16 giugno 2010

Jong Tae se, il soldatino del Nord Corea

di Piero Mei

ROMA (16 giugno) - George Bush, quando era Presidente e non aveva aperto ancora il suo blog passatempo su Facebook, la mise fra i “paesi canaglia”; poco c’è mancato che anche Lula lo facesse, o almeno Dunga, visto che la sua nazionale brasiliana messa al cospetto di quella della Corea del Nord è stata subito ribattezzata anziché “seleçao” “selexotan” dall’immaginifica stampa brasiliana: cioè un sonnifero.

La mutazione si è verificata fra una prima scena madre e un’ultima. La prima è stata quella delle lacrime di Jong Tae Se, mentre suonava l’inno nordcoreano, impara Marchisio. Questo ragazzo di ventisei anni sembrava un bambino commosso e di più. E’ che Jong Tae Se, detto anche il Rooney d’Asia (spiritoso il ragazzo dice: di Rooney ho due cose: gli scarpini, che sono dello stesso colore e della stessa marca”) è nato in Giappone, a Nagoya, ha madre sudcoreana e padre nordcoreano, una specie di Giulietta e Romeo d’Oriente, e tutti e tre i passaporti.
Ma quando s’è trattato di scegliere con quale maglia giocare, lui che aveva studiato in una scuola nordcoreana del Giappone e alla Korea University ugualmente finanziata dal regime di Pyongyang, ha scelto la squadra più debole delle tre, perché è un ragazzo generoso e di buon cuore: e preferisce allenarsi con fatica anziché con sensori e wifi come fanno i sudcoreani della porta accanto. E s’è fatto nordcoreano, per amore anche del “caro leader”, come viene chiamato il dittatore di Pyongyang il quale pare si diletti anche di dare consigli, suggerimenti e tattiche agli allenatori: non è il solo governante a dilettarsi in materia.

Jong Tae Se ha esordito con otto gol in due partite, quattro a testa a Mongolia e Macao. In Sudafrica ne aveva promesso uno ogni match, ma già al primo ha tradito la promessa: perché il gol della Corea del Nord che ha dimezzato lo svantaggio con il Brasile, l’ultima scena del match di ieri sera, è stato segnato da Ji Yun Nam (Ji è il cognome, messo prima all’uso orientale e dei distretti militari italiani di una volta). Jong Tae Se di nomi ne ha tre: quello appena citato, nordcoreano, Jeong Dae Se, sud coreano, e Chong Tese, giapponese, come viene chiamato nella squadra per cui gioca, Kawasaki Frontale, che vorrebbe lasciare per un’esperienza in Premier League, mettendo a frutto anche il fatto di essere l’unico della sua nazionale che parla inglese, o almeno l’unico di cui si sa e che lo fa, perché gli altri non lo fanno, controllati a vista e udito come sono dagli agenti segreti di Pyongyang: niente riprese tv, niente interviste, niente di niente, come sarebbe piaciuto a Bearzot nell’82 e a Lippi sempre.

Ji Yun Nam, il bomber da libro di storia del calcio, è un soldato di quasi 34 anni; non si sa se avesse un grado prima del gol, lo avrà adesso per l’impresa compiuta: promozione sul campo, di calcio. Gioca, come molti dei suoi compagni di Nazionale, nella squadra chiamata “25 aprile” che è il giorno dell’esercito e difatti la squadra in questione è dell’esercito, secondo le mode del socialismo reale di una volta (le varie Dinamo e Stelle Rosse). La differita del gol è stata teletrasmessa in Corea del Nord: non hanno acquistato i diritti televisivi, ma riversano le immagini dai canali del Sud. Senza pagare il canone…

Fonte: ilmessaggero.it

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