Un rapporto degli ingegneri della società aveva messo in dubbio la sicurezza della piattaforma esplosa. Notati già un anno fa i difetti al rivestimento del tubo e alla valvola per prevenire fughe di gas
WASHINGTON - Da alcuni documenti interni alla BP risultano inequivocabili gravi problemi e molte preoccupazioni legate alla sicurezza della piattaforma di trivellazione Deepwater Horizon molto prima di quanto la società petrolifera stessa abbia riferito al Congresso la settimana scorsa.
I problemi interessavano il rivestimento della tubazione del pozzo e la valvola ausiliaria anti-esplosione, elementi rivelatisi ad alta criticità nella spirale di eventi che ha portato al disastro della piattaforma. Dai documenti risulta infatti che già a marzo, dopo varie settimane di problemi sulla piattaforma, BP era alle prese con grosse difficoltà e nello specifico con una perdita di "controllo del pozzo". Ben undici mesi prima, per di più, già aveva coltivato preoccupazioni in merito al rivestimento del pozzo e alla valvola ausiliaria anti-esplosione.
Il 22 giugno 2009, per esempio, gli ingegneri della BP avevano espresso il timore che il rivestimento di metallo che la società intendeva adoperare avrebbe potuto cedere per l'alta pressione. In un rapporto interno all'azienda, Mark E. Hafle, ingegnere petrolifero della BP, aveva scritto: "Sicuramente questo sarebbe lo scenario peggiore, tuttavia avendolo visto con i miei occhi, so che cose del genere possono accadere".
Sebbene il suo rapporto indichi che l'azienda fosse consapevole di alcuni rischi e di aver fatto un'eccezione alla regola, quando venerdì scorso ha testimoniato in Louisiana in relazione alle cause del disastro della piattaforma, Hafle ha ricusato l'idea che l'azienda avesse deciso di correre dei rischi e davanti a un gruppo di sei esperti ha affermato: "Nessuno pensava che ci fosse un problema di sicurezza. Si erano presi in considerazione e risolti tutti i rischi possibili e tutti i motivi di preoccupazione e si era arrivati a un modello operativo che lasciava intuire che, se gestito correttamente, ci avrebbe consentito di lavorare con successo".
Le preoccupazioni di BP non si dissolsero dopo il rapporto di Hafle risalente al 2009. Ad aprile di quest'anno, gli ingegneri dell'azienda petrolifera sono giunti alla conclusione che il rivestimento "sarebbe stato verosimilmente inefficace come sigillante", stando al documento, con riferimento al fatto che la tubazione doveva essere rivestita per evitare che dal pozzo fuoriuscissero dei gas.
Martedì scorso il Congresso ha reso noto un memorandum con gli accertamenti preliminari delle prime indagini interne effettuate dalla BP, che indicano che immediatamente prima dell'esplosione del 20 aprile c'erano stati alcuni inequivocabili segnali d'allarme, comprese alcuni rilevamenti delle apparecchiature dalle quali risultava che il gas all'interno del pozzo era in ebollizione, indice probabile di un'esplosione imminente. Un corteo di testimoni si è avvicendato la settimana scorsa alle udienze, riferendo di decisioni sbagliate e scorciatoie prese nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti all'esplosione della piattaforma, ma i documenti interni della BP forniscono un quadro molto chiaro di quando l'azienda e le autorità federali hanno visto palesarsi i primi problemi.
Oltre al rivestimento del pozzo, gli inquirenti stanno concentrando la loro attenzione anche sulla valvola anti-esplosione, un dispositivo ausiliario di sicurezza che avrebbe dovuto essere inserito attraverso una conduttura di trivellazione, nel tentativo in extremis di chiudere il pozzo quando è avvenuto il disastro. La valvola anti-esplosione non ha funzionato, motivo per il quale il greggio ha continuato a fuoriuscire e a riversarsi nelle acque del Golfo del Messico, anche se le ragioni del suo mancato funzionamento restano poco chiare. I documenti, in ogni caso, dimostrano che a marzo, dopo alcuni problemi riscontrati sulla piattaforma, i vertici di BP avevano informato gli enti federali preposti ai controlli che stavano incontrando difficoltà e andavano incontro a una "perdita di controllo" del pozzo.
