21 giugno 2010

Il caso di Helen Thomas e la diplomazia di Obama

A novant’anni e dopo aver per decenni collaborato con la Casa Bianca, Helen Thomas si è vista costretta a dimettersi dopo le dichiarazioni scottanti che ha rilasciato su Israele. La giornalista ha infatti affermato che gli israeliani stanno occupando illegittimamente il suolo palestinese. La soluzione per la Thomas? Che gli israeliani tornino in Polonia, in Germania o ovunque ritengano opportuno. Le affermazioni della giornalista hanno scatenato numerose polemiche così da vedersi costretta al ritiro dopo 50 anni di onorata carriera.


Sembra essere abbastanza chiaro l’intento della Casa Bianca: non creare un ulteriore polverone sulla questione Israele e cercare di mantenere tranquille le acque. Chi però non è stato in grado di mantenerle tranquille (metaforicamente e non) è stato proprio lo stato del Vicino Oriente, a seguito della controversa vicenda dell’attacco alla Freedom Flottilla diretta a Gaza. Per anni gli Stati Uniti hanno fornito sostegno materiale allo stato israeliano, ma sembrerebbe che Obama sia in procinto di attuare un cambio di rotta.

Il premier Netanyahu ha recentemente annunciato la costruzione di nuovi insediamenti, senza dare adito a possibili mediazioni; d’altro canto, però, gli USA stanno attivamente lavorando in concertazione affinché la pace fra israeliani e palestinesi non sia più solo un miraggio. La reazione, quindi, di Washington alle dichiarazioni di Helen Thomas potrebbero vedere due ragioni fondamentali: o la mancanza di una presa di posizione decisa nei confronti delle azioni israeliane, oppure un modo per mantenere calme le acque e proseguire con i negoziati per la pace.

Poiché, però, Obama già si era detto contrario alla costruzione di nuovi insediamenti, c’è da ritenere che la Casa Bianca abbia scelto una linea più moderata solo per raggiungere più agevolmente gli scopi che si è prefissata. Tuttavia sarebbe plausibile pensare che la pace fra le due popolazioni non accadrà miracolosamente in pochi giorni, dato che la situazione sulla striscia di Gaza si protrae da decenni. Il presidente americano ha affermato che “entrambe le parti devono creare un clima favorevole che porti a una svolta”, ribadendo anche che gli israeliani dovranno fermare la costruzione di insediamenti, mentre i palestinesi dovranno fare passi avanti sul terreno della sicurezza.

La vera svolta, intanto, si è avuta con la notizia che gli Stati Uniti forniranno ai palestinesi aiuti addizionali per 400 milioni di dollari poiché la situazione di Gaza è divenuta “insostenibile”. Il presidente statunitense ha anche sottolineato la necessità di un nuovo approccio nei confronti del territorio, sottoposto dal 2007 a un blocco israeliano.

C’è da scommettere che gli USA continueranno comunque a mantenere un certo balance nei rapporti internazionali, così da “guidare il mondo” verso quella pace tanto sognata. In un momento in cui i rapporti fra gli stati sono così delicati è chiaro che Obama applichi una tattica di mediazione piuttosto che prendere posizioni intransigenti. Non bisogna scordarsi che anche la Russia fa parte del Quartetto che lavora per la pace nel Vicino Oriente, e che gli stessi rapporti fra russi e statunitensi hanno subito una svolta (almeno sulla carta) in positivo proprio di recente. Non è così difficile ritenere che Medvedev spinga affinché il ruolo della sua nazione come mediatrice nel Medio Oriente e, plausibilmente, anche in Asia diventi cruciale. D’altro canto è importante pensare che la Russia ha da poco votato le sanzioni all’Iran (tanto volute da Obama), ecco perché gli Stati Uniti devono mantenersi su una linea soft nei rapporti diplomatici internazionali. Se la Russia, che evidentemente trae numerosi vantaggi da questo riscoperto rapporto amichevole con gli USA, vedesse il Paese nordamericano spingere troppo verso la questione Israele ed essere, allora, protagonista indiscusso della scena mondiale, potrebbero crearsi delle tensioni.

La scelta di fare pressioni sulla Thomas è stata, quindi, indotta non tanto da una valutazione morale sulle affermazioni che la giornalista ha espresso, quanto piuttosto (ma è chiaro ed evidente che in diplomazia sia questa la prassi) dalla volontà di non andare ad alterare troppo dei già fragili equilibri sulla scena mondiale e non compromettere il ruolo futuro degli Stati Uniti verso i grandi cambiamenti che Obama auspica.
di Eleonora Peruccacci
20/06/2010
* Eleonora Peruccacci è dottoressa in Relazioni internazionali (Università di Perugia), collabora frequentemente al sito di “Eurasia”
 
 
Fonte: http://www.eurasia-rivista.org/

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