettronica di un’area geografica molto vasta, da Gibilterra all’Afghanistan, coprendo l’intero continente africano fino all’Oceano Indiano.
Se l’accordo fra Italia e Stati Uniti sui super-droni risale a circa due anni fa, a dare l’annuncio dell’arrivo dei droni a Sigonella è stato William Fraser, responsabile dell’Air Combat Command del Pentagono, spiegando che i tempi coincidono con un analogo dispiegamento nell’isola di Guam, territorio americano nell’Oceano Pacifico, e il primario intento è adoperarli per «sostenere le operazioni delle truppe in Iraq e Afghanistan».
Se l’accordo fra Italia e Stati Uniti sui super-droni risale a circa due anni fa, a dare l’annuncio dell’arrivo dei droni a Sigonella è stato William Fraser, responsabile dell’Air Combat Command del Pentagono, spiegando che i tempi coincidono con un analogo dispiegamento nell’isola di Guam, territorio americano nell’Oceano Pacifico, e il primario intento è adoperarli per «sostenere le operazioni delle truppe in Iraq e Afghanistan».
Come è rinverdito il Sahel
ESPERIENZE INEDITE DI AGROFORESTERIA
In Niger, circa la metà della popolazione rischia la carestia; in Ciad, il limite di guardia è superato. Impennata dei prezzi, siccità, riduzione dell'aiuto internazionale spiegano in parte l'attuale disastro. Eppure, nuove tecniche agricole hanno trasformato alcuni spazi semidesertici in terre più produttive. Esperienze limitate, ma da seguire con attenzione.
In Burkina Faso, nell'Africa occidentale. Il sole tramonta al termine di un'altra giornata di caldo opprimente. Ma qui, nell'azienda di Yacuba Sawadogo, l'aria è nettamente più fresca. Accetta in spalla, questo agricoltore dalla barba grigia si aggira per i suoi boschi e campi con la disinvoltura di un uomo molto più giovane. Sawadogo, che non sa leggere né scrivere, è però un pioniere in materia di agroforesteria, un metodo fondato sull'integrazione degli alberi nel sistema di produzione agricola. Questa tecnica, che negli ultimi anni ha trasformato il Sahel occidentale, costituisce uno degli esempi più promettenti del modo in cui popolazioni povere possono far fronte al cambiamento climatico.
In Niger, circa la metà della popolazione rischia la carestia; in Ciad, il limite di guardia è superato. Impennata dei prezzi, siccità, riduzione dell'aiuto internazionale spiegano in parte l'attuale disastro. Eppure, nuove tecniche agricole hanno trasformato alcuni spazi semidesertici in terre più produttive. Esperienze limitate, ma da seguire con attenzione.
In Burkina Faso, nell'Africa occidentale. Il sole tramonta al termine di un'altra giornata di caldo opprimente. Ma qui, nell'azienda di Yacuba Sawadogo, l'aria è nettamente più fresca. Accetta in spalla, questo agricoltore dalla barba grigia si aggira per i suoi boschi e campi con la disinvoltura di un uomo molto più giovane. Sawadogo, che non sa leggere né scrivere, è però un pioniere in materia di agroforesteria, un metodo fondato sull'integrazione degli alberi nel sistema di produzione agricola. Questa tecnica, che negli ultimi anni ha trasformato il Sahel occidentale, costituisce uno degli esempi più promettenti del modo in cui popolazioni povere possono far fronte al cambiamento climatico.
Cavie umane in Guatemala
Commissioni specializzate, un'equipe di esperti che valutino la richiesta danni e tanta indignazione. Questa la reazione del paese all'ammissione shock degli Usa sugli esperimenti scientifici fatti su 696 guatemaltechi fra il 1946 e il 1948
Commissioni specializzate, un'equipe di esperti che valutino la richiesta danni e eventuali risarcimenti ai familiari delle vittime e tanta indignazione. Questa è la reazione del Guatemala all'ammissione shock rilasciata dal governo degli Stati Uniti sugli esperimenti scientifici eseguiti da un'equipe medica a stelle e strisce su 696 guatemaltechi fra il 1946 e il 1948. Il tutto ingannando i destinatari, ignari di essere diventati lecavie umane prescelte per comprovare la validità della penicillina nelle malattie a trasmissione sessuale.
Macchine da guerra: Blackwater, Monsanto e Bill Gates
Un reportage di Jeremy Scahill edito en The Nation (Blackwater’s Black Ops,15/9/2010, ha rivelato che l’esercito mercenario più grande del mondo, Blackwater, ora chiamato Xe Services, ha venduto servizi clandestini di spionaggio alla transnazionale Monsanto. Blackwater ha cambiato nome in 2009, dopo essere diventata famosa nel mondo per le denunce sui suoi abusi in Iraq, compresi massacri di civili. Continua ad essere il maggiore appaltatore privato del Dipartimento di Stato di Stati Uniti in servizi di sicurezza, cioè per praticare il terrorismo di Stato dando al governo la possibilità di negarlo.
Molti militari ed ex ufficiali della CIA lavorano per Blackwater o alcuna delle imprese vincolate che ha creato per deviare l’attenzione della sua brutta fama e avere più guadagni vendendo i suoi nefasti servizi ad altri governi, banche ed imprese transnazionali. Secondo Scahill gli affari con le transnazionali –come Monsanto, Chevron, e giganti finanziari come Barclays y Deutsche Bank– si canalizzano attraverso due imprese che sono proprietà di Erik Prince, padrone di Blackwater: Totale Intelligence Solutions y Terrorism Research Center. Queste condividono ufficiali e dirigenti di Blackwater.
Mineros, mapuches
Foglio esibito dai minatori, ma censurato |
Le immagini della liberazione dei minatori cileni dalle viscere della terra stanno scandendo il ritmo di questa giornata che si misurerà in trentatreesimi, fino all'ultimo lavoratore che uscirà dalla capsula con gli speciali occhiali da sole che stiamo imparando a conoscere.
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Ahmadinejad in Libano: versione integrale di discorso allo stadio al Raya di Dhahiya
Come promesso in precedenza ecco la versione integrale del discorso pronunciato mercoledi 13 Ottobre dal presidente iraniano Ahmadinejad dinanza a decine di migliaia di persone allo stadio Al-Raya della zona di Dhahiya di Beirut. Il discorso che ha mandato in delirio la folla e che ha indotto i presenti a numerosi interminabili applausi, soprattutto per via di alcune frasi pronunciate in uno scorrevole arabo dal presidente iraniano.
“Il Libano è la culla del monoteismo e della libertà, la scuola del sacrificio e della resistenza dinanzi ai prepotenti del mondo ed il simbolo della Jihad e della gloria. Il Libano è la bandiera issata della dignità e dell’indipendenza e la pietra preziosa dell’anello della regione, è la bellezza del pensiero, la purezza dello spirito ed il cuore d’oro del popolo di questo paese è accanto alla bellezza naturale di questa nazione, un miscuglio senza eguali ed un grande dono divino.
Visitare il “Libano dignitoso” ed incontrare i responsabili ed il popolo di questo paese è per me come un dolce sogno che si avvera. Io sono venuto qui partendo dalla terra dell’Imam Khomeini, per portarvi i migliori saluti del popolo iraniano e testimoniare l’affetto di questo popolo e del suo sommo leader nei vostri confronti. La pace di Dio sia sul popolo del Libano e tutti i grandi uomini di questo e tutte le etnie e la pace di Dio sì su tutti gli intellettuali, gli scienziati, gli artisti e soprattutto i giovani di questa naziona, i difensori della dignità e dell’indipendenza del paese.
“Il Libano è la culla del monoteismo e della libertà, la scuola del sacrificio e della resistenza dinanzi ai prepotenti del mondo ed il simbolo della Jihad e della gloria. Il Libano è la bandiera issata della dignità e dell’indipendenza e la pietra preziosa dell’anello della regione, è la bellezza del pensiero, la purezza dello spirito ed il cuore d’oro del popolo di questo paese è accanto alla bellezza naturale di questa nazione, un miscuglio senza eguali ed un grande dono divino.