"La cosa più importante in momenti del genere è fermare tutto, e mettere sotto controllo le operazioni" ha detto un esperto. Egli ha anche aggiunto di essersi molto stupito per il fatto che la compagnia petrolifera non abbia fatto un'analisi per valutare se le operazioni di estrazione del greggio dovessero continuare, una volta riportato il pozzo sotto controllo.
di IAN URBINA
(© The New York Times- la Repubblica.
Traduzione di Anna Bissanti) Fonte: repubblica.it (31 maggio 2010)
WASHINGTON - Da alcuni documenti interni alla BP risultano inequivocabili gravi problemi e molte preoccupazioni legate alla sicurezza della piattaforma di trivellazione Deepwater Horizon molto prima di quanto la società petrolifera stessa abbia riferito al Congresso la settimana scorsa.
I problemi interessavano il rivestimento della tubazione del pozzo e la valvola ausiliaria anti-esplosione, elementi rivelatisi ad alta criticità nella spirale di eventi che ha portato al disastro della piattaforma. Dai documenti risulta infatti che già a marzo, dopo varie settimane di problemi sulla piattaforma, BP era alle prese con grosse difficoltà e nello specifico con una perdita di "controllo del pozzo". Ben undici mesi prima, per di più, già aveva coltivato preoccupazioni in merito al rivestimento del pozzo e alla valvola ausiliaria anti-esplosione.
Sebbene il suo rapporto indichi che l'azienda fosse consapevole di alcuni rischi e di aver fatto un'eccezione alla regola, quando venerdì scorso ha testimoniato in Louisiana in relazione alle cause del disastro della piattaforma, Hafle ha ricusato l'idea che l'azienda avesse deciso di correre dei rischi e davanti a un gruppo di sei esperti ha affermato: "Nessuno pensava che ci fosse un problema di sicurezza. Si erano presi in considerazione e risolti tutti i rischi possibili e tutti i motivi di preoccupazione e si era arrivati a un modello operativo che lasciava intuire che, se gestito correttamente, ci avrebbe consentito di lavorare con successo".
Le preoccupazioni di BP non si dissolsero dopo il rapporto di Hafle risalente al 2009. Ad aprile di quest'anno, gli ingegneri dell'azienda petrolifera sono giunti alla conclusione che il rivestimento "sarebbe stato verosimilmente inefficace come sigillante", stando al documento, con riferimento al fatto che la tubazione doveva essere rivestita per evitare che dal pozzo fuoriuscissero dei gas.
Martedì scorso il Congresso ha reso noto un memorandum con gli accertamenti preliminari delle prime indagini interne effettuate dalla BP, che indicano che immediatamente prima dell'esplosione del 20 aprile c'erano stati alcuni inequivocabili segnali d'allarme, comprese alcuni rilevamenti delle apparecchiature dalle quali risultava che il gas all'interno del pozzo era in ebollizione, indice probabile di un'esplosione imminente. Un corteo di testimoni si è avvicendato la settimana scorsa alle udienze, riferendo di decisioni sbagliate e scorciatoie prese nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti all'esplosione della piattaforma, ma i documenti interni della BP forniscono un quadro molto chiaro di quando l'azienda e le autorità federali hanno visto palesarsi i primi problemi.
Oltre al rivestimento del pozzo, gli inquirenti stanno concentrando la loro attenzione anche sulla valvola anti-esplosione, un dispositivo ausiliario di sicurezza che avrebbe dovuto essere inserito attraverso una conduttura di trivellazione, nel tentativo in extremis di chiudere il pozzo quando è avvenuto il disastro. La valvola anti-esplosione non ha funzionato, motivo per il quale il greggio ha continuato a fuoriuscire e a riversarsi nelle acque del Golfo del Messico, anche se le ragioni del suo mancato funzionamento restano poco chiare. I documenti, in ogni caso, dimostrano che a marzo, dopo alcuni problemi riscontrati sulla piattaforma, i vertici di BP avevano informato gli enti federali preposti ai controlli che stavano incontrando difficoltà e andavano incontro a una "perdita di controllo" del pozzo.
