23 luglio 2010

Giulietto Chiesa: Se non ci sarà una pressione preventiva su Israele, il piano d’attacco all’Iran si realizzerà.

Giulietto Chiesa, ex deputato al parlamento europeo è uno dei più noti giornalisti italiani. Chiesa collabora con numerosi riviste e giornali italiani, europei, russi e americani. Ha pubblicato numerosi libri tra cui Afghanistan, Anno zero, Superclan, Chi comanda l'economia mondiale, La guerra infinita, Le carceri, segreti della Cia in europa e Zero inchiesta su l'11/9. E stato promotore e co-sceneggiatore del film Zero, inchiesta sull’11 settembre 2001.

Lei in uno suo ultimo  articolo ha ritenuto che l'assalto al convoglio di navi pacifiste da parte d’Israele è stata una provocazione, perché e a quale scopo?
Le intenzioni d’Israele sono assolutamente chiare ed evidenti. Anche se la tattica diplomatica-politica d’Israele è stata fino ad ora abbastanza in grado di alimentare l'idea che fosse possibile un negoziato per la soluzione palestinese, in realtà questo gruppo di dirigente israeliano appoggiato dalla maggioranza dell'elettorato israeliano non ha nessuna intenzione di risolvere il problema palestinese, quello della creazione di due Stati, così come continua a ripetere. È chiaro che nello stesso tempo (il fatto che rimanga aperta la crisi palestinese che è il punto centrale della crisi mediorientale) Israele continua a ritenere di avere il diritto della solidarietà internazionale per ragioni storiche naturalmente e anche per ragioni attuali. Ora è evidente che questo gioco (dire una cosa e fare esattamente il contrario), cioè estendere gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, bloccare Gaza e strangolare sostanzialmente il popolo palestinese è insostenibile per la Comunità internazioanle ed anche l'Europa non può appoggiare alla lunga questo tipo di politica e quindi Israele si sta preparando ad uno show-down molto duro, utilizzando l'Iran come pretesto per "estorcere" nuovamente la solidarietà dell'Europa riguardo i suoi progetti.
 Siccome (Israele) non lo può fare direttamente, lo fa indirettamente, quindi l'obiettivo centrale è quello dell'Iran. Ora che c'entra la Turchia? La Turchia è un paese musulmano che sta riguadagnando la propria autonomia e nel corsi degli ultimi anni ha ripetutamente manifestato la sua insoddisfazione, la sua critica molto dura, nei confronti dell'atteggiamento israeliano verso il popolo palestinese e per questa ragione Israele ha scelto di attaccare il convoglio (il cui personale è stato in gran parte turco) e dare una lezione allaTurchia. Questo è il segno, come dire, la pratica/tattica che Israele ha sempre applicato consiste in questo; se la forza non è sufficiente bisogna usare più forza. Nel caso specifico la Turchia ha ripetutamente criticato Israele e Israele colpisce la Turchia per dare un segnale internazionale: “Guardate! Chiunque si comporterà in modo tale da non darci la solidarietà totale sarà sottoposto alla nostra vendetta, alla nostra pressione”. Ed infine stati uccisi nove pacifisti-disarmati che erano a bordo di una delle navi della flottiglia. Io su questo non ho minimo dubbio. Non è stato un caso, un semplice incidente. Il comando che ha attaccato la flottiglia è andato con l'ordine preciso di creare un drammatico scontro politico anche a costo di uccidere la gente quindi è chiarissimo il significato. È escluso che una cosa del genere possa accadere per caso.