Visitare il “Libano dignitoso” ed incontrare i responsabili ed il popolo di questo paese è per me come un dolce sogno che si avvera. Io sono venuto qui partendo dalla terra dell’Imam Khomeini, per portarvi i migliori saluti del popolo iraniano e testimoniare l’affetto di questo popolo e del suo sommo leader nei vostri confronti. La pace di Dio sia sul popolo del Libano e tutti i grandi uomini di questo e tutte le etnie e la pace di Dio sì su tutti gli intellettuali, gli scienziati, gli artisti e soprattutto i giovani di questa naziona, i difensori della dignità e dell’indipendenza del paese.
Flotilla Italia: comunicato terza assemblea nazionale
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L’assedio di Gaza deve finire. L’oppressione del popolo palestinese deve finire. Il mondo intero deve aprire finalmente gli occhi davanti al crimine di un milione e mezzo di persone rinchiuse nel più grande campo di concentramento mai conosciuto nella storia.
Anche se i mezzi di informazione parlano d’altro, il dramma della popolazione rinchiusa nella Striscia continua. Gaza è davanti a noi ed è il luogo dove oggi si consuma l’oppressione più grande, l’ingiustizia più manifesta. Stare fermi non è possibile, agire è necessario!
L’assedio di Gaza deve finire. L’oppressione del popolo palestinese deve finire. Il mondo intero deve aprire finalmente gli occhi davanti al crimine di un milione e mezzo di persone rinchiuse nel più grande campo di concentramento mai conosciuto nella storia.
Anche se i mezzi di informazione parlano d’altro, il dramma della popolazione rinchiusa nella Striscia continua. Gaza è davanti a noi ed è il luogo dove oggi si consuma l’oppressione più grande, l’ingiustizia più manifesta. Stare fermi non è possibile, agire è necessario!
10 ottobre 2010
Nota sul fallito colpo di Stato in Ecuador
Cosa è avvenuto ieri in Ecuador? È avvenuto un tentativo di colpo di Stato
Non si è trattato di “una crisi istituzionale”, come hanno riferito diversi mezzi di informazione in America Latina, come se ciò che è accaduto costituisse un conflitto di giurisdizioni fra il potere Esecutivo e quello Legislativo, e non un’aperta insurrezione di un ramo dell’Esecutivo, la Polizia Nazionale, i cui effettivi costituiscono un piccolo esercito di 40.000 uomini, contro il Comandante in capo delle Forze Armate dell’Ecuador, che non è altro che il loro presidente legittimamente eletto.
Non si è trattato di “una crisi istituzionale”, come hanno riferito diversi mezzi di informazione in America Latina, come se ciò che è accaduto costituisse un conflitto di giurisdizioni fra il potere Esecutivo e quello Legislativo, e non un’aperta insurrezione di un ramo dell’Esecutivo, la Polizia Nazionale, i cui effettivi costituiscono un piccolo esercito di 40.000 uomini, contro il Comandante in capo delle Forze Armate dell’Ecuador, che non è altro che il loro presidente legittimamente eletto.
Tanto meno, si è trattato di ciò che Arturo Valenzuela, segretario aggiunto per gli Affari Inter-Americani del Dipartimento di Stato, ha definito come “un atto di indisciplina della polizia”. Questo fatto, sarebbe stato caratterizzato in questo modo, se l’equivalente statunitense della Polizia Nazionale dell’Ecuador avesse aggredito fisicamente e picchiato Barack Obama, procurandogli delle lesioni? Se avessero sequestrato Obama, o lo avessero trattenuto in stato di detenzione per 12 ore in un ospedale della polizia, fino a quando un commando speciale dell’Esercito non era arrivato a liberarlo dopo una violenta sparatoria?
Elezioni in Brasile e intelligence statunitense
Sembrava sospetto recentemente che Washington, che tende a denigrare senza ritegno come “immature” le democrazie dell’America Latina e dei Caraibi, abbia fatto seri sforzi per dimostrare rispetto verso il Brasile. L’Amministrazione di G. Bush bollò come “immaturi” gli Stati latino-americani con regimi populisti e, in generale, tutti i paesi che mostrano un atto di sfida, difendendo i loro interessi nazionali dalla pressione degli Stati Uniti. Il Brasile non ha mai permesso di mettere il suo diritto alla sovranità e a una posizione indipendente nella politica internazionale in discussione, negli otto anni della presidenza di Luiz Inácio Lula da Silva, ed era ampiamente previsto che l’amministrazione di G. Bush, alla fine, avrebbe perso la pazienza e cercato di domare il leader brasiliano. Nulla del genere è successo, però, evidentemente perché gli USA si sentivano troppo gravati dai problemi con il Venezuela per rimanere bloccati in un conflitto supplementare in America Latina.
Si vis pacem, para bellum
Questo scriveva su FB uno dei militari italiani morto in Afghanistan, se vuoi la pace prepara la guerra..... e la guerra è quello che stiamo facendo in Afghanistan! Task force 45, paracadutisti, incursori, droni radiocomandati..... questa non è una missione di pace, solo qualche stupido (o in mala fede) può parlare di pace, democrazia, diritti delle donne....
Il buon Obush ha addirittura preso un premio nobel per la pace!
I combattenti afghani non sono dei terroristi, ma dei resistenti, come gli irakeni, devono combattere una guerra asimmetrica, contro un esercito molto potente e come tutti i partigiani non possono che compiere azioni di guerriglia.
Dove si trova il Mullah Omar, scappato in moto (o in cammello)? Il fantomatico Bin Laden? E il "sindaco" Karzai legato alla Unocal insieme al caro Cheney...... Unocal, gigante dell'energia che stava per pagare i Talebani per poter costruire un gasdotto in Afghanista.....
I morti in Afghanistan sono martiri, eroi? No, sono soldati che erano andati per uccidere e sono stati uccisi, da sempre in guerra questo è sinonimo di sconfitta.....
Il buon Obush ha addirittura preso un premio nobel per la pace!
I combattenti afghani non sono dei terroristi, ma dei resistenti, come gli irakeni, devono combattere una guerra asimmetrica, contro un esercito molto potente e come tutti i partigiani non possono che compiere azioni di guerriglia.
Dove si trova il Mullah Omar, scappato in moto (o in cammello)? Il fantomatico Bin Laden? E il "sindaco" Karzai legato alla Unocal insieme al caro Cheney...... Unocal, gigante dell'energia che stava per pagare i Talebani per poter costruire un gasdotto in Afghanista.....
I morti in Afghanistan sono martiri, eroi? No, sono soldati che erano andati per uccidere e sono stati uccisi, da sempre in guerra questo è sinonimo di sconfitta.....
3 ottobre 2010
Cile - Di che violenza stiamo parlando? Questo è violenza! (video)
La maggior parte dei mezzi di informazione commerciali-massivi, hanno nascosto gravi situazioni di violenza perpetrata da agenti della polizia di stato, questo mentre la portavoce del Governo, Von Baer, condanna le azioni di violenza dei comuneros mapuche. Nella immagine, il giovane mapuche che ha ricevuto 12 colpi all’altezza dei reni.
La Ministro Von Baer faceva notare nel programma TV Tolleranza Zero di Chilevisión che il Governo da molto tempo sta lavorando ed è preoccupato per la situazione Mapuche e che tuttavia sono i mezzi di comunicazione quelli che non mostrano la realtà indigena e che solo ora lo fanno ... ma di chi sono questi mezzi che censurano la realtà, che stigmatizzano, che discriminano e che attentano alla libertà di espressione? Non sono per caso della stessa Destra imprenditoriale cilena? Chi era il padrone di Chilevisión per esempio? Non era lo stesso Presidente? Per caso TVN non è un canale pubblico? Non stanno gli interessi del LYD in UCTV? È ridicolo quello che fa notare.
