L'abbondanza o la scarsità delle materie prime richieste dalle tecnologie dominanti è da sempre uno dei fattori che determinano la sorte delle civiltà e le loro mosse in campo internazionale. Le riserve interne di ferro e carbone, per esempio, consentirono all'Inghilterra di lanciarsi nella rivoluzione industriale evitando le guerre per il controllo delle aree minerarie che dissanguarono l'Europa centrale, per poi spingerla a costruire l'immenso impero britannico d'oltremare per rifornire di cotone le sue industrie tessili. Per non parlare degli Stati Uniti e del petrolio.
Data anche la ristrettezza del suo territorio, l'Europa non è mai stata particolarmente fortunata sotto questo aspetto. Ma il problema sembra destinato ad aggravarsi. Un rapporto pubblicato il 17 giugno dalla Commissione europea segnala che il continente sta andando incontro a un'acuta carenza di 14 materie prime essenziali per lo sviluppo delle tecnologie d'avanguardia: antimonio, berillio, cobalto, spatofluoro, gallio, germanio, grafite, indio, magnesio, niobio, platinoidi, terre rare, tantalio e tungsteno. Oltre a mancare nel suo sottosuolo, tali risorse sono concentrate in paesi che sono o rivali commerciali e strategici (Cina, Russia, Brasile, India) o estremamente instabili (Repubblica democratica del Congo, Rwanda).
Il problema non riguarda soltanto i produttori europei di telefonini e apparecchi medici. Alcuni di questi minerali sono essenziali per l'industria militare, il che ha già spinto gli analisti del Pentagono a preoccuparsi di una futura dipendenza dalle importazioni da paesi che potrebbero avere più di un interesse a interromperle (la Cina, per esempio). Ma data la loro posizione, gli Stati Uniti sembrano ancora in grado di ottenere più o meno tutto quello di cui hanno bisogno.
Il discorso non vale per l'Europa. Se Tony Barber riconosce che almeno in questo caso a Bruxelles hanno aperto gli occhi con sufficiente anticipo, gli strumenti a disposizione scarseggiano. Il rapporto prescrive infatti misure sensate come l'"aggiornamento con cadenza quinquennale dell'elenco UE di materie prime fondamentali ed estensione della valutazione critica, interventi politici per rendere più efficace il riciclaggio delle materie prime o dei prodotti contenenti materie prime, ricerche per la sostituzione di certe materie prime, in particolare promuovendo la ricerca sui sostituti di materie prime strategiche e miglioramento dell'efficienza materiale complessiva delle materie prime strategiche".
Ma quella che è sempre la soluzione più efficace quando una potenza resta a secco, ovvero gli "interventi politici per migliorare l'accesso alle risorse fondamentali", desta in questo caso parecchie perplessità. Come sottolinea Tony Barber, le opzioni che rientrano in questa categoria sono quasi tutte fuori dalla portata di Bruxelles: "Pressione militare? Inimmaginabile contro le grandi potenze. Inasprimento delle politiche commerciali? Ci sono parecchi limiti. Lo sfruttamento minerario congiunto garantirebbe almeno in parte la sicurezza degli approvvigionamenti. Ma la verità è che la potenza economica e militare dell'Europa nel mondo è in declino. La questione delle materie prime ne è solo l'ultima delle prove". In ogni caso, ci saranno sviluppi. Tenete a mente la cartina qui sotto, potrebbe risultare illuminante per comprendere i motivi del prossimo accordo di cooperazione, o della prossima guerra.
Gabriele Crescente
Fonte: http://www.presseurop.eu/
21 giugno 2010
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