Quindi chi ritiene che l'attacco del 31 maggio ha provocato gravi danni alla causa israeliana sta magari sbagliando?
È vero se si presuppone che Israele si stia sbagliato sotto un certo profilo perché sul piano così strategico Israele più procede su questa linea più inevitabilmente si inimicherà la gran parte della Comunità internazionale. Quindi se la mettiamo da questo punto di vista, certo è un atto che danneggia strategicamente Israele ma se si esce dalla strategia e si guarda la tattica si capisce benissimo che questo e un'atto funzionale, cioè Israele è interessato solo all'innalzamento della tensione. E solo qualche cosa di molto grave che accada ripetutamente nell'area potrà giustificare l'attacco che gli israeliani stanno già preparando nei confronti dell'Iran che a loro avviso è la vera minaccia alla esistenza dello stato d’Israele. Siccome queste cose non si possono fare a freddo perché avrebbero una ricaduta catastrofica proprio su Israele, bisogna organizzare un'atmosfera intrenazionale di tensione che sia la premessa del contesto nel quale l'attacco può avvenire anche perché è chiaro che Israele proverà all'attacco ma tenterà di avere immediatamente l'appoggio degli Stati Uniti. Quindi bisogna creare le condizioni perchè l'attacco israeliano sia sostenuto e appoggiato. Quello che ho descritto nel mio articolo è un'insieme di episodi, di eventi, che - a mio avviso - dimostrano o che lasciano pensare esattamente quale sia questa strategia. I dirigenti israeliani hanno ripetutamente detto che - sottolineo questo punto - attaccheranno la Repubblica islamica quando loro riterranno che l’Iran è vicino alla creazione della bomba atomica. Quindi non c'è bisogno di avere dimostrazioni oggettive o prove, quando loro riterranno necessario. Allora significa che questo è una decisione che dipende esclusivamente dalle loro valutazioni. Il quadro mondiale è completamente estraneo a tutto ciò. Per i dirigenti israeliani non esiste un quadro mondiale. Esiste specificamente la loro propria valutazione sui rapporti di forza e sulla situazione. Quindi il mondo deve sapere, e gli israeliani fanno di tutto perché il mondo sappia che loro sono determinati a fare una certa cosa e tutti sono avvertiti. Per creare le condizioni devono esserci elementi tali che consentono questo clima di scattare. Come Lei ha fatto cenno, io ho citato nel mio articolo la notizia apparsa su L'International Herald Tribune di una delegazione israeliana che è andata in Cina e secondo l'articolista che raccontava quest'episodio lo scopo della visita era esattamente quello di dire alle autorità di Pechino che Israele si sta preparando all'attacco - e lo farà quado lo riterrà opportuno -, invitando a valutare che i rischi non ci saranno per l'economia cinese in generale che gli interessi cinesi nell'area non saranno messi in discussione più di tanto. È stato un preavviso molto chiaro. Gli israeliani volevano avere anche il polso della reazione cinese. Credo che abbiano fatto la stessa cosa verso i russi. Sicuramente lo stanno facendo anche verso gli Stati Uniti perché - escludo anche questo - sarebbe tremendamente ingenuo pensare che tutto ciò che si sta preparando sia all’oscuro dei servizi segreti americani. Evidentemente non è così; tutti sanno tutto ciò che sta accadendo. Tacciono e fanno finto di tacere. Ma siccome io non sono tenuto a questo silenzio, invece vedo e metto insieme le cose che stanno accadendo e che purtroppo sono tutte molto serie, molto gravi, che ci indicano come minimo che se non c'è una pressione preventiva su Israele, una pressione che impedisca la realizzazione di questo piano, questo piano si realizzerà.

Vorrei sapere se la Russia e la Cina che hanno detto sì alla nuova risoluzione di sanzioni contro l’Iran, l'hanno fatto sotto pressione d'Israele?
Direi di sì sostanzialmente anche se non credo che né la Cina e né la Russia siano così subalterne rispetto a Israele. Sono entrambi in grado di avere una proria politica. Nell'articolo mi sono chiesto perché sia la Cina sia la Russia hanno accettato questa linea, la linea delle sanzioni, seppure con molte riserve? Non ho una risposta per questo, non credo che si tratti solo di subalternità alle pressioni israeliane. Credo che ci siano delle considerazioni startegiche generali che riguardano la crisi mondiale. Questa è la mia interpretazione poiché per ragioni diverse sia la Cina che la Russia non sono in condizione di dettare - per il momento - la loro linea al resto del mondo. Per esempio la Russia evidentemente per la sua debolezza economica, da sola non può influenzare, non ha una potenza, non ha una massa critica sufficiente per poter modificare il quadro della crisi finanziaria. La Cina ha degli strumenti ma è fortemente condizionata dal suo legame con gli Stati Uniti, un legame di "do ut des", “dò affinché tu mi dia”. Cioè sostanzialmente la Cina tiene in piede debito americano e lo alimenta a sua volta quindi tutte queste ragioni entrano in gioco sia la Russia che la Cina non vogliono contrapporsi in questo momento agli Stati Uniti. Dire gli Usa nella questione iraniana significa dire Israele e viceversa. Israele e Stai Uniti sono intrinsicamente strettamente alleati quindi mi verrebbe la tentazione di dire che sia la Cina che la Russia hanno deciso per il momento di lasciar fare, sapendo che chiunque s’imbarcherà in quest'avventura dovrà pagare dei prezzi strategici molto molto pesanti. Sostanzialmente rimanendo fuori, lasciando che qualche cosa accada ma mantenendo una completa autonomia e differenziazione rispetto a ciò che si decide nella capitale imperiale (Washington) o della sua soccorsale Tel Aviv. Questa è l'unica spiegazione che io in questo momento posso dare per quanto riguarda il comportamento cinese e russo. Non direi però che questo è un'atteggiamento di completa adesione alla linea americana perché così non è. Si tratta di un'adesione molto a denti stretti, molto fredda e comunque piena di distinguo e di differenziazione.