Manifestazione non violenta: a decine asfissiati dai gas lacrimogeni
Decine di manifestanti sono rimasti soffocati dai gas lacrimogeni utilizzati dall'esercito israeliano per reprimere le proteste settimanali in Cisgiordania.
A Bil'in, slogan e striscioni hanno anche ricordato la passeggiata provocatoria di Sharon nell'Haram ash-Sharif, nel settembre del 2000, da cui scaturì la seconda Intifada.
Non solo Muro d'Apartheid e colonie, ma anche prigionieri, politica di deportazione, assedio su Gaza, aggressioni ad al-Quds (Gerusalemme) e Silwan sono state le ingiustizie rievocate dai manifestanti.
Il comitato popolare del villaggio contro Muro d'Apartheid e colonie ha dichiarato: "Nessuna pace con occupazione, colonie e Muro. Restiamo fedeli al sangue versato dai martiri e continueremo a difendere la nostra lotta di resistenza popolare per abbattere il muro e l'occupazione fino all'indipendenza della Palestina con Gerusalemme capitale".
A Bil'in, slogan e striscioni hanno anche ricordato la passeggiata provocatoria di Sharon nell'Haram ash-Sharif, nel settembre del 2000, da cui scaturì la seconda Intifada.
Non solo Muro d'Apartheid e colonie, ma anche prigionieri, politica di deportazione, assedio su Gaza, aggressioni ad al-Quds (Gerusalemme) e Silwan sono state le ingiustizie rievocate dai manifestanti.
Il comitato popolare del villaggio contro Muro d'Apartheid e colonie ha dichiarato: "Nessuna pace con occupazione, colonie e Muro. Restiamo fedeli al sangue versato dai martiri e continueremo a difendere la nostra lotta di resistenza popolare per abbattere il muro e l'occupazione fino all'indipendenza della Palestina con Gerusalemme capitale".
Fonte: http://www.infopal.it
Khaled Mesh'al traccia la nuova direzione politica di HAMAS (prima parte)
Quella che segue è l’intervista più recente a Khaled Mesh'al, che dal 1996 è il capo dell’Ufficio politico del movimento di resistenza islamica (Hamas). Dopo l’assassinio del leader di Hamas, Abd al-‘Aziz Rantisi, nel 2004, Mesh'al è diventato il leader internazionale del movimento.
In questa intervista rilasciata al quotidiano giordano Al-Sabeel, a luglio del 2010, Mesh'al traccia la direzione politica di Hamas su diversi temi critici: per esempio, negoziati con Israele, relazioni internazionali, ebrei, cristiani, donne. L’intervista – durata diverse ore – è stata recepita come importante nel mondo arabo ed è considerata come una chiara indicazione delle posizioni che Hamas intende perseguire, specialmente con riguardo ai futuri atteggiamenti verso Israele.
In questa intervista rilasciata al quotidiano giordano Al-Sabeel, a luglio del 2010, Mesh'al traccia la direzione politica di Hamas su diversi temi critici: per esempio, negoziati con Israele, relazioni internazionali, ebrei, cristiani, donne. L’intervista – durata diverse ore – è stata recepita come importante nel mondo arabo ed è considerata come una chiara indicazione delle posizioni che Hamas intende perseguire, specialmente con riguardo ai futuri atteggiamenti verso Israele.
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Guerra occulta contro la Russia?
Il 13 settembre, tre dipendenti russi dellaSukhoj Design Bureau sono morti inaspettatamente, nella base aerea indonesiana Sultan Hasanuddin della città di Macassar nella Provincia di Sud Sulawesi. Stavano lavorando in Indonesia al trasferimento dei caccia acquistati in Russia. L’ambasciata russa ritiene che la morte dei tre ingegneri russi sia un incidente. Il Capo del Dipartimento Consolare presso l’Ambasciata russa in Indonesia, Vladimir Pronin, ha osservato che la teoria dell’avvelenamento premeditato sia priva di fondamento. “Consideriamo la morte di tre cittadini russi come un incidente. La teoria dell’avvelenamento premeditato avanzata da alcuni media russi è priva di fondamento“, ha detto il diplomatico, in diretta sul canale televisivo dei notiziariRossija 24. “L’ambasciata non ha ricevuto alcuna relazione forense ufficiale dai medici indonesiani sulle cause della morte dei tre specialisti russi. Nel frattempo, abbiamo prestato attenzione a una dichiarazione che aveva fatto il capo del servizio medico alla stampa locale, che considera l’avvelenamento da metanolo causa della morte dei cittadini russi“. L’ambasciata russa “né smentisce questa affermazione e nè può sostenerla“, perché tale documentazione forense non è stata presa in considerazione dagli specialisti russi, ha osservato Pronin.
2 ottobre 2010
Il Kosovo sull’orlo dell’abisso
Ennesima crisi politica in Kosovo proprio quando l’UE credeva di aver risolto il problema ottenendo l’aiuto della Serbia.
Dopo le dimissioni del presidente albanese FatmirSejdiu il Kosovo diventa per l'ennesima volta la zona calda d'Europa. Questo territorio che alcuni paesi considerano Stato e altri Provincia non sembra trovare pace. Questo grave incidente politico e istituzionale potrebbe mettere in pericolo l'inizio delle trattative con la Serbia, al cui controllo gli estremisti albanesi si sono "sottratti" nel 2008. La Serbia dopo aver ceduto alle pressioni dell'Unione Europea ha accettato di scendere a a patti con gli estremisti albanesi senza tuttavia riconoscere la provincia come stato.
Dopo le dimissioni del presidente albanese FatmirSejdiu il Kosovo diventa per l'ennesima volta la zona calda d'Europa. Questo territorio che alcuni paesi considerano Stato e altri Provincia non sembra trovare pace. Questo grave incidente politico e istituzionale potrebbe mettere in pericolo l'inizio delle trattative con la Serbia, al cui controllo gli estremisti albanesi si sono "sottratti" nel 2008. La Serbia dopo aver ceduto alle pressioni dell'Unione Europea ha accettato di scendere a a patti con gli estremisti albanesi senza tuttavia riconoscere la provincia come stato.
17 settembre 2010
Scandalo Sakineh
Teheran (Iran) 16 settembre 2010
l saggista Bernard-Henry Levy e il Presidente Nicolas Sarkozy hanno mobilitato l’opinione pubblica francese per salvare dalla lapidazione una donna iraniana accusata di adulterio. Travolti dalle emozioni, i francesi non hanno avuto il tempo di verificare questa accusa, fino a quando Dieudonne M’Bala M’Bala s’è recato a Teheran. Sul posto, la cosa s’avvera del tutto falsa. Thierry Meyssan torna su questa spettacolare e assai imprudente manipolazione.
Il quotidiano Times di Londra ha pubblicato inizialmente una falsa fotografia di Sakineh Mohammadi-Ashtiani con la testa scoperta, cosa considerata una indecenza nella cultura iraniana. Una seconda foto, quella vera, venne pubblicato posteriormente. In quest’ultima foto si vede Sakineh Mohammadi-Ashtiani con il chador, il foulard che usano le musulmane nelle moschee e che portano anche quando camminano per strada.
6 settembre 2010
Le verità sulla Bosnia che non si possono raccontare: “Al mercato di Markale”
Si infittiscono ormai da qualche tempo gli interventi di quanti sono lieti di avallare le tesi “ufficiali”, per cui la guerra di Bosnia fu la follia di “psicopatici nazionalisti” (Radovan Karadzic, il poeta pazzo in primis, e si sa che tra poeti ed acquarellisti la differenza è poca …), oggi finalmente a giudizio grazie alla caparbietà di pochi magistrati coraggiosi (vedi Carla Del Ponte, che ha pure scoperto gli orrori della “casa gialla” in Kosovo, “Oh my God!”).
