Questo è un vecchio articolo, ma vale la pena di riproporlo, soprattutto dopo l'assalto alla Freedon Flotilla, piombo Fuso e l'assassinio negli Emirati di Mahmud al-Mabhouh, evento quest'ultimo che ha creato un po' (non troppo in realtà) attrito con alcuni paesi europei visto che gli agenti del Mossad hanno usato passaporti falsi di Gran Bretagna e Irlanda: qui si parla proprio di "omicidi mirati"
GLI SQUADRONI DELLA MORTE DI ISRAELE: STORIA DI UN SOLDATO
di Donald Macintyre
© Copyright Donald Macintyre, The Independent, 2009
Un ex membro di uno squadrone della morte israeliana ha rotto il silenzio per la prima volta: storia di un soldato.
La politica militare di Israele di assassini selettivi è stata descritta dall'interno per la prima volta. In un'intervista con l'Indipendent on Sunday, e nella sua testimonianza ad una organizzazione di ex soldati, Breaking the Silence (Rompendo il silenzio), un ex membro di uno squadrone della morte, ha parlato del suo ruolo in un'imboscata fallita nella quale morirono due passanti palestinesi così come i due combattenti attaccati.
L'operazione, che ebbe luogo poco più di otto anni fa, all’inizio dell'attuale Intifada, causò traumi psicologici all'ex tiratore scelto. Fino ad oggi non ha mai raccontato ai genitori la sua partecipazione a quello che chiamò "il primo assassinio faccia a faccia dell'Intifada".
Man mano che si sviluppava la sollevazione, gli assassini selettivi si trasformarono in un’arma di uso routinario nell'arsenale dei militari israeliane, specialmente a Gaza, dove gli arresti diventarono in seguito meno facili che in Cisgiordania. I più clamorosi furono quelli dei dirigenti di Hamas, Ahmed Yassin ed Abdel Aziz Rantisi nel 2005, e di Said Siyam nella più recente offensiva. Ma gli attacchi contro militanti di rango minore, come quello assassinato nell'operazione descritta dall'ex soldato, diventarono abbastanza comuni da provocare pochi commenti.
L'incidente descritto dall'ex soldato sembra quasi triviale se paragonato a tutto quello che è successo da allora a Gaza, culminando con le più di 1.200 vittime palestinesi inflitte dall'Operazione Piombo Fuso a gennaio di quest’anno. Sarebbe potuto essere dimenticato da tutti, con l'eccezione dei diretti interessati, se non fosse stato per l’inusuale racconto fatto a Breaking the Silence, organizzazione che ha raccolto le testimonianze di centinaia di ex soldati su quanto videro e fecero - inclusi gli abusi contro i palestinesi - durante il loro servizio nei Territori Occupati.
Questo racconto, raccolto in un'intervista con l'Independent on Sunday, ed ampiamente confermato dalla testimonianza di un altro soldato a Breaking the Silence, sfida direttamente gli elementi della versione ufficiale dell'epoca, ed offre una nuova prospettiva sulla tattica degli assassini selettivi dell'esercito israeliano. Lo stesso fanno i commenti del padre di uno dei palestinesi assassinati, e di quello che sopravvisse, riportati dall'Independent on Sunday.
La nostra fonte non può essere identificata dal nome, soprattutto perché si è deciso finalmente a parlare di quanto successo, ed in teoria potrebbe essere accusato all'estero per il suo ruolo diretto in un assassinio, del genere che la maggioranza dei paesi occidentali considera come una grave violazione del diritto internazionale. Proveniente da una buona famiglia, ed ora integrato nella vita civile nell'area di Tel Aviv, l'ex soldato ha circa 30 anni. Intelligente e distinto, e con una memoria dettagliata dei numerosi aspetti, è scrupoloso nell’ammettere che il suo ricordo su altri punti potrebbe essere incompleto.
L'ex soldato di leva ha raccontato che la sua unità speciale era stata addestrata per un assassinio, ma che in seguito venne loro detto che sarebbe trattato di un'operazione di arresto. Avrebbero sparato solo se l'uomo in questione aveva armi dentro la sua automobile. “Ci sentivamo abbastanza infastiditi perché sarebbe stato un arresto. Volevamo ammazzare", ha detto. Allora l'unità si diresse verso sud, a Gaza, e prese posizione. Era il 22 di novembre del 2000.