"La cosa più importante in momenti del genere è fermare tutto, e mettere sotto controllo le operazioni" ha detto un esperto. Egli ha anche aggiunto di essersi molto stupito per il fatto che la compagnia petrolifera non abbia fatto un'analisi per valutare se le operazioni di estrazione del greggio dovessero continuare, una volta riportato il pozzo sotto controllo.
di IAN URBINA
(© The New York Times- la Repubblica.
Traduzione di Anna Bissanti)
Il 22 giugno 2009, per esempio, gli ingegneri della BP avevano espresso il timore che il rivestimento di metallo che la società intendeva adoperare avrebbe potuto cedere per l'alta pressione. In un rapporto interno all'azienda, Mark E. Hafle, ingegnere petrolifero della BP, aveva scritto: "Sicuramente questo sarebbe lo scenario peggiore, tuttavia avendolo visto con i miei occhi, so che cose del genere possono accadere".
Sebbene il suo rapporto indichi che l'azienda fosse consapevole di alcuni rischi e di aver fatto un'eccezione alla regola, quando venerdì scorso ha testimoniato in Louisiana in relazione alle cause del disastro della piattaforma, Hafle ha ricusato l'idea che l'azienda avesse deciso di correre dei rischi e davanti a un gruppo di sei esperti ha affermato: "Nessuno pensava che ci fosse un problema di sicurezza. Si erano presi in considerazione e risolti tutti i rischi possibili e tutti i motivi di preoccupazione e si era arrivati a un modello operativo che lasciava intuire che, se gestito correttamente, ci avrebbe consentito di lavorare con successo".
Le preoccupazioni di BP non si dissolsero dopo il rapporto di Hafle risalente al 2009. Ad aprile di quest'anno, gli ingegneri dell'azienda petrolifera sono giunti alla conclusione che il rivestimento "sarebbe stato verosimilmente inefficace come sigillante", stando al documento, con riferimento al fatto che la tubazione doveva essere rivestita per evitare che dal pozzo fuoriuscissero dei gas.
Martedì scorso il Congresso ha reso noto un memorandum con gli accertamenti preliminari delle prime indagini interne effettuate dalla BP, che indicano che immediatamente prima dell'esplosione del 20 aprile c'erano stati alcuni inequivocabili segnali d'allarme, comprese alcuni rilevamenti delle apparecchiature dalle quali risultava che il gas all'interno del pozzo era in ebollizione, indice probabile di un'esplosione imminente. Un corteo di testimoni si è avvicendato la settimana scorsa alle udienze, riferendo di decisioni sbagliate e scorciatoie prese nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti all'esplosione della piattaforma, ma i documenti interni della BP forniscono un quadro molto chiaro di quando l'azienda e le autorità federali hanno visto palesarsi i primi problemi.
Oltre al rivestimento del pozzo, gli inquirenti stanno concentrando la loro attenzione anche sulla valvola anti-esplosione, un dispositivo ausiliario di sicurezza che avrebbe dovuto essere inserito attraverso una conduttura di trivellazione, nel tentativo in extremis di chiudere il pozzo quando è avvenuto il disastro. La valvola anti-esplosione non ha funzionato, motivo per il quale il greggio ha continuato a fuoriuscire e a riversarsi nelle acque del Golfo del Messico, anche se le ragioni del suo mancato funzionamento restano poco chiare. I documenti, in ogni caso, dimostrano che a marzo, dopo alcuni problemi riscontrati sulla piattaforma, i vertici di BP avevano informato gli enti federali preposti ai controlli che stavano incontrando difficoltà e andavano incontro a una "perdita di controllo" del pozzo.
"La cosa più importante in momenti del genere è fermare tutto, e mettere sotto controllo le operazioni" ha detto un esperto. Egli ha anche aggiunto di essersi molto stupito per il fatto che la compagnia petrolifera non abbia fatto un'analisi per valutare se le operazioni di estrazione del greggio dovessero continuare, una volta riportato il pozzo sotto controllo.
di IAN URBINA
(© The New York Times- la Repubblica.
Traduzione di Anna Bissanti)
Fonte: repubblica.it
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