Luglio, in particolare, è stato il mese adatto per le rievocazioni, grazie alla singolare coincidenza tra l’anniversario del massacro di Srebrenica (11 luglio 1995) e l’arresto di Karadzic (21 luglio 2008).
Luglio, in particolare, è stato il mese adatto per le rievocazioni, grazie alla singolare coincidenza tra l’anniversario del massacro di Srebrenica (11 luglio 1995) e l’arresto di Karadzic (21 luglio 2008).
Giornata mondiale di Qods. Comuncato stampa dell’Ambasciata dell’Iran
Nel nome di Dio
COMUNICATO STAMPA DELL’AMBASCIATA DELLA REPUBBLICA ISLAMICA DELL’IRAN A ROMA IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DI QODS (GERUSALEMME)
Qods (Gerusalemme) è un luogo particolarmente sacro ai mussulmani nel mondo e ai fedeli di numerose religioni; è la terra dei Profeti e dei Santi del Signore e nella storia luminosa della comunità islamica è un’istituzione unica e coesa. L’ultimo Venerdì del Santo mese del Ramadan l’Imam Khomeini, fondatore della Repubblica islamica dell’Iran, dedicò questo giorno alla fine dell’occupazione della Palestina e alla liberazione del suo popolo dall’oppressione del regime sionista di Israele.
A questo proposito e alla luce delle ultime evoluzioni nella questione palestinese, l’Ambasciata della Repubblica islamica dell’Iran ritiene di dover richiamare l’attenzione su alcuni punti.
- La Repubblica islamica dell’Iran considera i crimini sionisti contro la flotta di navi pacifiste di Gaza in contrasto con i principi e le regole internazionali, tra cui l’articolo 1982 della Convenzione sui mari e li equipara ad un atto di pirateria marittima.
COMUNICATO STAMPA DELL’AMBASCIATA DELLA REPUBBLICA ISLAMICA DELL’IRAN A ROMA IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DI QODS (GERUSALEMME)
Qods (Gerusalemme) è un luogo particolarmente sacro ai mussulmani nel mondo e ai fedeli di numerose religioni; è la terra dei Profeti e dei Santi del Signore e nella storia luminosa della comunità islamica è un’istituzione unica e coesa. L’ultimo Venerdì del Santo mese del Ramadan l’Imam Khomeini, fondatore della Repubblica islamica dell’Iran, dedicò questo giorno alla fine dell’occupazione della Palestina e alla liberazione del suo popolo dall’oppressione del regime sionista di Israele.
A questo proposito e alla luce delle ultime evoluzioni nella questione palestinese, l’Ambasciata della Repubblica islamica dell’Iran ritiene di dover richiamare l’attenzione su alcuni punti.
- La Repubblica islamica dell’Iran considera i crimini sionisti contro la flotta di navi pacifiste di Gaza in contrasto con i principi e le regole internazionali, tra cui l’articolo 1982 della Convenzione sui mari e li equipara ad un atto di pirateria marittima.
REVIVAL “COLORATO” IN IRAN?
(di G. Gabellini)
Approfitto di questo articolo di Gabellini sull'Iran per aggiungere una breve premessa rispetto a quanto sta accadendo nell'area medio-orientale, ed in particolare in Palestina dopo l’avvio delle finte trattative di “pace” tra ANP e sionisti. Innanzitutto, la cosiddetta ripresa del dialogo è solo l'ennesima sceneggiata arbitrata dagli statunitensi per mettere fuori gioco Hamas, non disponibile ad accettare la svendita del proprio popolo (al quale viene negato il diritto di eleggere i propri rappresentanti) e del suolo patrio, sventrato e umiliato da invasori colonialisti che s’insediano come le cavallette in una terra non loro. Questi primi approcci tra le parti sono illegittimi poichè la nazione palestinese non ha dato nessun mandato ad Abu Mazen per avviare trattative in nome di chicchessia. Il Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha messo l’accento su quest’ultimo aspetto, chiarendo che la questione palestinese non potrà mai essere un affare privato tra americani, israeliani e membri dell’ANP in quanto riguarda i popoli di tutta la regione: "Su cosa vogliono negoziare? Chi rappresentano? Di cosa parleranno? Chi gli ha dato il diritto di svendere un pezzo di Palestina? I popoli della regione e della Palestina non gli permetteranno di cedere un centimetro si terra palestinese al nemico". Parole sacrosante che però hanno fatto dire al portavoce di Abu Mazen che il leader persiano è un despota insediatosi al potere coll’inganno, la violenza e i brogli elettorali, dimostrando di sposare con ciò, totalmente e pienamente, la lacera propaganda occidentale ampiamente smentita dai fatti e dall’enorme consenso di cui Ahmadinejad gode in patria. Questi quisling che s’innalzano a campioni di responsabilità e buon senso sono dei miseri burattini pronti a sacrificare la propria gente per essere adulati e premiati dalla Comunità Internazionale dalla quale sperano di ottenere riconoscimento e sostegno economico. Ci auguriamo che facciano la fine che spetta ai vili di ogni razza e credo ideologico.[G.P.]
Approfitto di questo articolo di Gabellini sull'Iran per aggiungere una breve premessa rispetto a quanto sta accadendo nell'area medio-orientale, ed in particolare in Palestina dopo l’avvio delle finte trattative di “pace” tra ANP e sionisti. Innanzitutto, la cosiddetta ripresa del dialogo è solo l'ennesima sceneggiata arbitrata dagli statunitensi per mettere fuori gioco Hamas, non disponibile ad accettare la svendita del proprio popolo (al quale viene negato il diritto di eleggere i propri rappresentanti) e del suolo patrio, sventrato e umiliato da invasori colonialisti che s’insediano come le cavallette in una terra non loro. Questi primi approcci tra le parti sono illegittimi poichè la nazione palestinese non ha dato nessun mandato ad Abu Mazen per avviare trattative in nome di chicchessia. Il Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha messo l’accento su quest’ultimo aspetto, chiarendo che la questione palestinese non potrà mai essere un affare privato tra americani, israeliani e membri dell’ANP in quanto riguarda i popoli di tutta la regione: "Su cosa vogliono negoziare? Chi rappresentano? Di cosa parleranno? Chi gli ha dato il diritto di svendere un pezzo di Palestina? I popoli della regione e della Palestina non gli permetteranno di cedere un centimetro si terra palestinese al nemico". Parole sacrosante che però hanno fatto dire al portavoce di Abu Mazen che il leader persiano è un despota insediatosi al potere coll’inganno, la violenza e i brogli elettorali, dimostrando di sposare con ciò, totalmente e pienamente, la lacera propaganda occidentale ampiamente smentita dai fatti e dall’enorme consenso di cui Ahmadinejad gode in patria. Questi quisling che s’innalzano a campioni di responsabilità e buon senso sono dei miseri burattini pronti a sacrificare la propria gente per essere adulati e premiati dalla Comunità Internazionale dalla quale sperano di ottenere riconoscimento e sostegno economico. Ci auguriamo che facciano la fine che spetta ai vili di ogni razza e credo ideologico.[G.P.]
3 settembre 2010
FRANCIA: INSEGNANTE EBREA SOSPESA PER “TROPPO OLOCAUSTO”
(AGI/AFP) - Parigi, 1 set. - Troppe lezioni sull’Olocausto, un vero e proprio ‘lavaggio del cervello’ sulla Shoah agli studenti: per questo motivo un insegnante di storia francese Catherine Pederzoli, si e’ vista sollevare per quattro mesi dal suo incarico all’Accademia di Metz-Nancy, accusata di “violazione dei principi della riservatezza, neutralita’ e laicita’” dello stato francese. A muovere le accuse sono stati i suoi stessi studenti, stanchi di un programma troppo denso di lezioni sull’Olocausto e viaggi ‘culturali’ nei campi di concentramento in Polonia e Repubblica Ceca. I ragazzi hanno presentato le loro lamentele al ministro dell’Istruzione Luc Chatel in occasione di una sua visita al Liceo. A prendere le difese dell’insegnante e’ stato il suo avvocato secondo cui tutto sarebbe nato dal cambio dei vertici dell’Istituto nel 2007 ma, soprattutto, dal fatto che la professoressa sarebbe di religione ebraica. (AGI) Tig
Fonte: http://www.viaggi-oggi.it/
Fonte: http://www.viaggi-oggi.it/
2 settembre 2010
Sakineh è soltanto una povera adultera?