Il principale obiettivo dello squadrone era un militante palestinese chiamato Jamal Abdel Razeq. Stava nel sedile del passeggero di una Hyundai nera, condotta verso nord, in direzione di Khan Younis, dal suo compagno Awni Dhuheir. Entrambi gli uomini ignoravano completamente la trappola che li aspettava vicino all'incrocio Morag. Quella parte della strada principale Salahadin da nord a sud, a Gaza passava direttamente vicina ad un insediamento ebraico. Razeq era abituato a vedere dei mezzi corazzati per il trasporto truppe (APC) sul ciglio della strada, ma non aveva idea che il regolare equipaggio di quello era stato rimpiazzato da uomini di un'unità speciale di élite della forza aerea, inclusi almeno due cecchini altamente addestrati.
Da quando aveva lasciato la sua casa di Rafah quella mattina, lo Shin Bet - il servizio di intelligence israeliano – aveva monitorato ogni suo movimento con particolare precisione, grazie ad un continuo contatto tramite telefono cellulare con due collaborazionisti palestinesi, tra i quali uno degli zii. L'uomo che doveva ammazzarlo, dice, era "sorpreso" dei dettagli trasmessi dallo Shin Bet al comandante dell'unità: "Quanto caffè aveva nel suo bicchiere, quando partiva. Sapevano che aveva un autista [e]… dissero che aveva armi nel bagagliaio, non nell'automobile. Per 20 minuti sapevamo che doveva essere un semplice arresto, perché non aveva armi nell'auto".
Ma a quel punto, dice, gli ordini cambiarono improvvisamente. "Dissero che mancava un minuto al suo arrivo, e alla fine ricevemmo l'ordine che sarebbe stato un assassinio". Egli pensa che l’ordine proveniva da una sala operativa apposita e la sua impressione fu che “tutti i grandi capi stavano lì", tra essi un brigadier generale.
Sicuramente i due militanti palestinesi ancora non sospettavano nulla avvicinandosi all'incrocio, perfino quando un grande camion trasporti dell'esercito israeliano sbucò da un lato, girando per tagliargli la strada. Non avevano modo di sapere che il camion era strapieno di soldati armati in attesa di quel momento. Un 4x4 fu inviato per strada, solo in caso che accadesse "qualcosa di realmente brutto".
Ma qualcosa andò storto: il camion uscì troppo veloce e bloccò non solo i militanti sulla loro Hyundai nera, ma anche il taxi Mercedes bianco di fronte a loro. Questo portava Sami Abu Laban, panettiere di 29 anni, e Na'el Al Leddawi, studente di 22. Stavano andando da Rafah a Khan Younis per tentare di comprare del combustibile per alimentare i forni del pane.
Avvicinandosi il momento critico, il tiratore scelto cominciò a tremare dalla vita in giù. “Quello che succede ora è che sto aspettando che arrivi l'automobile e perdo controllo delle gambe. Ho un M16 con digicom, [mirino speciale per cecchini]. E’stata una delle cose più strane che mi siano mai successe. Mi sentivo completamente concentrato. Cosicché, mentre contiamo i secondi, cominciamo a vedere le automobili, e ne vediamo arrivare due, non una. C'era una prima automobile molto vicina alla seguente e quando il camion entrò, un po' in anticipo, entrambe le automobili si fermarono. Tutto si fermò. Ci diedero due secondi e dissero: ‘Sparate! Fuoco!’” Chi diede l'ordine ed a chi? “Il comandante dell'unità… a tutti. Tutti sentirono 'Fuoco’”
L'obiettivo, Razeq, era nel sedile del passeggero, più vicino all'APC. "Non ho dubbi, lo vedo nel mirino. Comincio a sparare. Tutti cominciano a sparare e perdo il controllo. Sparo per uno o due secondi. Contai dopo - sparai 11 pallottole nella sua testa. Avrei potuto sparare un solo colpo e basta. Furono cinque secondi di spari".
"Guardai nel mirino, vedevo metà della sua testa. Non avevo motivo per sparare 11 pallottole. Penso che forse sia stato per paura, forse per affrontare tutte le cose che stavano succedendo. Continuai a sparare".
Per quanto ricorda, l'ordine di sparare non fu specifico per i cecchini nell'APC. Non può sapere con sicurezza se i soldati nel camion pensarono erroneamente che parte degli spari erano diretti contro di loro dalle automobili. Ma dice che dopo che si fermò "gli spari aumentarono. Penso che la gente nel camion venne presa dal panico. Stavano sparando ed una delle automobili comincia a partire ed il comandante dice: "Alt!, alt!, alt!” Ci vollero un paio di secondi per fermarsi completamente e ciò che vedo dopo sono entrambe le automobili piene di buchi. Anche la prima auto, quella che stava lì per coincidenza."