Quale sarà il comportamento d’Israele di fronte al voto contrario della Turchia e del Brasile alle sanzioni decise dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu contro l'Iran?
La reazione fa parte del ragionamento dell'attacco contro le navi pacifiste. È da prevedere un raffreddamento drastico delle relazioni tra la Turchia e Israele anche perché fino a ieri la Turchia era di fatto la piazza d'armi attraverso cui Israele poteva pensare ad un'attacco contro l'Iran adesso non è più così. Come sappiamo la Turchia ha negato lo spazio aereo con tutta la probabilità di aerei israeliani che erano dislocati nella base Nato di Injerlik in Turchia non sono più lì, sono stati trasferiti altrove. È un segreto militare. Io non conosco questi segreti militari ma presumo che si stiano dislocando diversamente. Dove? Non lo so. Ho letto anch'io naturalmente la notizia. Non so se l'Arabia Saudita ha già concesso lo spazio aereo. Quindi tutto è pronto e - ripeto - se un'attacco del genere avviene il presidente Obama non lo saprà dai gionali, lo saprà molto prima, lo saprà dai suoi servizi segreti o direttamente dalle informazioni americane. È ovvio che i rapporti con la Turchia sono sul livello di rottura e questo avrà delle influenze molto molto profonde anche sulla fisionomia della Nato perché la Turchia è un membro dell’Alleanza Atlantica e che va in una direzione del tutto diversa da quella che in questo momento è l'orientamento della Nato. Anche da qui si vede con chiarezza che Israele sta giocando una partita ad alto rischio per tutta la tenuta della cosiddetta Comunità occidentale perché il comportamento d’Israele apre un cuneo dentro il funziamento dell’Alleanza Atlantica.