Ho seguito anch'io, sull'onda emotiva venutasi a creare a seguito delle troppe notizie contrastanti divulgate in rete, il caso di Sakineh e mi sono messo "di buzzo buono" per saperne di più.
Ho scoperto, senza sorprendermi troppo, che l'infelice donna non è stata giudicata per un semplice adulterio ma, e soprattutto, per concorso in omicidio del proprio marito, consumato in maniera brutale assieme al proprio amante.
Malek Ejdar Sharifi, un giudice che si è occupato del particolare caso giudiziario, ha dichiarato: ''Non possiamo rendere noti i dettagli dei crimini di Sakineh, per considerazioni di ordine morale ed umano (a differenza della stampa Italiana, in Iran non vengono pubblicati i particolari morbosi dei delitti efferati - nota di nemo profeta). Se il modo in cui suo marito è stato assassinato fosse reso pubblico, la brutalità e la follia di questa donna verrebbero messe a nudo di fronte all’opinione pubblica. Il suo contributo all’omicidio è stato così crudele e agghiacciante che molti criminologi ritengono che sarebbe stato molto meglio se lei si fosse limitata a decapitare il marito''.
Preclusa la possibilità di perseguire la donna per omicidio, a causa del perdòno dei figli, i giudici hanno deciso di giocare la discutibile carta dell’accusa di adulterio. Scelta indubbiamente deprecabile sul piano procedurale – e infatti il processo è in fase di revisione - ma dal punto di vista culturale ed etico le cose stanno molto diversamente da quello che centinaia di siti internet, per non parlare della stampa, danno ad intendere ai lettori.
Da fonti Iraniane, poi, non pare che l'eventuale condanna a morte venga eseguita per lapidazione, pratica barbara questa (per inciso deprecata dal Governo) che sopravvive soltanto in pochissime zone rurali della Repubblica Islamica, ma che è in via di sdradicamento.
Per sgomberare il campo dalle troppe critiche facilone contro l'Iran, chi ha giudicato e condannato Sakineh non è stato il Governo Iraniano o qualche fanatico Ajatollah (o, peggio, il "deprecato regime"), ma un Tribunale locale nella regione di Tabriz grazie all'autonomia di cui gode.
Poi, sulla pena di morte in generale si può essere d'accordo o meno (personalmente la aborrisco) , ma nel mondo oltre all'Iran tale pena viene eseguita in parecchi Paesi cosiddetti "civili", a partire da USA e Israele.
Tra le fonti: Los Angeles Times
World
July 12, 2010 - 8:52 am
Fonte: http://www.valdelsa.net/
Ho scoperto, senza sorprendermi troppo, che l'infelice donna non è stata giudicata per un semplice adulterio ma, e soprattutto, per concorso in omicidio del proprio marito, consumato in maniera brutale assieme al proprio amante.
Malek Ejdar Sharifi, un giudice che si è occupato del particolare caso giudiziario, ha dichiarato: ''Non possiamo rendere noti i dettagli dei crimini di Sakineh, per considerazioni di ordine morale ed umano (a differenza della stampa Italiana, in Iran non vengono pubblicati i particolari morbosi dei delitti efferati - nota di nemo profeta). Se il modo in cui suo marito è stato assassinato fosse reso pubblico, la brutalità e la follia di questa donna verrebbero messe a nudo di fronte all’opinione pubblica. Il suo contributo all’omicidio è stato così crudele e agghiacciante che molti criminologi ritengono che sarebbe stato molto meglio se lei si fosse limitata a decapitare il marito''.
Preclusa la possibilità di perseguire la donna per omicidio, a causa del perdòno dei figli, i giudici hanno deciso di giocare la discutibile carta dell’accusa di adulterio. Scelta indubbiamente deprecabile sul piano procedurale – e infatti il processo è in fase di revisione - ma dal punto di vista culturale ed etico le cose stanno molto diversamente da quello che centinaia di siti internet, per non parlare della stampa, danno ad intendere ai lettori.
Da fonti Iraniane, poi, non pare che l'eventuale condanna a morte venga eseguita per lapidazione, pratica barbara questa (per inciso deprecata dal Governo) che sopravvive soltanto in pochissime zone rurali della Repubblica Islamica, ma che è in via di sdradicamento.
Per sgomberare il campo dalle troppe critiche facilone contro l'Iran, chi ha giudicato e condannato Sakineh non è stato il Governo Iraniano o qualche fanatico Ajatollah (o, peggio, il "deprecato regime"), ma un Tribunale locale nella regione di Tabriz grazie all'autonomia di cui gode.
Poi, sulla pena di morte in generale si può essere d'accordo o meno (personalmente la aborrisco) , ma nel mondo oltre all'Iran tale pena viene eseguita in parecchi Paesi cosiddetti "civili", a partire da USA e Israele.
Tra le fonti: Los Angeles Times
World
July 12, 2010 - 8:52 am
Fonte: http://www.valdelsa.net/
31 agosto 2010
L'FPLP invita all'azione contro il ritorno liquidazionista ai negoziati diretti
Il compagno Maher al-Taher, membro dell'Ufficio Politico del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e leader del suo ramo fuori dai territori palestinesi, il 20 agosto 2010 ha dichiarato che lo scopo dei negoziati diretti tra Israele e l'Autorità Nazionale Palestinese è di liquidare la causa palestinese e non di raggiungere una soluzione politica, poiché il comportamento di Israele rende evidente l'impossibilità di una soluzione politica con un'entità che pretende il completo controllo di tutti gli aspetti della vita dei Palestinesi.
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IL MITO DELLA 500
Non so quante volte ho scritto che la Nuova 500, da qualcuno definita l’auto della rinascita del marchio Fiat, negli Usa non avrebbe mai sfondato, né incontrato il consenso dei consumatori. Ve le immaginate le highway americane – terra di caccia delle autoctone muscle car dalla stazza e dai cavalli esagerati che esaudiscono pienamente i gusti un po’ kitsch e dispendiosi degli yankees - invase dal piccolo scarafaggio nostrano? La storia di Davide e Golia dovrebbe essere rivista con tutt’altro finale…
Il mito della piccola utilitaria del Lingotto ha forse toccato un’altra volta il cuore degli italiani, i quali ugualmente toccati dalla grave crisi economica sognano un boom simile a quello degli anni ’60. All’epoca si trattò di una prima manifestazione di benessere di massa in una società messasi sulla strada dell’industrializzazione con ancora indosso i pantaloni alla zuava, retaggio di una civiltà contadina avviata al tramonto.
Il mito della piccola utilitaria del Lingotto ha forse toccato un’altra volta il cuore degli italiani, i quali ugualmente toccati dalla grave crisi economica sognano un boom simile a quello degli anni ’60. All’epoca si trattò di una prima manifestazione di benessere di massa in una società messasi sulla strada dell’industrializzazione con ancora indosso i pantaloni alla zuava, retaggio di una civiltà contadina avviata al tramonto.
ALLA RICERCA DI UN EQUILIBRIO
Il 24 agosto scorso si é ricordato il 19esimo anniversario dell’indipendenza dell’Ucraina da Mosca. Allora, nel 1991 – nel referendum che si tenne a dicembre per confermare la decisone presa dalla Rada in estate- oltre il 90% degli ucraini votò per la separazione dalla Russia. Se si rivotasse oggi, dicono i sondaggi, solo il 59% degli ucraini sarebbe a favore dell’indipendenza. Qualcosa nei rapporti tra i due Paesi sta cambiando.
