20 giugno 2010

Libertà secondo capitalismo

di Antonio Catalano
Marchionne: «Senza accordo Pomigliano chiude».
Sacconi: «Pomigliano è la risposta al rattrappimento produttivo».
Brunetta: «La Fiom si oppone all’accordo perché difende fannulloni ed opportunisti».
Sacconi: «L’accordo di Pomigliano è un punto di svolta nelle relazioni industriali. Lo ricorderemo come un passaggio importante e dimostra che da oggi questo Paese e’ ancora più moderno perché si e’ adeguato alla competizione». «Vale più questo accordo di molti incentivi perché non c’è incentivo finanziario che possa compensare un disincentivo normativo», prosegue prima di salire sul palco del convegno dei giovani imprenditori.
Tremonti: «Troppe regole bloccano l’economia. L’accordo Pomigliano è un esempio per tutti».


Marchionne, assieme al presidente della Fiat, John Elkann: «Che cos’altro dovremmo fare a parte chiudere? Giocare a pallone forse? Io costruisco auto e se non le produco lì le produrrò da un’altra parte. Ci sono un sacco di posti che amerebbero avere la produzione di auto. La Serbia, per esempio o la Polonia. Quanti costruttori europei avete visto che trasferiscono la produzione dall’Europa dell’Est?».
Mancava il buon Veltroni: «Questo accordo mi sembra inevitabile: è molto duro, però non avviene sotto un ricatto, bensì a causa di una condizione obiettiva che è figlia della nostra globalizzazione diseguale». «La via giusta è quella dell’economia sociale di mercato, la via giusta è quella di Pomigliano».
Non aggiungo altro, questo accordo sancisce la fine del CCNL, si istituisce al suo posto un rapporto privato tra lavoratore e proprietà.
Riporto di seguito il lapidario ed incazzato commento scritto dal mio amico, e compagno, Giovanni De Francesco.
LA DELOCALIZZAZIONE È UN CRIMINE !
Dagli anni ’90 le industrie italiane, dopo aver ricevuto enormi finanziamenti pubblici per creare occupazione,  chiudono le fabbriche, licenziano i lavoratori e trasferiscono la produzione nei paesi del terzo mondo dove pagano gli operai un dollaro al giorno.
Con il salario mensile di un operaio italiano pagano 100 operai in africa.
Oltre ai salari da fame, gli operai vivono condizioni di lavoro schiavistiche e chi protesta viene anche ammazzato. Alle lavorazioni – anche per 12 ore al giorno – sono costretti anche bambini.
Per tutto ciò le popolazioni scappano verso l’occidente.
L’immigrazione e la disoccupazione hanno la stessa origine: gli industriali che licenziano in italia creano fame e schiavitù negli altri paesi.
Questa politica di delocalizzazione crea disoccupazione in Italia ed affamamento nei paesi allocati per i soli faraonici profitti degli industriali, esentati dalla legge italiana e comunitaria dal pagamento delle tasse.
Creare disoccupazione, creare affamamento, ridurre in  schiavitù intere popolazioni e’ un crimine.
Invece, per anni tutte le forze politiche ritengono legale la delocalizzazione.
Anzi, propongono ai lavoratori italiani di ridurre i propri diritti, accettare condizioni di lavoro simili a quelle imposte ai lavoratori del terzo mondo, in modo da evitare la delocalizzazione, in modo da evitare la disoccupazione.
Questo è il ricatto che sta compiendo la fiat ai lavoratori di Pomigliano.
«o accettate condizioni lavorative peggiori, oppure vi licenzio e delocalizzo all’estero».
Se passerà questo ricatto, la politica di schiavizzazione si estenderà a tutte le situazioni ed a tutti i lavoratori.
Per questo motivo occorre resistere ed appoggiare la lotta di opposizione degli operai fiat di Pomigliano contro il piano aziendale.
Occorre promuovere sull’intero territorio nazionale una battaglia e delle iniziative di denuncia e di opposizione alla fiat ed ai suoi complici in modo da sostenere la lotta degli operai di Pomigliano.
La vittoria della loro lotta sarà la vittoria di tutti i lavoratori italiani.
Sarà un primo passo di lotta per ottenere  giustizia e l’uguaglianza di tutti i lavoratori del mondo.

Fonte: http://www.comunismoecomunita.org

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