In tutto questo scenario qual'è il ruolo di Barack Obama?
Molto ambiguo, sfortunatamente. Su questi terreni le promesse che aveva fatto e lasciato immaginare il presidente americano non si stanno realizzando. Nessuna delle sue promesse - si può dire -, è stata mantenuta nè verso l’Afghanistan nè vesro l'Iraq nè verso il rapporto con l'Iran. Io al momento della sua elezione dissi una cosa che ripeto ancor’oggi perché credo che sia la chiave di volta: per risolvere il problema iraniano - chiamiamolo così -, sarebbe necessario che gli Stati Uniti dichiarassero apertamente che l'opzione militare viene esclusa e che cominciano dei negoziati nuovi ma che nello stesso tempo gli Usa che sono la massima potenza militare del mondo dichiarano apertamente che difenderanno l'Iran da qualunque attacco che venga mosso dall'esterno contro la sua pace la sua sicurezza. Questa sarebbe la dichiarazione di estrema importanza perché modificherebbe integralmente il quadro negoziale. Io non lo so quale sarebbero i risultati. È difficile dire anche perché il tema è molto complesso ma tuttavia l'opzione militare tra l'altro è illegale dal punto di vista delle regole delle Nazione Unite; perché non solo le Nazioni Unite negano il diritto alla legittimità dell'uso delle forze di uno Stato contro un'altro ma negano anche la legittimità della minaccia. Bene bisognerebbe che gli Stati Uniti accettassero questi criteri delle Nazoini Unite e dicessero che non minacciano più l’Iran. Quindi non esiste l'opzione militare contro l'Iran. Non solo ma loro (gli Usa) possano anche diventare i garanti della sua proporzione. Perché dico questo? Perché c'è una ragione obiettiva che non possiamo dimenticare cioè che in tutta l'area c'è una potenza nucleare soltanto, una potenza aggressiva e molto forte e si chiama Israele. Gli altri paesi dell'area a cominciare dall'Iran non possono ignorare questo fatto. Quindi c'è uno squilibrio che è stato creato non dall'Iran ma da Israele con l'appioggio degli Stati Uniti, della Francia ecc. Questo squilibrio deve essere sanato attraverso una esplicita dichiarazione che è l’Iran non sarà minacciato militarmente e che il negoziato avviene in assenza dell'opzione militare come una delle risorse possibli come continuano a ripetere Barack Obama e il suo segretario di stato, Hilary Clinton. Questa svolta è indispensabile. Quando Obama fu eletto io scrissi proprio un'articlo dicendo se ci sarà una svolta dei rapporti tra l'Iran e gli Stati Uniti sarà basata su questa dichiarazione, potrà essere basata su qeusta dichiarazione. Questa dichiarazione non c'è stata. Obama ha continuato su qeusto terreno la stessa linea di George Bush e dei presidenti precedenti. Questo purtroppo non crea una buona soluzione, un buon terreno per uno sviluppo su basi pacifiche di una crisi che è abbastanza evidente che - ripeto - ha delle radici molto complicate. Non crea uno sviluppo che comporti ovviamente un negoziato chiarificatore. Ma ciò detto non vedo dal presidente Obama una volontà o forse una possibilità di realizzare ciò che aveva forse in mente, forse aveva in mente qualche cosa in genere ma per esempio ascoltando e riasoltando il suo discorso al Cairo (del 4 giugno 2009. Ecco il testo del discorso e la sua traduzione in italiano) sembrerebbe di avere capito che ha delle idee un pò diverse ma a quanto pare intorno a lui la struttura del complesso militare industriale è talmente forte che può condizionare la decisione di chiunque. Ma ripeto la questione non è la personalità o la sincerità del presidente degli Stati Uniti, la questione è la fisionomia di questo paese in questo momento, parlo degli Stati Uniti, un paese che è in una gravissima crisi generale che non è in grado di gestire più il mondo come ha fatto nel corso degli ultimi 50 anni ma che continua- per inerzia - a pensare di poterlo fare. Questo è il dramma purtroppo degli Stati Uniti che pensano di essere ancora gli Stati Uniti di anni ottanta. Non è più così. Non è più così sotto nessun profilo e prima gli Stati Uniti se ne renderanno conto meglio per tutti sarà.
A cura di Leila

Biografia


Giulietto Chiesa è nato ad Acqui Terme (Al) il 4 settembre 1940. L'indirizzo del suo sito: http://www.giuliettochiesa.it/

Dal 1979, quando entrò a L'Unità come redattore ordinario. In precedenza aveva compiuto una lunga esperienza politica, prima come dirigente studentesco universitario, a Genova e in campo nazionale (Vice-presidente dell'Unione Goliardica Italiana), poi come dirigente nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI), infine come dirigente della Federazione genovese del Pci negli anni 1970-1979. Capogruppo per il Pci nel Consiglio Provinciale di Genova dal 1975 al 1979, quando lascia il funzionariato di partito e viene assunto da L'Unità, a Roma. Dal 1 ottobre 1980 al 1 settembre 1990 corrispondente da Mosca per l'Unità.

Nel 1989-1990 è "fellow" del Wilson Center, Kennan Institute for Advanced Russian Studies, di Washington. Conferenze in quindici università e istituti di ricerca americani, Dipartimento di Stato, Rand Corporation etc. Nel 1990 entra alla Stampa, ancora come corrispondente da Mosca, e rimane in Russia fino alla fine del 2000.

Durante il periodo moscovita ha collaborato intensamente con Radio Liberty. Attualmente è editorialista e commentatore politico dello stesso giornale, ma scrive anche come notista e commentatore per il Manifesto e altri giornali e riviste italiane italiane. Collabora saltuariamente con diversi giornali e riviste europei russi e americani. Ha collaborato con quasi tutte le testate televisive italiane, con Radio Svizzera Internazionale, con Radio Vaticana, con la BBC in lingua russa, i canali televisivi russi ORT, RTR e NTV , e con Deutsche Welle. È apparso numerose volte su Rai News 24 e in diversi programmi RAI, tra cui Primo Piano della Rete 3. Negli ultimi anni è stato ripetutamente invitato a Omnibus, della "Sette". Ha tenuto una rubrica fissa mensile per Photo e da quattro anni ha una rubrica fissa sul mensile europeo Galatea.