Per mesi la Russia non ha avuto un ambasciatore in Ucraina. Mosca si è rifiutata di mandare un inviato nell’ex repubblica sovietica dal luglio 2009, protestando contro la politica ritenuta antirussa del presidente Victor Yushchenko. Le cose sono cambiate all’inizio di quest’anno, quando è stato nominato un nuovo rappresentante a Kiev dopo che Victor Yanukovich ha vinto le elezioni presidenziali, sconfiggendo al ballottaggio Yulia Tymoshenko.
Per mesi la Russia non ha avuto un ambasciatore in Ucraina. Mosca si è rifiutata di mandare un inviato nell’ex repubblica sovietica dal luglio 2009, protestando contro la politica ritenuta antirussa del presidente Victor Yushchenko. Le cose sono cambiate all’inizio di quest’anno, quando è stato nominato un nuovo rappresentante a Kiev dopo che Victor Yanukovich ha vinto le elezioni presidenziali, sconfiggendo al ballottaggio Yulia Tymoshenko.
I valdesi contro il crocifisso nelle scuole
«Non può essere considerato simbolo della civiltà e della cultura italiane».
Il Sinodo si è anche espresso a favore della ricerca sulle cellule staminali embrionali e sulla benedizione delle coppie omosessuali.
Il Sinodo valdese e metodista si è espresso contro l’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane. I deputati delle chiese locali e i pastori si sono ritrovati come da tradizione a Torre Pellice, in provincia di Torino, per dare luogo all’assemblea annuale nella quale si discutono la condotta e le decisioni assunte dalle varie chiese della comunità dei valdesi. Il no del Sinodo porta nuovamente di attualità il pronunciamento della Corte europea che nel novembre del 2009 si era dichiarata contraria all’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, una pratica ritenuta lesiva del diritto dei singoli genitori di educare i propri figli secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.
Il Sinodo si è anche espresso a favore della ricerca sulle cellule staminali embrionali e sulla benedizione delle coppie omosessuali.
Il Sinodo valdese e metodista si è espresso contro l’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane. I deputati delle chiese locali e i pastori si sono ritrovati come da tradizione a Torre Pellice, in provincia di Torino, per dare luogo all’assemblea annuale nella quale si discutono la condotta e le decisioni assunte dalle varie chiese della comunità dei valdesi. Il no del Sinodo porta nuovamente di attualità il pronunciamento della Corte europea che nel novembre del 2009 si era dichiarata contraria all’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, una pratica ritenuta lesiva del diritto dei singoli genitori di educare i propri figli secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.
Crescita, la festa è finita: il futuro dell’Italia fa paura
Fino agli anni novanta si credé nell’ultimo grande ciclo ritenuto irreversibile e innovatore, autopropulsivo e all’altezza della globalizzazione: l’interminabile ciclo della piccola e media impresa, dei distretti industriali della Terza Italia, fucine di occupazione e di nicchie di mercato aperte al mondo. Quanti politici cercarono di cavalcare l’illusione che i distretti sarebbero entrati in sistema, portando un nuovo capitalismo al centro del mondo? I capannoni vuoti – nel Nordest italiano e non solo – oggi ci raccontano quell’abbaglio. La scala gerarchica chiusa del nostro mercato dei capitali non si è mai schiodata dall’affidare alle sole seconde e terze linee della liquidità la gestione finanziaria delle imprese sottocapitalizzate dei distretti, negli stessi anni in cui le manifatture cinesi interagivano invece con risorse coordinate, programmi di vasta portata, proiezioni decennali e investimenti nel sapere.
Northwoods, l’11 settembre e altre pazzie
(A WHITE HOUSE OF FOOLS)
Il 12 settembre 2001, nelle conversazioni si discorreva di … Pearl Harbour! … gli avvenimenti del giorno precedente avevano provocato questo tipo di comparazione. Nel mese di dicembre del 1941, Roosvelt era a confronto con un’opinione pubblica decisamente anti interventista. Tuttavia, lui voleva la “sua” guerra. Gli eserciti dell’Asse stavano minacciando Mosca e, nella “White House”, non si poteva tollerare la disfatta dell’URSS, vale a dire, il fallimento della strategia USA-post Yalta. Il Giappone aveva a disposizione poche riserve minerali e i suoi dirigenti erano ben consapevoli che, in caso di guerra, era necessario colpire senza dare tempo. Roosevelt ne era consapevole e allora, in questa guerra tra ricchi e poveri, i primi dovevano forzare i secondi a diventare gli aggressori. Gli storici ammettono la presenza di un incontestabile e immenso interrogativo che concerne alcuni fatti torbidi relazionati con questa data cruciale, facendo pensare che l’attacco giapponese era stato desiderato, provocato, previsto da Roosvelt e la sua cerchia bellicista. Ebbene, potrebbe un presidente degli USA abbandonare così deliberatamente alle bombe nemiche le navi da guerra – anche se molto vecchie, mentre quelle nuove e funzionanti si trovavano, per fortuna!, al largo – con miglia di marinai e civili?
Il 12 settembre 2001, nelle conversazioni si discorreva di … Pearl Harbour! … gli avvenimenti del giorno precedente avevano provocato questo tipo di comparazione. Nel mese di dicembre del 1941, Roosvelt era a confronto con un’opinione pubblica decisamente anti interventista. Tuttavia, lui voleva la “sua” guerra. Gli eserciti dell’Asse stavano minacciando Mosca e, nella “White House”, non si poteva tollerare la disfatta dell’URSS, vale a dire, il fallimento della strategia USA-post Yalta. Il Giappone aveva a disposizione poche riserve minerali e i suoi dirigenti erano ben consapevoli che, in caso di guerra, era necessario colpire senza dare tempo. Roosevelt ne era consapevole e allora, in questa guerra tra ricchi e poveri, i primi dovevano forzare i secondi a diventare gli aggressori. Gli storici ammettono la presenza di un incontestabile e immenso interrogativo che concerne alcuni fatti torbidi relazionati con questa data cruciale, facendo pensare che l’attacco giapponese era stato desiderato, provocato, previsto da Roosvelt e la sua cerchia bellicista. Ebbene, potrebbe un presidente degli USA abbandonare così deliberatamente alle bombe nemiche le navi da guerra – anche se molto vecchie, mentre quelle nuove e funzionanti si trovavano, per fortuna!, al largo – con miglia di marinai e civili?
Grazie, Marchionne!
Egregio signor Marchionne,
il suo invito machiavellico agli operai Fiat è bellissimo. Secondo lei, essi devono comportarsi come uomini e donne "di virtù".
Il cuore batte a tale evocazione.
La virtù da lei attribuita al grande statista fiorentino consiste quindi nello svegliarsi alle quattro di mattina per il primo turno (se si abita vicino allo stabilimento, sennò alle tre, e allora diventa addirittura virtuosismo!), nel fare le otto ore a capo chino, nel mai scioperare, mai essere malati e nel vivere nella fede speranza e carità che il loro incarico non sia delocalizzato, ciò' che Lei, grande e giusto com'è, minaccia a ogni piè sospinto per ricordare all'operaio, notoriamente un po' distratto, che l'interesse degli azionisti è Uno e Santo.
il suo invito machiavellico agli operai Fiat è bellissimo. Secondo lei, essi devono comportarsi come uomini e donne "di virtù".
Il cuore batte a tale evocazione.
La virtù da lei attribuita al grande statista fiorentino consiste quindi nello svegliarsi alle quattro di mattina per il primo turno (se si abita vicino allo stabilimento, sennò alle tre, e allora diventa addirittura virtuosismo!), nel fare le otto ore a capo chino, nel mai scioperare, mai essere malati e nel vivere nella fede speranza e carità che il loro incarico non sia delocalizzato, ciò' che Lei, grande e giusto com'è, minaccia a ogni piè sospinto per ricordare all'operaio, notoriamente un po' distratto, che l'interesse degli azionisti è Uno e Santo.
