16 giugno 2010

I Fratelli Musulmani tra localismo e transnazionalità

Il 12 febbraio 1949 il fondatore del movimento dei Fratelli Musulmani, Hassan al-Banna, ricevette sette colpi di pistola da due uomini mentre attendeva un taxi assieme al fratellastro in una via del Cairo. Quando ebbe raggiunto l’ospedale in fin di vita, la monarchia allora regnante in Egitto diede ordine di non fornirgli le cure necessarie, lasciandolo così morire.

Tre anni dopo, nel 1952, il movimento dei Fratelli Musulmani ebbe la sua vendetta, giocando un ruolo chiave nel colpo di stato perpetrato dal “Movimento dei Liberi Ufficiali” dei generali Naguib e Nasser, con il quale la monarchia egiziana fu rovesciata.
Malgrado ciò, negli anni successivi i rapporti tra i Liberi Ufficiali e i Fratelli Musulmani deteriorarono a tal punto che il movimento fu dichiarato illegale, diversi rappresentanti della Fratellanza furono incarcerati e il loro massimo esponente e ideologo, Sayyid Qutb, fu condannato a morte nel 1966 e ucciso per impiccagione.

L’eccezionalità dei Fratelli Musulmani e il loro difficile rapporto con gli organi di governo
Fin dalla sua fondazione nel 1928, il movimento egiziano dei Fratelli Musulmani (in arabo al-Ikhwan al-Muslimin, ma più spesso soltanto al-Ikhwan) ha dovuto affrontare un difficile rapporto con gli organi di governo, fossero essi di tipo monarchico, rivoluzionario o repubblicano. Tale complicato rapporto ha caratterizzato il movimento in tutte le sue fasi ed in tutte le sue diramazioni anche al di fuori dell’Egitto, fino ai giorni nostri.

La ragione di ciò è insita nella natura stessa dell’Ikhwan: i suoi caratteri infatti lo configurano come il primo esempio di Islam politico, rendendolo così l’unico movimento in grado di proporsi contemporaneamente come confraternita religiosa, partito politico e movimento sociale. La differenza cruciale rispetto ai precedenti movimenti di tipo religioso risiede nel fatto che la Fratellanza, grazie soprattutto agli apporti ideologici di Sayyid Qutb, propone un modello di organizzazione politica costruito su basi e precetti di tipo religioso che investe ogni aspetto della società civile. In questo senso gli insegnamenti del Corano e i precetti islamici divengono secondo la Fratellanza le basi del governo della società, rendendo pertanto illegittimo qualsiasi altro tipo di governo civile. Secondo la teorizzazione di Qutb, i Fratelli Musulmani arriveranno alla conquista del potere attraverso un duplice percorso: dall’alto, con alcuni uomini del movimento che penetrino nella vita politica del Paese ottenendo cariche importanti presso le istituzioni statali; dal basso, con il movimento che conquisti i consensi di vaste porzioni della società civile, coagulandole localmente attorno alle moschee.

Su queste basi, diventano evidenti le ragioni per cui i Fratelli Musulmani abbiano avuto nell’arco della loro storia rapporti difficili con i diversi governi con cui si sono trovati a dover agire e ancora oggi in diversi Paesi arabi siano considerati un gruppo illegale.

I Fratelli Musulmani in Egitto
In Egitto, la repressione dell’Ikhwan culminata con la morte di Qutb fu seguita dalla sconfitta subita dal Paese nella Guerra dei Sei Giorni del 1967: questo avvenimento causò da un lato una perdita di consenso per il leader laico Gamal Abd al-Nasser e dall’altro una ripresa dei movimenti di ispirazione religiosa. A partire dal 1969, i Fratelli Musulmani si allontanarono dalle posizioni radicali di Sayyid Qutb e abbandonarono l’ipotesi della lotta armata.

Dopo la morte di Nasser, nel 1970, il nuovo leader egiziano Anwar Sadat attuò una politica di apertura nei confronti dei movimenti islamisti. In questo periodo i Fratelli Musulmani iniziarono a perdere consensi tra i propri militanti più estremisti, ispirati dallo stesso Qutb: questi ultimi dal 1979 torneranno a praticare la lotta armata, giungendo ad assassinare lo stesso Sadat nel 1981.

di Giovanni Andriolo

Fonte: http://www.eurasia-rivista.org/

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