“I can’t believe the news today”: non posso credere alle notizie, oggi, cantavano gli U2. Bloody Sunday, domenica 30 gennaio 1972. A Derry, il primo battaglione del reggimento paracadutisti britannico aprì il fuoco contro una folla di inermi, manifestanti per i diritti civili, colpendone 26. Tredici erano giovanissimi e morirono sul colpo, uno morì quattro mesi più tardi. A quasi quarant’anni di distanza, la Gran Bretagna ammette: fu un’infamia dell’esercito inglese a insanguinare uno dei giorni più infausti e traumatici per l’Irlanda del Nord. Un atto di barbarie, senza possibili attenuanti, deciso a freddo per assassinare la protesta.
Molti testimoni, ricorda Luca Galassi su “PeaceReporter”, affermarono che i manifestanti erano disarmati: cinque vittime furono colpite alle spalle e due

Furono infatti i soldati ad aprire il fuoco per primi con «un comportamento ingiustificato e ingiustificabile». Ad affermarlo è il premier conservatore britannico, David Cameron, che si è detto «profondamente dispiaciuto» per il ruolo avuto dal Primo reggimento dei paracadutisti. Il rapporto, lungo 5.000 pagine e redatto da un team guidato dal giudice Lord Saville di Newdigate, è stato presentato dopo 12 anni di inchiesta e 195 milioni di sterline di spesa. «Le risultanze del rapporto parlano da sole», scrive

I soldati britannici spararono nel mucchio, senza pietà e senza aver ricevuto intimidazioni o provocazioni: «Nessuno dei feriti costituiva minaccia o stava compiendo gesti tali da giustificare il fuoco dei soldati britannici. Per nessun motivo gli eventi della “Bloody Sunday” avrebbero dovuto essere “ammorbiditi” o resi ambigui: nessuna giustificazione a sostegno di questa tesi», aggiunge Galassi su “PeaceReporter”. «Molti soldati mentirono». Il comportamento di alcuni dei membri delle forze armate britanniche fu “doloso”. «Ciò che è successo non dovrà mai più accadere», ha detto lo stesso Cameron (info: www.peacereporter.net).
Fonte:http://www.libreidee.org
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