Come ti sputtano la Resistenza palestinese con la scusa del dissidio tra Hamas e Fronte Popolare
Dove porta l’islamofobia che unisce destra e sinistra, sionisti e filo-palestinesi-fino-ad-un-certo-punto.
Sta rimbalzando in rete, postato da certi “compagni” un articolo della giornalista israeliana Amira Hass. Il titolo con cui l’articolo in questione sta viaggiando è tutto un programma: «Puttane e marxiste». Esso è stato pubblicato sulla rivista Internazionale del 19 agosto ( http://www.internazionale.it/opinioni/amira-hass/puttane-e-marxiste/). La fonte originale il quotidiano sionista Haaretz del 16 agosto ( http://www.haaretz.com/print-edition/features/what-hamas-is-really-afraid-of-1.308264). Non è un caso che questo titolo sia molto lontano da quello dato dall’autrice dell’articolo, attivista pacifista israeliana e giornalista di fama. Il titolo originale suona così: «What HAMAS is really afraid of», ovvero, Di che cosa HAMAS ha davvero paura.
Sta rimbalzando in rete, postato da certi “compagni” un articolo della giornalista israeliana Amira Hass. Il titolo con cui l’articolo in questione sta viaggiando è tutto un programma: «Puttane e marxiste». Esso è stato pubblicato sulla rivista Internazionale del 19 agosto ( http://www.internazionale.it/opinioni/amira-hass/puttane-e-marxiste/). La fonte originale il quotidiano sionista Haaretz del 16 agosto ( http://www.haaretz.com/print-edition/features/what-hamas-is-really-afraid-of-1.308264). Non è un caso che questo titolo sia molto lontano da quello dato dall’autrice dell’articolo, attivista pacifista israeliana e giornalista di fama. Il titolo originale suona così: «What HAMAS is really afraid of», ovvero, Di che cosa HAMAS ha davvero paura.
PRESIDENTE CHÁVEZ DENUNCIA PODEROSA CAMPAÑA MEDIÁTICA INTERNACIONAL CONTRA VENEZUELA
El presidente, Hugo Chávez Frías, denunció este domingo en su columna Las Líneas de Chávez, el complot y la intensa campaña mediática internacional que ejercen transnacionales mediáticas de gran poder global contra Venezuela, al utilizar argumentos falsos y difamaciones que tienen como propósito desestabilizar la estabilidad de la democracia revolucionaria y sabotear al mismo tiempo las elecciones parlamentarias del próximo 26 de septiembre.
En este sentido, el Mandatario Nacional reseñó un conjunto de ataques orquestados por grandes empresas de comunicación internacionales, que durante las últimas semanas, justamente cuando comienza la última fase de la campaña electoral, dichos medios han venido presentando una serie de trabajos basados en la difamación y en la intriga, para desprestigiar la gestión del Gobierno Revolucionario.
En este sentido, el Mandatario Nacional reseñó un conjunto de ataques orquestados por grandes empresas de comunicación internacionales, que durante las últimas semanas, justamente cuando comienza la última fase de la campaña electoral, dichos medios han venido presentando una serie de trabajos basados en la difamación y en la intriga, para desprestigiar la gestión del Gobierno Revolucionario.
La Serbia risponde per le rime alla Germania
Il ministro degli esteri tedesco ha annunciato a Belgrado che la Serbia non entrerà nell’Unione Europea senza aver prima riconosciuto il Kosovo e la reazione della Serbia non si è fatta attendere.
L’Unione Europea è ben lontana dalla risoluzione dei problemi con la Serbia e con la sua provincia secessionista e il ministro degli esteri tedesco ha dovuto fare i conti con questa realtà appena arrivato a Belgrado.
Il ministro tedesco ha annunciato che Belgrado non entrerà nell’UE senza aver riconosciuto la sua provincia secessionista, che Berlino ormai considera Repubblica, come uno stato indipendente e ha invitato i serbi ad affrontare la realtà. La risposta della Serbia e dei serbi non si è fatta attendere. Belgrado infatti non solo ha riconfermato il suo assoluto rifiuto nel concedere l’indipendenza gli albanesi del Kosovo ma ha pure rincarato la dose aggiungendo che il comportamento della Germania le è incomprensibile in quanto non vede che senso ha creare un’altro stato albanese quando già esiste la Repubblica di Albania.
L’Unione Europea è ben lontana dalla risoluzione dei problemi con la Serbia e con la sua provincia secessionista e il ministro degli esteri tedesco ha dovuto fare i conti con questa realtà appena arrivato a Belgrado.
Il ministro tedesco ha annunciato che Belgrado non entrerà nell’UE senza aver riconosciuto la sua provincia secessionista, che Berlino ormai considera Repubblica, come uno stato indipendente e ha invitato i serbi ad affrontare la realtà. La risposta della Serbia e dei serbi non si è fatta attendere. Belgrado infatti non solo ha riconfermato il suo assoluto rifiuto nel concedere l’indipendenza gli albanesi del Kosovo ma ha pure rincarato la dose aggiungendo che il comportamento della Germania le è incomprensibile in quanto non vede che senso ha creare un’altro stato albanese quando già esiste la Repubblica di Albania.
27 agosto 2010
Mar Cinese Meridionale: il conflitto per la supremazia regionale visto dai “piccoli” Stati
1. Introduzione
Il Mar Cinese Meridionale è teatro di un vasto conflitto carsico che coinvolge nazioni leader a livello globale, medie potenze e altri Stati del Sudest Asiatico. Un avvenimento recente ha fatto risorgere la questione: nell’aprile 2010, la flotta meridionale cinese ha condotto delle esercitazioni militari, simulando una battaglia navale con la flotta cinese proveniente dal nord e quando quest’ultima tornava ai porti di origine, la flotta orientale ha condotto altre esercitazioni nello stretto di Luzon. È la prima volta che la Cina ostenta un tale spiegamento di forze.
Mentre al riemergere di questo conflitto i riflettori sono puntati quasi esclusivamente verso Cina e Stati Uniti, in Europa viene dato poco spazio agli altri attori, che hanno dinamiche ed interessi altrettanto concreti e ben più diretti rispetto ai due grandi protagonisti. In Italia è pressoché sconosciuto.
L’obiettivo di questo articolo è fornire una panoramica generale di questo contenzioso, analizzare i rapporti di forza dei “piccoli” Stati, formulando nelle conclusioni possibili soluzioni, seppur parziali, a loro favore.
Mentre al riemergere di questo conflitto i riflettori sono puntati quasi esclusivamente verso Cina e Stati Uniti, in Europa viene dato poco spazio agli altri attori, che hanno dinamiche ed interessi altrettanto concreti e ben più diretti rispetto ai due grandi protagonisti. In Italia è pressoché sconosciuto.
L’obiettivo di questo articolo è fornire una panoramica generale di questo contenzioso, analizzare i rapporti di forza dei “piccoli” Stati, formulando nelle conclusioni possibili soluzioni, seppur parziali, a loro favore.
26 agosto 2010
Viva Palestina-Italia
Il 18 settembre 2010 un convoglio via terra costituito da tre rami, uno in partenza da Londra, uno da Casablanca e il terzo da Doha (Qatar) partiranno diretti a Gaza.
La data del 12 settembre è una data obiettivo che potrà cambiare in funzione di esigenze organizzative.
Viva Palestina UK ha la responsabilità dell’organizzazione dei tre rami del convoglio.
Viva Palestina Italia ha ricevuto da Viva Palestina UK (www.vivapalestina.org) la delega di organizzare i veicoli in partenza dall’Italia.
La data del 12 settembre è una data obiettivo che potrà cambiare in funzione di esigenze organizzative.