In Russia ha tenuto per diversi anni una rubrica fissa sul settimanale dei circoli imprenditoriali Kompania. Ha scritto diversi libri, molti in tema di storia, cronaca e reportage sull'Unione Sovietica e sulla Russia. Il suo primo libro risale però ai primi mesi di giornalismo attivo, ancora in italia. E3 la ricostruzione del fallito tentativo di recupero degli ostaggi americani nell'ambasciata di Teheran del 1979: "Operazione Teheran" (De Donato, Bari 1980). Successivamente, già dal posto di corrispondenza moscovita, scrisse "L'Urss che cambia" (Editori Riuniti, Roma 1987) con lo storico allora dissidente russo Roy Medvedev. Questo libro venne tradotto in lingua portoghese nel 1988. Ancora in forma di dialogo con Medvedev usci' nel 1990, per i tipi di Garzanti, "La rivoluzione di Gorbaciov", che venne pubblicata anche negli Stati Uniti, con il titolo "Time of Change" (Pantheon Books, 1990) e poi in Giappone.

Quasi contemporaneamente usci' in Italia "Transizione alla Democrazia", per i tipi di Lucarini Editore. Una nuova edizione, largamente riveduta e aggiornata insieme a Douglas Northrop, con il titolo "Transition to Democracy", usci' nel 1991 negli Stati Uniti (University Press of New England) e successivamente in Russia, con il titolo "Perekhod k Democratij" (Mezhdunarodnye Otnoshenija). Seguirono altri due libri, il primo fu "Cronaca del Golpe Rosso" (Baldini & Castoldi, Milano 1991) e "Da Mosca, Cronaca di un colpo di stato annunciato" (Laterza, Bari 1995). Gli ultimi due libri pubblicati sulle vicende russe sono stati "Russia Addio" (Editori Riuniti, Roma 1997), tradotto in russo con il titolo "Proschaj Rossija" (Editrice Geja) con grande successo di pubblico, superando le 80 mila copie, e successivamente tradotto in cinese (Editrice Nuova Cina, Pechino 1999) e in greco (Kastaniotis, Atene 2000). E "Roulette russa" (Guerini & Associati, Milano 1999), che, con lo stesso titolo, "Russkaja Ruletka", è uscito in Russia a luglio 2000 per i tipi della casa editrice Prava Cheloveka.

Nel 1999-2000 ha fondato "Megachip-Democrazia nella Comunicazione", un'associazione che si occupa di analisi critica del funzionamento del mainstream mediatico. L'associazione è anche un sito internet di approfondimento ( www.megachip.info ) che ha recentemente superato (aprile 2009) i 60 milioni di pagine aperte. È a partire da Megachip che hanno preso avvio diversi progetti culturali come il programma di Educazione ai media, il film "Zero-Inchiesta sull'11 settembre, il trimestrale Cometa (Comunicazione-Etica-Ambiente)

Negli ultimi nove anni si è occupato di studio della globalizzazione e, in particolare, degli effetti sul sistema mediatico mondiale. In questo contesto si colloca la partecipazione di Giulietto Chiesa alla fondazione del World Political Forum, con sede a Torino, sotto la presidenza di Mikhail Gorbaciov.

Ha pubblicato numerosi saggi in materia per riviste italiane ed estere. In Russia sono usciti due suoi saggi ricavati da relazioni all'Accademia delle Scienze e all'Istituto di Economia e relazioni internazionali, (IMEMO).

Ha collaborato ripetutamente con la rivista di geopolitica, Limes. Attualmente collabora stabilmente o saltuariamente con altri giornali russi: Literaturnaja Gazeta, Delovoi Vtornik , Moskovskie Novosti, Itogi.

Dopo il ritorno in Italia ha scritto diversi altri libri, insieme a decine di saggi pubblicati in raccolte di autori diversi. Per i tipi di Einaudi è stato pubblicato "G8-Genova", la cronaca degli avvenimenti del luglio 2001. Per i tipi della Guerini e Associati è uscito il libro "Afghanistan anno zero", scritto con il giornalista e disegnatore satirico Vauro, con prefazione di Gino Strada, il chirurgo italiano fondatore di Emergency. Quest'ultima opera è rimasta per un anno in vetta alle classifiche, avendo superato 115 mila copie vendute. Di questo libro è stata pubblicata una edizione in lingua greca. Nella primavera del 2002 è uscito per i tipi Feltrinelli , " La Guerra Infinita ", che è rimasto a lungo in vetta alle classifiche della saggistica. Il volume ha avuto una traduzione tedesca: "Das Zeitalter des Imperiums", Europaische Verlagsanstalt, Hamburg 2003. E una edizione in lingua inglese con lo stesso titolo.

