8 giugno 2010

Nella base una storia militarista e consensuale

La decisione di mantenere una base militare statunitense a Okinawa (su pressione degli americani), e le dimissioni del primo ministro giappone Yukio Hatoyama hanno mostrato, ancora una volta, un Giappone scisso. Da una parte una classe politica debole e complice con gli interessi strategici degli Usa, dall'altra un popolo che gli americani li vuole - da sempre - via da Okinawa, e meglio ancora via dal Giappone.
Ieri a giustificare le basi erano la guerra fredda e del Vietnam, taigan no kasai, come l'hanno chiamata i giapponesi, l'incendio sulla riva opposta, oggi è la Corea e i mille nemici che danno grane a Obama. Hatoyama è diventato Primo ministro a settembre 2009 anche grazie alla promessa di riequilibrare l'opprimente presenza militare americana in Giappone. Invece, in continuità con il precedente governo di centro-destra, ha portato a termine, a fine maggio, una trattativa, cominciata nel 2006, che si è risolta con la decisione di ricollocare la base di Futenma a Henoko, sempre a Okinawa, ma un po' più a nord, in una zona più selvaggia e meno abitata. Sono state immediate le reazioni dei giapponesi, asprissime quelle della popolazione dell'isola. Un sondaggio del Mainichi Shinbun a fine maggio ha mostrato come l'84 % degli abitanti dell'isola sia contrario alla costruzione della nuova base, mentre il 71 % pensa che i militari non siano necessari. Dopo la seconda guerra mondiale, con il Giappone martoriato dalle atomiche dell'agosto 1945 e dai bombardamenti dei giorni appena successivi, Okinawa rimase sotto il controllo degli Usa fino al 1972. Oggi, dei circa 40mila militari americani in Giappone, due terzi si trovano a Okinawa e occupano il 18 % di un territorio grande poco più di 2000 metri quadrati. Il peso delle basi va oltre i numeri: gli americani si sentono a casa sull'isola, nei loro bar con la musica assordante e per le strade dove hanno costruito i loro negozi. Nel 1995 un soldato ha stuprato una bambina di 12 anni: il caso ha sollevato l'indignazione di tutti ma è solo uno dei tanti episodi di violenza sulle donne e sui bambini per i quali nessun militare ha mai pagato, secondo il principio di extra-territorialità. E il supporto del Giappone è anche economico. L'Omoyari Yosan, letteralmente budget di solidarietà, è la somma che il Giappone versa agli Usa per la gestione delle basi: miliardi e miliardi di dollari dal 1978. (c.z.)

Fonte: ilmanifesto.it

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