Viva Palestina UK ha la responsabilità dell’organizzazione dei tre rami del convoglio.
Viva Palestina Italia ha ricevuto da Viva Palestina UK (www.vivapalestina.org) la delega di organizzare i veicoli in partenza dall’Italia.
Appello a sostegno di 32 Prigionieri Politici Mapuche in sciopero della fame in Cile dal 12 luglio 2010
Associazione di Amicizia con il Popolo MAPUCHE in Italia
Negli anni 1990 si è costituito l’attuale movimento politico e sociale mapuche, che prosegue la lotta per il recupero del proprio territorio ancestrale e il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni, lotta che ha le sue radici nel conflitto con gli Spagnoli.
Le comunità che si contrappongono al estado chileno rifiutano la politica indigena e l’apertura al libero mercato che comporta una continua invasione del loro territorio originario. La risposta del estado è stata e continua ad essere l’applicazione della Ley Antiterrorista n° 18.314, del 16 maggio 1984, promulgata dalla dittura militare di Augusto Pinochet, che permette di ritenere tali azioni di protesta come “terrorismo”, di condannare numerosi esponenti del movimento, e di sottoporre a stretta sorveglianza le realtà mapuche in una vera e propria “militarizzazione del territorio”. I detenuti indigeni hanno risposto dichiarandosi “prigionieri politici mapuche”, uno status che è stato convalidato nel 2004 da l’allora Relatore Speciale delle Nazioni Unite per gli Affari Indigeni in visita ufficiale in Cile, Rodolfo Stavenhagen, e loro continuano così la loro lotta dall’interno delle mura del carcere.
Negli anni 1990 si è costituito l’attuale movimento politico e sociale mapuche, che prosegue la lotta per il recupero del proprio territorio ancestrale e il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni, lotta che ha le sue radici nel conflitto con gli Spagnoli.
Le comunità che si contrappongono al estado chileno rifiutano la politica indigena e l’apertura al libero mercato che comporta una continua invasione del loro territorio originario. La risposta del estado è stata e continua ad essere l’applicazione della Ley Antiterrorista n° 18.314, del 16 maggio 1984, promulgata dalla dittura militare di Augusto Pinochet, che permette di ritenere tali azioni di protesta come “terrorismo”, di condannare numerosi esponenti del movimento, e di sottoporre a stretta sorveglianza le realtà mapuche in una vera e propria “militarizzazione del territorio”. I detenuti indigeni hanno risposto dichiarandosi “prigionieri politici mapuche”, uno status che è stato convalidato nel 2004 da l’allora Relatore Speciale delle Nazioni Unite per gli Affari Indigeni in visita ufficiale in Cile, Rodolfo Stavenhagen, e loro continuano così la loro lotta dall’interno delle mura del carcere.
Gaza: le prossime iniziative per rompere l'assedio
In attesa della Freedom Flotilla II, si intensificano, in mezzo alle solite difficoltà, le iniziative per rompere il blocco di Gaza. Per le ultime notizie su quanto è in preparazione pubblichiamo questo pezzo dell'agenzia Nena News.
Mariam non parte, Viva Palestina lo farà
Le attiviste libanesi costrette a rinviare la partenza per Gaza. Prosegue l’organizzazione dei convogli di “Viva Palestina”, anche con il sostegno di Shane MacGowan dei Pogues.
Mariam non parte, Viva Palestina lo farà
Le attiviste libanesi costrette a rinviare la partenza per Gaza. Prosegue l’organizzazione dei convogli di “Viva Palestina”, anche con il sostegno di Shane MacGowan dei Pogues.
Unione Europea: un’alternativa potenziale nell’area del Pacifico?
Le relazioni internazionali e la geopolitica del XXI secolo si caratterizzano indubbiamente per la centralità e la strategicità del continente asiatico: se il Medio Oriente e l’Asia Centrale sono tra gli scenari politico-economici più importanti a livello globale, il Sud Est asiatico appare oggi essere una regione cruciale sia per le relazioni economiche che per quelle politico-militari su scala regionale e mondiale. In un contesto in cui si inseriscono e crescono le influenze provenienti dalla Cina e, in minor misura dagli Stati Uniti, l’Unione Europea è chiamata a svolgere un ruolo importante: continuare ad essere per i Paesi appartenenti a quest’area un interlocutore fondamentale, non solo dal punto di vista economico, ma anche politico. Solo in questo modo Bruxelles potrebbe essere in grado di assicurare un’effettività al dialogo inter-regionale fra Europa e Asia Sud-Orientale e di garantire la presenza degli interessi europei nel Pacifico.
Un Paese a sovranità limitata
Eurasia - editoriale del numero 2/2010
di Tiberio Graziani
Nonostante l’invidiabile posizione geografica e a dispetto dei caratteri che ne costituiscono la struttura morfologica, attualmente l’Italia non possiede una dottrina geopolitica.
Ciò è dovuto principalmente ai tre seguenti elementi: a) l’appartenenza dell’Italia alla sfera d’influenza statunitense (il cosiddetto sistema occidentale); b) la profonda crisi dell’identità nazionale; c) la scarsa cultura geopolitica delle sue classi dirigenti.
Il primo elemento, oltre a limitare la sovranità dello Stato italiano in molteplici ambiti, da quello militare a quello della politica estera, tanto per citare i più rilevanti per l’aspetto geopolitico, ne condiziona la politica e l’economia interne, le scelte strategiche in materia di energia, ricerca tecnologica e realizzazione di grandi infrastrutture e, non da ultimo, ne vincola persino le politiche nazionali di contrasto alla criminalità organizzata. L’Italia repubblicana, a causa delle note conseguenze del trattato di pace del 1947 ed anche in virtù dell’ambiguità ideologica del proprio dettato costituzionale, per il quale la sovranità apparterebbe ad una entità socioeconomica e culturale, peraltro mutevole e vagamente omogenea, il popolo, e non ad un soggetto politico ben definito come lo Stato (1), ha seguito la regola aurea del “realismo collaborazionista o claudicante”, ovverosia la rinuncia alla responsabilità di dirigere il proprio destino (2). Tale abdicazione situa l’Italia nella condizione di “subordinazione passiva” e lega le sue scelte strategiche alla “buona volontà dello Stato subordinante” (3).
di Tiberio Graziani
Nonostante l’invidiabile posizione geografica e a dispetto dei caratteri che ne costituiscono la struttura morfologica, attualmente l’Italia non possiede una dottrina geopolitica.
Ciò è dovuto principalmente ai tre seguenti elementi: a) l’appartenenza dell’Italia alla sfera d’influenza statunitense (il cosiddetto sistema occidentale); b) la profonda crisi dell’identità nazionale; c) la scarsa cultura geopolitica delle sue classi dirigenti.
Il primo elemento, oltre a limitare la sovranità dello Stato italiano in molteplici ambiti, da quello militare a quello della politica estera, tanto per citare i più rilevanti per l’aspetto geopolitico, ne condiziona la politica e l’economia interne, le scelte strategiche in materia di energia, ricerca tecnologica e realizzazione di grandi infrastrutture e, non da ultimo, ne vincola persino le politiche nazionali di contrasto alla criminalità organizzata. L’Italia repubblicana, a causa delle note conseguenze del trattato di pace del 1947 ed anche in virtù dell’ambiguità ideologica del proprio dettato costituzionale, per il quale la sovranità apparterebbe ad una entità socioeconomica e culturale, peraltro mutevole e vagamente omogenea, il popolo, e non ad un soggetto politico ben definito come lo Stato (1), ha seguito la regola aurea del “realismo collaborazionista o claudicante”, ovverosia la rinuncia alla responsabilità di dirigere il proprio destino (2). Tale abdicazione situa l’Italia nella condizione di “subordinazione passiva” e lega le sue scelte strategiche alla “buona volontà dello Stato subordinante” (3).
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