19 giugno 2010

Riti e Formule Magiche nell'Antico Egitto

 (di F.Ridolfi)


(Abstract della conferenza tenuta a Simmetria il 27 gennaio 2008)
Introduzione.
Nella cultura occidentale il termine "magia" richiama immediatamente qualcosa di misterioso, occulto, ai limiti della legalità. Ma le origini storiche e l'impiego della magia nelle società antiche partono da basi molto diverse:  storicamente il termine risale ai primi contatti tra il mondo greco e quello persiano; inizialmente la parola greca magos indicava l'appartenente a una casta di sacerdoti persiani; successivamente il greco magheia e il latino magia designarono le pratiche rituali dei Caldei che si erano diffuse tra le classi meno colte della popolazione ed estranee al culto ufficiale dello stato, per estendersi poi a tutta una serie di culti, inclusa la religione cristiana, vietati dalla legge romana.




Con l'avvento del cristianesimo e la sua trasformazione in religione di stato, i cristiani da perseguitati cultori di magia divennero persecutori di essa, e la magia iniziò ad assumere quel significato essenzialmente negativo che le rimane ancora oggi.
Nell'Antico Egitto la magia possiede un valore ed una importanza molto rilevanti, al punto che il termine egizio della magia, Heka, era anche il nome della divinità che la personificava, e il suo potere era grandissimo.
1) Magia di Stato.
In quanto garante dell'ordine costituito, dell'armonia cosmica, la magia, potere divino, può essere esercitata dal Faraone, re-dio, per realizzare quello che l'egittologo inglese Barry Kemp chiama "the containment of the unrule", ossia la sottomissione delle forze del caos, dell'anarchia.
Il massacro rituale dei nemici.
Una delle immagini ricorrenti dell'iconografia reale è quella del Faraone che, in atteggiamento eroico, afferra con una mano il nemico per i capelli e con l'altra si accinge ad ucciderlo con la mazza.
Il significato della scena è chiaro: il sovrano, che personifica il garante e l'interprete dell'ordine costituito, sottomette, distrugge il nemico, ossia le forze del caos.
Presente per la prima volta nella tavolozza del faraone Narmer, la scena si ripeterà durante tutto l’arco della civiltà egizia come decorazione dei piloni dei grandi templi egiziani.
2) Rituali in onore di Osiride.
Il rito dei 4 vitelli.
Nella sua prima formulazione, nata in epoca assai remota e collegata alle origini agricolo-pastorali della civiltà egizia,  la cerimonia rappresentava un rito legato al raccolto, una trebbiatura cerimoniale del grano effettuata dal sovrano alla presenza di un dio. I bastoni impugnati dal sovrano rappresentano le due metà di un serpente tagliato in due (il bastone orizzontale termina spesso con una testa di serpente); i serpenti costituivano un pericolo per asini e vitelli quando questi calpestavano il grano durante la trebbiatura, e nei testi che accompagnano le raffigurazioni appaiono diretti riferimenti alla uccisione rituale dei serpenti stessi.
Come molte cerimonie religiose, il rito subì poi un processo di "osirizzazione" e il suo scopo diventò quello di far calpestare dai vitelli la terra della tomba di Osiride, in modo da celarla ai suoi nemici e prevenirne la possibile violazione.
3) Rituali magici di esecrazione.
a) contro Seth.
Seth, il dio malvagio uccisore di Osiride, simboleggia le forze del caos e del disordine e deve essere perciò messo in condizione di non nuocere mediante appropriati rituali magici.
L’iconografia di Seth è tuttora argomento di discussione: Seth è abitualmente raffigurato con corpo umano e una testa dal muso allungato e ricurvo verso il basso, orecchie erette e squadrate alla sommità. L'animale setiano è stato di volta in volta identificato nell'antilope, asino, okapi, levriero, giraffa, tapiro, formichiere, ecc. Una recente teoria lo identifica con l’oritteropo, un mammifero che vive oggi nell’Africa centro-meridionale e che presenta caratteri somatici molto simili a quelli di Seth.
Il rituale dei 10 arpioni.
Il rituale magico contro Seth per eccellenza è contenuto in quelli che sono tradizionalmente denominati i Testi Drammatici di Edfu. Si tratta di una serie di undici rilievi incisi sulle pareti del tempio di Edfu sotto il regno di Tolomeo XI, accompagnati da una serie di testi che venivano recitati in occasione della celebrazione annuale chiamata la Festa della Vittoria, nel corso della quale veniva rappresentato in forma drammatica l’annientamento di Seth ad opera del giovane Horus assistito da Iside. La parte culminante del dramma era il “rituale dei dieci arpioni”, nel corso del quale Horus affondava la sua lancia in dieci diverse parti del corpo di Seth, in questo caso raffigurato come ippopotamo.
b) Contro Apopi.
Apopi, il cui nome è una grecizzazione del nome egizio Aapep, è un mostro raffigurato in forma di serpente, simbolo del male e delle forze del caos, tradizionale nemico del dio-sole Ra, che tenta di ostacolare il cammino della barca sulla quale il sole viaggia ogni notte nelle misteriose regioni dell’aldilà.
Il rito del “colpire la palla”.
Questo rituale magico, chiamato “skr hm” (colpire la palla) è attestato in numerosi templi egizi (Deir el Bahari, Luxor, Edfu, Dendera, File) per un totale di 19 raffigurazioni.
In questo rituale il re, in presenza di una divinità, sorregge nella mano sinistra una sfera e nella mano destra impugna una mazza o clava, con la quale si accinge a colpire la sfera per frantumarla. Si ignora di quale materiale fosse composta la sfera, ma deve essersi trattato comunque di una sostanza fragile, quale terracotta o ceramica.
Il rituale rientra nel novero delle azioni magiche con le quali si intendeva annientare il serpente Apopi per impedirgli di nuocere al dio sole Ra; la sfera infatti simboleggia l’occhio di Apopi, come è dichiarato nei testi che accompagnano la scena. La scena raffigura perciò un rituale contro il malocchio (l’occhio malvagio di Apopi è il “malo occhio”) e in tale modo è spesso definita nei testi.

Fonte: http://www.simmetria.org

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