Razeq e Dhuheir, i militanti, erano morti. Anche Abu Laban e Al Leddawi. Miracolosamente, l'autista del taxi, Nahed Fuju, era illeso. Il tiratore scelto ricorda solo uno dei quattro corpi che giacevano sul terreno.. “Quel corpo mi inorridì. Era come un sacco. Era pieno di mosche. Chiesero chi aveva sparato alla prima automobile [la Mercedes] e nessuno rispose. Penso che tutti fossero confusi. Era ovvio che era stata un’assurdità e nessuno l'ammetteva." Ma il comandante non fece un interrogatorio formale fino a che l'unità ritornò alla sua base principale.
Il comandante entrò e disse: 'Congratulazioni. Abbiamo ricevuto una telefonata dal Primo Ministro, dal Ministro della Difesa e dal Capo di Stato Maggiore. Tutti si congratulano con noi. La nostra missione è riuscita perfettamente. Grazie.' E da quel momento, intesi che erano molto contenti". Dice che l'unica discussione fu riguardo al rischio reale di perdite fra i soldati per il fuoco amico durante la sparatoria, in cui uno dei veicoli dell'esercito israeliano venne raggiunto da pallottole di rimbalzo, ed alla fine della quale perfino un soldato uscì dal 4x4 e sparò ad un corpo inerte a terra.
La sua impressione era che "volevano che la stampa o i palestinesi sapessero che facevamo un passo in avanti nella nostra lotta", ed aggiunge: "Il sentimento fu di un gran successo ed io aspettavo un interrogatorio che ci facesse tutte quelle domande, che mostrasse del disappunto per l’esito negativo, ma non accadde. L’unica cosa che sentii è che i comandanti sapevano che era stato un grande successo politico per loro".
L'incidente causò immediatamente una certa commozione. Mohammed Dahlan, allora capo della Sicurezza Preventiva diretta da Fatah a Gaza, lo definì un “barbaro assassinio”. La relazione allora presentata alla stampa dal brigadier generale Yair Naveh, a capo delle forze dell'esercito israeliano a Gaza, fu che doveva essere un'operazione d’arresto, ma che venne riferito che qualcosa era andata male. Razeq aveva tirato fuori un Kalashnikov e tentato di aprire il fuoco contro le forze israeliane, ed allora i soldati spararono contro il suo veicolo. Benché Razeq fosse il principale obiettivo, si affermò che anche le due vittime nel taxi erano attivisti di Fatah con legami con Razeq".
Il signor Al Leddawi ha detto la settimana scorsa che la presenza di suo figlio fu un tragica coincidenza e che la famiglia non aveva mai sentito parlare degli altri due uomini. "Fu tutta una coincidenza che siano stati lì", disse. "Non abbiamo niente a che vedere con la resistenza in questa famiglia" Oltre a dire che non aveva ricevuto "un solo shekel” in risarcimento, il tassista, signor Fuju, non volle parlare con noi a Rafah la settimana scorsa. "Volete intervistarmi affinché gli israeliani bombardino la mia casa?”.
I militari israeliani dissero, in risposta a dettagliate ricerche sull'incidente e alle discrepanze tra la loro relazione dell'epoca e quella dei palestinesi, ed ora quella dell'ex soldato, che "prendono molto sul serio le violazioni dei diritti umani" ma che "si dispiacciono che Breaking the Silence non fornisca loro dettagli o testimoni sugli incidenti dei quali parla al fine di permettere un'investigazione esaustiva." Aggiungono che "quei soldati e i comandanti non avvicinarono i loro superiori… con lamentele durante il loro servizio."
Le nostre rivelazioni in breve: unità segreta in una missione per uccidere
Independent on Sunday ha ottenuto una relazione che, per la prima volta, spiega il servizio in uno degli squadroni della morte delle forze armate israeliane.
Un ex soldato ha informato IoS ed un'organizzazione di ex soldati della sua partecipazione ad un'imboscata riuscita male, che ha ucciso accidentalmente due uomini con i due miliziani che erano il loro obiettivo.
L'ex soldato, tiratore scelto addestrato, dice che sparò 11 pallottole alla testa del miliziano la cui morte era stata ordinata dai suoi superiori. Allo squadrone gli avevano detto inizialmente di stare uscendo per una missione di arresto, ma un minuto prima gli ordinarono di sparare a morte.
Invece di discutere a posteriori i difetti dell'operazione, allo squadrone venne detto di aver ottenuto un successo perfetto" con le congratulazioni del Primo Ministro e dal Capo dello Stato Maggiore.
© Copyright Donald Macintyre, The Independent, 2009
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=12549
Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa
Fonte: http://www.vocidallastrada.com/
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