Sempre per Feltrinelli, nel marzo 2003, è uscito "Superclan", scritto con Marcello Villari. A Mosca, ancora nel 2003, è stato pubblicato, per le edizioni Neizvestnaja Voina, il volume "Beskonechnaja Voina": una raccolta di saggi che include parti di "Afghanistan anno zero", de " La Guerra infinita" e di "Superclan". Nei primi mesi del 2004 è uscito, per i tipi della casa editrice Nottetempo, "La guerra come menzogna". Di esso esiste una traduzione in francese, per la Timeli edizioni di Ginevra. Della "Guerra infinita" esiste già una edizione in inglese, presto acquistabile via Internet, e una in spagnolo. Nottetempo ha pubblicato anche il saggio "Invece di questa sinistra", che contiene il programma politico di Chiesa per le elezioni europee.

Nel 2004 Giulietto Chiesa è stato eletto al Parlamento Europeo nella Lista Di Pietro-Occhetto- Società civile. Successivamente, verificata l'incompatibilità tra la sua visione del mondo e quella di Di Pietro, ha abbandonato il gruppo parlamentare dei Liberali e Democratici, nel quale si era iscritto su richiesta di Di Pietro, e ha aderito come indipendente al gruppo del PSE. In Italia ha dato vita al Gruppo del Cantiere per il Bene Comune, insieme a Achille Occhetto, Paolo Sylos Labini, Elio Veltri, Antonello Falomi e Diego Novelli.

Nell'ottobre 2004 ha pubblicato per le edizioni Piemme, insieme al vignettista Vauro, "I peggiori Crimini del Comunismo", una denuncia satirica che svela il passato 'rosso' di alcuni degli uomini più vicini all'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.Nel 2005 ha pubblicato, per la Fazi Editore , un volume intervista, curato da Massimo Panarari, dal titolo “Cronache Marxziane”. La cui traduzione è apparsa in russo l'anno successivo con il titolo “Voinà Imperii” per la casa Editrice Eksmo. Nello stesso anno ancora Nottetempo ha pubblicato una raccolta di saggi intitolata “Prima della tempesta”.

Nel 2007 due volumi sono usciti dal computer di Giulietto Chiesa : “Le Carceri segrete della Cia in Europa", scritto con due dei più stretti collaboratori, Francesco De Carlo e Giovanni Melogli. E “Zero. Perché la versione ufficiale sull'11 settembre è un falso”, un volume collettivo, curato insieme a un altro dei suoi collaboratori, Roberto Vignoli , al quale l'autore ha contribuito con l'Introduzione e un ampio saggio di geopolitica intitolato “Europa, perché Marte ha sconfitto Venere”. Nell'ottobre 2007 il Festival Internazionale del cinema di Roma ha ospitato nella sezione documentari un film “Zero, inchiesta sull'11 settembre” realizzato da un gruppo di lavoro, promosso da Giulietto Chiesa , guidato da Paolo Jormi Bianchi, con la regia di Franco Fracassi e Francesco Trento. Il film è entrato in distribuzione all'inizio del 2008.

Il 12 settembre 2008 "Zero" è andato in onda sul Primo Canale della Tv russa, con un eccezionale successo di pubblico. Oltre 30 milioni di persone hanno visto il film, ai quali si devono aggiungere altri milioni di spettatori di lingua russa nello spazio che fu dell'unione Sovietica.

Negli ultimi mesi del 2008 Giulietto Chiesa, insieme a un nutrito gruppo di giornalisti, scrittori, intellettuali, riuniti attorno a Megachip, ha dato vita a Pandora Tv, esperimento di una televisione indipendente, autofinanziata dai suoi spettatori, su più piattaforme (www.pandoratv.it).

Nell'aprile 2009 si è candidato per le elezioni europee in Lettonia, nel partito "Per la Difesa dei Diritti Umani in una Lettonia unita".

Fonte: http://italian.irib.ir/

Nessun commento:

Posta un commento